La stessa nobiltà friulana in parte congiurò contro l’indipendenza dello stato patriarcale e tramò per l’avvento della potenza veneziana: nel 1420 Venezia occupò il Friuli e soppresse lo stato patriarcale, invano contrastata dal patriarca Ludovico di Teck.
Della crisi di patriarcato di Aquileia, in qualche modo, risentì gli effetti anche il patriarca di Grado: la politica veneziana volle aggiungere ai motivi di prestigio della sua potenza anche il titolo, patriarcale aquileiese-gradese, che infatti fu trasferito a Venezia: nel 1451, soppressi il patriarcato di Grado e la diocesi di Castello, venne costituito il patriarcato di Venezia.
Alla fine dello stato patriarcale di Aquileia seguì il tracollo del Friuli. Il patriarcato era stato dunque una bandiera ma anche una forza indispensabile. Quella che poteva essere una liberazione da impegni temporali in favore d’una responsabile e coerente azione pastorale fu invece l’occasione solo per la perdita di ogni forma di autonomia anche temporale, giacché i patriarchi «veneziani» non fecero una politica «friulana» né un’azione spirituale e pastorale veramente efficace. Il formalismo e l’esteriorità rimasero ed anche si esasperarono, più o meno camuffandosi, nell’azione della controriforma nella seconda metà del Cinquecento.
L’inserimento del Friuli nella politica veneziana accentratrice comportò infatti anche la diminuzione dell’autorità spirituale ed ecclesiastica dei patriarca. Venne a mancare una effettiva forza unificatrice al di sopra delle divisioni politiche e il Friuli subì gli effetti dell’azione antitetica di Venezia e dell’impero.
Aquileia fu sotto Venezia fino al 1509, quando venne a far parte della contea di Gorizia, nell’ambito dell’impero. Da allora, fino al 1922, le sorti di Aquileia furono sempre legate strettamente a quelle dell’Isontino e di Gorizia in particolare.
Già nella seconda metà del Cinquecento si tentò di porre rimedio a uno stato di cose precario: la diocesi di Aquileia, che si estendeva a est nell’impero e a ovest nelle terre di Venezia, non poteva essere governata unitariamente né organicamente; la curia era a Udine e il patriarca stabilmente a Venezia.
Nel 1574 venne istituito l’arcidiaconato di Gorizia, che doveva abbracciare le pievi soggette all’impero, esclusa la città d’Aquileia, come premessa ad un vescovado goriziano o al trasferimento della sede patriarcale a Gorizia. Negli anni seguenti si riparlò d’un vescovado goriziano e si proposero anche dei nomi: i tempi però non erano maturi o piuttosto gli uomini erano poco sensibili.
La caparbia resistenza veneziana compromise così anche la sopravvivenza del patriarcato. Mentre la città d’Aquileia, abbandonata o scarsamente curata dal capitolo, deperiva rapidamente, nella dissoluzione dei monumenti antichi vennero travolte anche le sue istituzioni più gloriose ed i suoi titoli più prestigiosi.
Sergio Tavano