Tornando alla tradizione marciana, il massimo che per ora si può concedere è che, se si dimostrasse una specifica prevalenza in Aquileia di tradizioni alessandrine, in senso stretto, attraverso questi, del resto ancora ipotetici canali, potrebbero essere giunti in Aquileia un culto marciano e forse anche altre particolarità liturgiche. Dell’esistenza di tale culto la chiesa locale può essersi più tardi servita per rivendicare anche un’origine apostolica extraromana.
Una rilettura della terza lettera inviata agli imperatori dai padri del concilio di Aquileia del 381 (è la dodicesima della raccolta ambrosiana) ha suscitato recentemente nuove polemiche su una questione che dall’inizio di questo secolo pareva radicalmente risolta in senso del tutto negativo.
Un passo di quella lettera infatti dice sostanzialmente: «Abbiamo conservato sempre l’organizzazione gerarchica e liturgica della chiesa alessandrina e siamo stati indissolubilmente fedeli, fino ad oggi, alla sua comunione, secondo la radicata tradizione dei padri”. La lettera non esprime l’opinione di un vescovo soltanto, quindi non di Ambrogio di Milano né di Valeriano di Aquileia, bensì di tutti i vescovi giunti ad Aquileia per quel concilio, dall’Italia annonaria, dalla Gallia lionese e da quella viennese, da alcune province danubiane e dalla Dalmazia: sui centri di queste regioni si estendeva o s’imponeva l’autorità di Milano e di Aquileia; pare anzi che vi fosse una fondamentale unità liturgica.
Il passo, controverso nonostante la sua chiarezza, dice sostanzialmente che in tutte quelle chiese, e quindi anzitutto in Aquileia, s’impone fin dal principio (semper) una prevalenza o un’affinità alessandrina, non solo, per l’ascendente della sua scuola teologica, ma anche per la diffusione dell’organizzazione interna della sua chiesa e quindi senza dubbio per la diffusione almeno di alcune istituzioni liturgiche.
Circa l’omogeneità culturale e liturgica che è sostanziale nell’area geografica ecclesiastica che va all’incirca dal Rodano all’alto e medio Danubio, oggi non sussistono più dubbi, sicché l’interpretazione proposta per il passo controverso non dovrebbe apparire più arbitraria o sentimentale.
Sergio Tavano