Nella solennità dell’Epifania, il 6 gennaio 2023, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa in S.Ignazio pronunciando la seguente omelia.
Sono stato ieri al funerale del papa emerito Benedetto XVI. Ho sentito mio dovere andare a Roma per partecipare a questo evento insieme luttuoso, ma anche pieno della consolazione che viene dalla fede, perché è stato Benedetto XVI a nominarmi arcivescovo di Gorizia meno di un anno prima della sua rinuncia al pontificato. Ieri in piazza san Pietro mi sono sentito unito alla preghiera di tutta la nostra diocesi per papa Benedetto e un po’ rappresentante di essa, ricordando con riconoscenza la venuta di questo papa ad Aquileia nel 2011.
Papa Benedetto è stato un grande teologo, un appassionato cercatore di Gesù che ha voluto incontrare nell’ascolto della Parola di Dio, nell’Eucaristia, nella preghiera, ma anche nel popolo di Dio. Ho pensato utile quest’oggi farmi aiutare da lui in questa omelia, riprendendo quanto da lui detto in occasione dell’ultima Epifania che ha celebrato come papa. In quella circostanza aveva insistito sulla presentazione dell’esperienza dei magi per arrivare poi a dare qualche suggerimento su come noi possiamo vivere qualcosa di simile a distanza di 2000 anni.
Papa Benedetto nell’Epifania del 2013 sottolineava tre caratteristiche dei magi. Anzitutto l’essere in ricerca. Ecco le sue parole: “Gli uomini che allora partirono verso l’ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale”.
Qual è questa cosa essenziale? Può sorprendere quanto affermato da papa Benedetto: “Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana”. Interessante e davvero originale: sapere come riuscire ad essere una persona umana. Dovrebbe essere ciò che interessa anche noi, anche noi come cristiani: ma siamo cristiani proprio per essere persone, uomini e donne autentici. E papa Benedetto continuava così: “E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano ricercatori di Dio”. Essere cercatori di Dio per essere persone vere, autentiche.
Papa Benedetto presentava poi una seconda caratteristica dei magi: il coraggio. “Questi erano anche e soprattutto uomini che avevano coraggio, il coraggio e l’umiltà della fede. [diceva il papa]. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente”.
Se ci si mette in ricerca di qualcosa di importante, di essenziale, non si può avere paura e lasciarsi bloccare dal giudizio degli altri. Certo non ci si deve esibire, sentirsi speciali, giudicare gli altri, perché vanno rispettate la libertà e le scelte di tutti. Però non si può nascondere la propria fede e ciò che ci sta davvero a cuore.
Infine una terza peculiarità dei magi: il diventare testimoni per gli altri. Affermava papa Benedetto dieci anni fa: “I Magi hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15)”.
Fin qui le tre realtà che caratterizzano i magi: essere in ricerca per essere vere persone, avere coraggio delle proprie scelte, diventare “stelle” per gli altri. Può sorgere a questo punto una domanda: come realizzare anche noi un pellegrinaggio della fede simile a quello dei magi. Papa Benedetto aveva risposto in quell’ultima Epifania da papa così: “Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant’Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l’attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio. Al posto della parola “desiderio” potremmo mettere anche la parola “inquietudine” e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri”.
La preghiera ci rende allora possibile camminare verso il Signore. Una preghiera – notate – che non è anzitutto consolatoria o che tende a ottenere qualcosa, ma una preghiera che inquieta, che non ci permette di chiuderci in noi stessi, di accontentarci di poco. Da sempre l’uomo che è fatto per l’immensità e la grandezza di Dio – e per questo il suo cuore alla fine è inquieto – cerca di placare il senso di vuoto del proprio cuore con gli idoli, con dei surrogati di Dio. Non importa se si chiamano successo, soldi, potere, alcol, gioco, sesso o chissà quale altra cosa. In ogni caso lasciano il cuore vuoto e inappagato. Siamo fatti per le stelle, siamo fatti per il Cielo, siamo fatti per Dio.
Che il Signore ci doni di rimetterci ancora una volta in cammino, così come siamo con le nostre fragilità e con i nostri peccati, ma con tanta fiducia che alla fine la stella c’è anche per noi, che il Bambino è nato anche per noi e che nel profondo del cuore ci aspetta per donarci la vera gioia. Buona Epifania.
+ vescovo Carlo