Realizzare la volontà di salvezza del Padre

Martedì 28 gennaio 2025, l’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale il rito dell’esequie del sacerdote diocesano Monsignor Pietro Sambo.

I brani della Parola di Dio che sono stati proclamati non sono stati scelti appositamente per questa celebrazione in cui affidiamo al Signore mons. Pietro Sambo, ma sono quelli che la liturgia del giorno ci propone. Mi sembrano, però, molto adatti per le esequie di un sacerdote e per comprendere il senso della sua stessa vita.

La prima lettura è tratta dalla lettera agli Ebrei, un libro del Nuovo Testamento che ci sta accompagnando nei giorni feriali di questo prime settimane del tempo ordinario che seguono le feste natalizie. Non so se è stato voluto esplicitamente, ma il collegamento tra il mistero dell’incarnazione e la lettera agli Ebrei è molto forte. In questa lettera, infatti che più di essere una lettera è in realtà una grande meditazione, si dà grande rilievo alla verità dell’incarnazione, ossia al reale essere uomo del Figlio di Dio. Ci sono sottolineature che richiamano in maniera molto forte l’identità del Figlio di Dio nella sua umanità con la nostra esperienza umana, compresa quella della prova e della morte. Ricordo solo tre passaggi molto significativi.

Il primo ricorda che il Figlio di Dio ha in comune con noi «la carne e il sangue» e per questo si è reso «in tutto simile ai fratelli», cioè a noi, soffrendo personalmente le nostre prove e per questo «è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (cf Ebrei 2,14-18).

In un secondo passo, la lettera ribadisce che Gesù è per noi «un sommo sacerdote grande», ma precisa che «non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato». Per questo, esorta la lettera agli Ebrei: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (Ebrei 4,14-16). Gesù ci può quindi aiutare nel momento della prova, anche dentro la sofferenza e la stessa morte, proprio perché Lui stesso è stato messo alla prova.

 Che cosa sia stata in concreto la prova cui Gesù è stato sottomesso, viene poi ricordato da un terzo passo: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono»(Ebrei 5,7-9).

Nei momenti di prova, come sono sicuramente i tempi della malattia, della morte e del lutto, è molto consolante sapere che non siamo soli, che Gesù sa bene che cosa sperimentiamo, perché Lui stesso è passato attraverso quelle sofferenze, e ci è quindi vicino. Ricordare chi è morto dentro la celebrazione dell’Eucaristia, come stiamo facendo per don Pietro, è affermare questo: nel sacrificio di Cristo, nella sua morte e risurrezione, che l’Eucaristia rende presente in modo insieme misterioso e reale, trova senso la nostra stessa morte.

Ma vengo al brano di oggi della lettera agli Ebrei, che va alla radice dell’azione di salvezza operata da Gesù ed è la sua obbedienza al Padre, al disegno di amore di Dio. Un disegno che si realizza non con gli antichi sacrifici, ma con il dono di sé che Gesù fa sulla croce: «entrando nel mondo, Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”» (Ebrei 10,5-7). Il Figlio di Dio diventa uomo e si offre sulla croce per realizzare la volontà del Padre.

Obbedire al Padre, realizzare la sua volontà di salvezza non è però qualcosa che riguarda solo Gesù, ma è di ogni cristiano, che è chiamato a essere figlio di Dio e fratello di Gesù. Lo afferma in modo chiaro nel Vangelo di oggi Gesù: «”Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”» (Mc 3,33-35). La strada per essere fratello, sorella e persino madre di Gesù è fare la volontà di Dio. Una volontà che non è una legge decisa da un Dio giudice, un’imposizione di un dittatore, un capriccio di un despota, ma la volontà d’amore di un Padre. Comprendiamo allora che il senso della vita di ogni cristiano, anche di ogni sacerdote come mons. Pietro, non è che realizzare la volontà di Dio, obbedire al suo disegno di salvezza.

Che cosa ha fatto don Pietro nella sua vita se non compiere la volontà di Dio? Certo con i limiti e le fragilità che tutti abbiamo, ma con la scelta esplicita di seguire il Signore. E così è stato per lui nel comprendere la sua vocazione da ragazzo, nell’entrare in seminario, nel divenire sacerdote, nel servire diverse comunità in particolare quella di Versa, nell’affrontare l’impegnativo percorso di studi in diritto canonico a Roma, nel servire come giudice del tribunale ecclesiastico attento alle coppie ferite, nell’avereattenzione al mondo dello sport, nell’esercitare il ministero di canonico. E chi lo ha conosciuto da vicino potrebbe citare anche altro della vita di don Pietro. Tutto questo mettendo in gioco la sua umanità, la sua personalità anche originale, la sua capacità di relazione, la sua acuta intelligenza.

Dobbiamo allora ringraziare il Signore per tutto quello che ha realizzato tramite l’obbedienza di don Pietro alla sua volontà di amore e pregarlo perché nella sua misericordia perdoni le sue fragilità e i suoi peccati. Insieme anche noi, come comunità diocesana, dobbiamo dire il nostro grazie a questo sacerdote per il suo servizio fedele alla Chiesa di Gorizia nei diversi incarichi. Ora lo affidiamo al Signore, confidando anche nella sua preghiera come in quella di chi ci ha preceduto nel servire questa Chiesa, in particolare i vescovi e i sacerdoti, e ora continua ad amarla dal paradiso.

E permettete che personalmente esprima anch’io un particolare saluto a mons. Pietro, l’unico sacerdote di Gorizia che conoscevo prima di diventare vescovo in questa Diocesi per via del comune impegno nel diritto canonico. Desidero portare anche le condoglianze dei canonisti del Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico che per anni ha visto mons. Sambo partecipare con cordiale attenzione e condivisione ai propri convegni.

Riposa in pace, caro don Pietro.    

+ vescovo Carlo

 

 

È ritornato oggi, giovedi 23 gennaio 2025: alla Casa del Padre il sacerdote diocesano mons. Pietro Sambo. 

Nato a Gorizia il 9 giugno 1936, era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1959 nella chiesa del Sacro Cuore a Gorizia dall’allora arcivescovo mons. Giacinto Ambrosi. 

I primi incarichi pastorali lo videro Vicario cooperatore a S. Ambrogio di Monfalcone (1959j, Cooperatore pastorale a Pieris (1963), a Gradisca – Santi Pietro e Paolo (1964j, a Gorizia – San Giuseppe (1965) e S. Rocco (1967). 

Nel gennaio 1976 l’arcivescovo mons, Cocolin lo nominò parroco di Versa, servizio che mantenne sino al 1987: fu comunque sempre legato in modo particolare a quella comunità, partecipando a tante iniziative legate alle attività che come parroco aveva contribuito a fondare e sostenere fra cui il locale Circolo ricreativo, sportivo e filodrammatico. In segno di riconoscenza, nel 2023, la comunità di Versa aveva voluto dedicargli la sala parrocchiale. 

Conclusi gli Studi di Diritto Canonico a Roma, l’arcivescovo padre Antonio Vitale Bommarco lo volle nel 1989 come proprio Segretario particolare e nel gennaio 1991 lo nominò Vicario giudiziale del Tribunale diocesano e Vice cancelliere della Curia arcivescovile  Nel 1995 venne scelto come Giudice del Tribunale ecclesiastico regionale Triveneto ed in quella divenne anche Giudice Rotale. 

Negli anni seguenti fu Vicario parrocchiale di Romans e Versa e per un periodo anche Amministratore parrocchiale di Versa (sino al 2005). 

Nel maggio 2005, l’arcivescovo De Antoni lo nominò Canonico effettivo del Capitolo metropolitano con il titolo di S.Eufemia. 

Negli ultimi anni era stato dapprima ospite della Comunità sacerdotale e quindi di Villa San Giusto.

La sua memoria resta in benedizione.

 

Lunedì 27 gennaio alle 17.45 nella chiesa di S. Giuseppe Artigiano – Straccis verrà pregato il S. Rosario. 

I funerali saranno celebrati martedì 28 gennaio alle ore 11.00 presso la Cattedrale di Gorizia – corte S. Ilario. 

Si potrà dare l’ultimo saluto a mons. Pietro martedì 28 gennaio dalle 8.30 alle 10.00 presso la sala espositiva dell’Ospedale Civile di Gorizia e poi dalle 10.15 presso la Cattedrale. 

 

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20 Gennaio 2025