Le origini

Non sapremo mai quando e come giunse precisamente il cristianesimo in Aquileia: è probabile, che nell’intensità costante dei contatti con il Mediterraneo orientale, siano giunti proprio di là i primi fermenti positivi del nuovo verbo.

Certamente lenta dev’essere stata la penetrazione del cristianesimo nella società aquileiese e difficile la trasformazione imposta dalla fede cristiana. Si è già constatata la ricchezza indiscutibile del mondo aquileiese antico per quel che riguarda il senso pratico, la capacità organizzativa in campi che soddisfano l’interesse immediato, come nelle attività economiche, politico-militari, ecc. Lo stesso mondo aquileiese, proprio per questo suo realismo o, se vogliamo, materialismo di tipo, oggi si direbbe, borghese, denuncia una scarsa capacità o propensione alle sottigliezze della filosofia, alla raffinatezza delle accademie, al fascino della trascendenza.

Si potrà attribuire tutto ciò alle caratteristiche particolari con cui era sorto e in cui si era sviluppato il grande emporio adriatico; si potrà chiamare in causa sia il substrato pre-romano, sia anche la persistenza provinciale, autoctona nell’Aquileiese, tendenzialmente extra-classico.

Non dobbiamo però pensare che tale propensione sia perdurata, in forme sia pure diverse, in Aquileia, nonostante la cristianizzazione della società aquileiese.

In contrasto infatti con l’Aquileia dell’età romana, quella cristiana riflette una situazione umana, culturale e spirituale ricca ‘e profonda, per cui l’azione del cristianesimo che portò a tali risultati dev’essere stata lunga, insistente ed efficace.

L’originalità, spesso autonoma, delle conquiste architettoniche cristiane primitive di Aquileia e la ricchezza e la pregnanza contenutistica dei suoi mosaici pavimentali riflettono un gusto, una sensibilità, un impegno religioso e culturale, un’intensità di vita spirituale insomma che può essere spiegata soltanto come effetto d’una cultura cristiana profondamente e capillarmente attiva, permeante la vita della città a tutti i livelli. A ciò si aggiunga il contributo portato dalla recente, clamorosa scoperta e dall’esatta collocazione nell’ambiente storico-culturale di Aquileia, dell’opera oratoria, letteraria, esegetica del vescovo Cromazio (388-407/8), che chiarisce egregiamente quali fossero le condizioni morali, religiose, civili e sociali del popolo aquileiese del quarto secolo e la preparazione culturale e la convinzione del sentire religioso del clero cui egli era preposto.

Quanto alle origini cristiane di Aquileia, sul piano strettamente e documentatamente storico, oggi si possono fissare alcuni punti fermi: due serie, o famiglie, di codici, relativamente tarde, giunte a noi attraverso due vie distinte, derivate dall’archetipo unico tra il sesto e il settimo secolo, ci propongono con relativa e probante concordanza un catalogo episcopale, che s’inizia con il nome del vescovo Ermagora e prosegue con quelli d’Ilario, Crisogono (primo e forse secondo), per giungere al vescovo Teodoro, indicato vescovo nel secondo decennio del quarto secolo.

Il vescovo Teodoro, che per primo sedette dopo il rescritto costantiniano sulla cattedra d’Aquileia, è noto anche dalla firma che egli pose in calce agli atti del concilio di Arles nel 314 e dal nome che ricorre due volte nei mosaici delle aule che egli volle costruire e mosaicare tanto splendidamente.

Questa coincidenza c’induce ad attribuire maggior attendibilità ai cataloghi episcopali che ci sono giunti, i quali poi a loro volta trovano anche un’approvazione indiretta in un’altra fonte altomedioevale, e cioè nel Martirologio geronimiano, il cui archetipo dovrebbe risalire ad una redazione curata nell’Italia nord- orientale e forse in Aquileia stessa, nella seconda metà del secolo quinto. In questo documento, sostanzialmente non influenzato dai cataloghi episcopali, tutti i nomi dei vescovi d’Aquileia pre-costantiniani ricorrono in quanto martiri, spesso con l’aggiunta, forse più tarda, del nome del rispettivo diacono: Ermagora e Fortunato, Ilario e Taziano, Crisogono.

Non possiamo entrare nel merito di altre indicazioni offerte dal Martirologio geronimiano per i martiri d’Aquileia, le quali ‘trovano sorprendente corrispondenza e conferma sia nei risultati archeologici di questi ultimi anni, sia nelle Passiones, che possono essere state suggerite e redatte sulla base dei dati letterari e di quelli monumentali insieme: ci basta ricordare che il centro maggiormente frequentato per le sepolture e quindi per la venerazione dei martiri aquileiesi è San Canzian d’Isonzo: ivi sono localizzabili le Aquae Gradatae di cui parlano i testi medievali e che si collegano variamente ai nomi dei martiri aquileiesi Canzio, Canziano, Canzianilla, Proto e Crisogono. Nell’area cimiteriale sorta a sud- est della città d’Aquileia dovettero trovare sepoltura i santi Felice e Fortunato.

Non si può invece localizzare la sepoltura di Ermagora e d’Ilario.

Sergio Tavano