Lo Spirito Santo doni ai giovani il coraggio di affidarsi al Signore

Domenica 19 maggio, nella solennità di Pentecoste, l’arcivescovo Carlo ha presieduto nella basilica di Aquileia la solenne liturgia nel corso della quale don Matteo Marega ha ricevuto l’ordinazione presbiterale e Lionello Paoletti l’ordinazione a diacono permanente,

Ho promesso a don Matteo e a Lionello, Lopi, di dedicare un po’ di tempo alla preghiera per loro la notte precedente la loro ordinazione. Non certo tutta notte, come aveva fatto più di quaranta anni fa – l’ho scoperto dopo la sua morte – il card. Martini, prima di ordinare noi, i primi preti del suo episcopato a Milano. Pregando nel cuore della notte mi è venuto spontaneo – spero per opera dello Spirito e non per mia autosuggestione – formulare quattro richieste, quattro intenzioni che ora vorrei condividere con tutti voi.

La prima è una preghiera per noi qui presenti. Ho chiesto allo Spirito Santo – e vorrei che lo domandassimo insieme – che ci dia la consapevolezza di non essere venuti oggi pomeriggio ad Aquileia, ma di essere saliti sul monte Tabor, sul monte della trasfigurazione. Sì, perché ora non stiamo vivendo semplicemente una significativa celebrazione, una bella festa, un evento gioioso. No, siamo come sul monte di Dio, abbiamo il dono grande – cosa che non capita spesso nella vita – di entrare nella profondità del mistero di Dio come è stato per Pietro, Giacomo, Giovanni quel giorno sul Tabor. Perché è solo nel mistero di Dio che due uomini possono consegnarsi totalmente a Colui che li ha creati, li ha resi suoi figli, li ha chiamati e li ha condotti fin qui. Ed è sempre nel mistero di Dio il fatto che, con la mediazione della Chiesa, Dio accolga nel suo amore questo dono che il suo stesso Spirito ha ispirato al cuore di Matteo e di Lopi. Dobbiamo quindi chiedere di avere tutti oggi la percezione di essere davanti a un grande mistero, luminoso e tremendo, da contemplare nella gioia, nella commozione, nel silenzio.

Una seconda richiesta da rivolgere allo Spirito, e questa volta esplicitamente per i nostri due amici, è che possano, oggi e per tutta la loro vita, vivere i molteplici aspetti del frutto dello Spirito di cui ci ha parlato Paolo nella seconda lettura. Un passo della lettera ai Galati, di cui si può persino percepire il sonoro. E così sentire, da una parte, il rumore fastidioso, disarticolato, stridente, disarmonico delle opere della carne, delle opere del male: «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge». Dall’altra il suono armonioso del frutto molteplice e melodioso dello Spirito: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». Che lo Spirito conceda a Matteo e a Lopi di poter sperimentare il frutto dello Spirito in una vita unificata dall’amore e che il loro ministero possa aiutare le comunità, al cui servizio saranno chiamati, ad accogliere questo frutto. Vi sarete accorti, infatti, che la metà delle opere negative elencate dall’apostolo riguardano la comunità cristiana, esposta a inimicizie, discordie, dissensi, divisioni, se non si lascia guidare dallo Spirito. È Lui che fa nascere e custodisce nell’unità e nell’amore la comunità cristiana facendo in modo che le diversità siano ricchezza per tutti e non motivi di divisione. Si tratta del messaggio della Pentecoste. Come abbiamo ascoltato nella prima lettura, ciò che avviene all’inizio del giorno della Pentecoste è il dono delle lingue, ma non dobbiamo dimenticare che il secondo capitolo degli Atti degli apostoli chiude quel giorno santissimo con la nascita della comunità cristiana, caratterizzata da quattro elementi: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (Atti 2,42). Il presbitero e il diacono hanno una particolare responsabilità verso questi aspetti della vita della comunità: che lo Spirito guidi Matteo e Lopi nel sostenere questo compito.

C’è un terzo dono che vorrei domandassimo sempre per loro. Nel Vangelo di oggi abbiamo sentito Gesù affermare che lo Spirito, promesso agli apostoli, non potrà che prendere ciò che è suo, di Gesù, per annunciarlo e farlo vivere, e ciò che è di Gesù è quanto è del Padre. La grazia quindi da chiedere per i due ordinandi è quello di entrare nel mistero trinitario, di essere partecipi della stessa vita di Dio proprio attraverso il loro ministero. Si tratta di qualcosa che è dono del Padre, che avviene per opera dello Spirito e attraverso Gesù. Vorrei sottolineare questo riferimento a Gesù. Non so se avete fatto caso all’ultima domanda che ha concluso le promesse che i due candidati hanno poco fa assunto. Promesse articolate diversamente in base al ministero di cui ciascuno di loro sta per essere investito. Ma la finale è simile. Nel caso del candidato al diaconato ho chiesto a nome della Chiesa: «Tu che sull’altare sarai messo a contatto con il Corpo e Sangue di Cristo, vuoi conformare a Lui tutta la tua vita?». E per il candidato al presbiterato la domanda è stata: «Vuoi essere sempre più strettamente unito a Cristo sommo sacerdote, che come vittima pura si è offerto al Padre per noi, consacrando te stesso a Dio insieme con Lui per la salvezza di tutti gli uomini?». Seguire Gesù, servire Gesù, imitare Gesù attraverso il loro ministero è quanto viene domandato a Matteo e a Lopi. Questo non è possibile attraverso un impegno volontaristico, ma solo per opera dello Spirito Santo. Del resto i diversi aspetti del frutto dello Spirito che prima abbiamo ricordato non sono forse il ritratto stesso di Gesù? È Lui che nella sua vita terrena ha vissuto l’amore, la gioia, la pace, la magnanimità, la benevolenza, ecc. Lo Spirito, se lo vogliamo, ci rende sempre più conformi al Figlio, a Gesù. E questo vale per tutti i battezzati e non solo per chi viene ordinato.

Conformati sempre più a Gesù Matteo e Lopi sono chiamati a vivere il loro ministero nella Chiesa, Lopi intrecciandolo con la vocazione matrimoniale che tanti anni fa lo ha unito nel sacramento con Anna. Devono viverlo in questa Chiesa di Gorizia e in questo tempo. Ed è un’altra richiesta di preghiera per loro. Già lo scorso anno – forse Matteo lo ricorda – in occasione dell’ordinazione presbiterale di Manuel e diaconale dello stesso Matteo, sottolineavo quanto papa Francesco da tempo va ripetendo circa il fatto che stiamo vivendo non un’epoca di cambiamento, ma un cambio d’epoca. Un periodo di transizione di cui è difficile delineare con precisione i contorni e, in particolare, intuire gli esiti. Non è facile decidere di dedicare la vita al Signore e alla Chiesa in questo contesto, così incerto. Ma questo è il tempo in cui il Signore ci chiede di vivere e di operare, non ce ne viene dato uno alternativo. Il Signore non ci lascia soli e ci assicura l’assistenza del suo Spirito. Allo Spirito Santo chiediamo perciò per gli ordinandi e per il futuro del loro ministero il duplice dono del discernimento e del coraggio.

Vorrei, però, chiedere questo dono anche per i nostri giovani. So che nella nostra diocesi ci sono dei giovani e, spero, anche delle giovani donne, che sentono in loro il richiamo dello Spirito a dedicare la loro vita al Signore e alla Chiesa. E la stessa cosa vale per uomini maturi che intuiscono il diaconato come un loro possibile servizio alla Chiesa. Forse sono presenti qui, in questo momento.

Qualcuno di loro è, per così dire, già avanti nel cammino di discernimento della volontà di Dio. Manca solo il passo successivo e decisivo di fidarsi e affidarsi al Signore. C’è il discernimento, ma non ancora il coraggio. Lo Spirito Santo si è forse dimenticato di donarlo loro? Che il coraggio di Lopi e di Matteo, di cui li ringrazio a nome della nostra Chiesa diocesana, sia per loro di esempio e un segno che lo Spirito dona oggi alla nostra comunità.

+ vescovo Carlo

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19 Maggio 2024