“… e vide e credette”

Nel giorno di Pasqua, domenica 20 aprile 2025, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la concelebrazione eucaristica nella chiesa di S. Ignazio a Gorizia dopo avere partecipato al rito del Resurrexit in Cattedrale con la comunità slovena cittadina.

Mi ricordo che alcuni anni fa, proprio in un’omelia del giorno di Pasqua, mi ero riferito a un noto quadro che rappresenta la scena raccontata dal Vangelo di oggi. Un dipinto di fine ‘800, opera di un pittore svizzero, Eugène Burnand, che rappresenta i due discepoli, Pietro e Giovanni, che stanno correndo verso il sepolcro. La cosa mi è tornata in mente in questi giorni perché il quadro, che normalmente si trova a Parigi al museo della Gare d’Orsay, è esposto per il Giubileo a Roma proprio in queste settimane nella chiesa di San Marcello al Corso fino al 2 giugno insieme all’ultima cena di Rembrandt (se capitate a Roma, andate a vederlo). “L’opera – riprendo dalla presentazione dovuta a don Alessio Geretti, il curatore della mostra – cattura il momento in cui i due discepoli, ancora increduli, corrono al sepolcro. La luce del sole nascente e il movimento delle figure esprimono una speranza intensa, simbolizzata dal chiarore dorato del cielo”.

Stando alla rappresentazione offertaci dall’artista svizzero, i due discepoli potrebbero essere definiti non tanto pellegrini di speranza – come recita il motto del Giubileo – ma “corridori di speranza”. Vorrei invitarvi in questo momento a seguire i due fino al sepolcro, immaginando di correre al loro fianco per cercare di intuire i loro pensieri, le loro speranze, le loro attese.

“Avranno visto bene le donne o si sono fermate all’ingresso del sepolcro spaventate magari da qualche rumore o da qualche ombra? – sono i pensieri di Pietro – E se il corpo fosse stato collato da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo più in profondità nella grotta in modo da non poterlo vedere dall’ingresso della tomba? E chi potrebbe aver interesse a rubare il corpo di Gesù? Pilato, i sommi sacerdoti, gli scribi e i dottori della legge? E per quale scopo?”.

“Risurrezione, sì certo risurrezione: non l’ha detto Lui che sarebbe risorto il terzo giorno? E oggi è il terzo giorno…” – pensa invece Giovanni e sopra pensiero gli esce dalla bocca quella parola, che Pietro sente.

“Risurrezione, sento che a mezza voce dice Giovanni – rimugina dentro di sé Pietro -, sì è vero: Gesù ne ha parlato mentre preannunciava la sua passione e la sua morte, ma non avevamo capito niente e nessuno di noi osava chiedergli spiegazione. Risurrezione: sì, io da buon ebreo educato dai farisei ci credo che alla fine ci sarà la risurrezione, ma alla fine e non adesso. Però vediamo quello che troviamo: se non c’è il corpo è più facile pensare che l’abbiano rubato…”.

“Risurrezione – è la parola che continuamente Giovanni sente rimbombare nella sua testa, mentre accelera la corsa -. Ma se è davvero risorto, allora la croce non è l’ultima parola, allora Lui è davvero il Vivente, il Verbo di Dio. Se è così, dobbiamo dirlo a tutti. Anche a Pilato, sì anche a Pilato, e a chi lo ha ucciso…”.

“Ammettiamo di trovare il corpo – riflette invece Pietro, – o che alla fine ce lo facciano ritrovare, che cosa dobbiamo fare? Io sarei il responsabile del gruppo, così ha voluto Gesù (è vero che ho rinnegato, ma anche gli altri sono scappati…). Decidere di concludere il tutto, ognuno torni a casa sua e al proprio lavoro? Devo riprendere a fare il pescatore? Oppure dobbiamo comunque diffondere il suo insegnamento, come quello di un grande profeta? In fondo anche diversi profeti sono stati uccisi e il loro messaggio è ancora attuale”.

“Io voglio vedere, voglio capire – continua a dirsi dentro di sé Giovanni -, ma sono convinto che sulla croce Lui ci ha amato sino alla fine, ma proprio per questo il suo amore non può essere finito. Spero davvero che sia risorto!”.

Pietro rallenta la corsa, non è più atletico come una volta (e anche noi rallentiamo con lui…), e vede allontanarsi il più giovane Giovanni. Questo gli dà modo di pensare con più calma: “E se Gesù fosse davvero risorto come aveva promesso? Ma allora cambia tutto. Allora è vero che la morte, persino quella morte orrenda di chi è inchiodato alla croce, non è l’ultima parola. Dovremo annunciarlo a tutti. E se incontro Gesù risorto che cosa dirà di me, del mio rinnegamento? Mi darà ancora fiducia, mi chiederà se lo amo?”.

Correndo a fianco dei due discepoli sono certo che oltre a cercare di leggere nella loro testa i loro pensieri, anche noi ci siamo trovati a pensare, a riflettere, a formulare domande, a vivere paure e speranze. Mi piacerebbe che trovassimo il modo di esprimerle, sono certo che ci farebbe bene. Provo a dire quello che sto pensando io: “So che Gesù è risorto. Sono passati quasi duemila anni da quella corsa dei due discepoli la mattina di Pasqua. Eppure sembra che l’alleluia della risurrezione non sia ancora arrivato al cuore di tante persone. Sembra che la risurrezione non interessi la gente di oggi: l’importante è stare bene oggi e un domani? Ci penseremo. E la morte? Speriamo di non soffrire. E dopo? Qualcosa forse ci sarà, sarebbe bello, ma forse è un’illusione. Così pensano gli uomini e le donne di oggi. Ma io, credente e vescovo, ci credo alla risurrezione? Gesù è per me una persona viva? O è solo un messaggio? Lui è la speranza. Come faccio a dirlo alle persone che incontro, ai lavoratori delle aziende che ho visitato, ai detenuti incontrati il venerdì santo, a chi ha partecipato l’altra sera alla via crucis transfrontaliera, ai 300 adolescenti con cui andrò a Roma nei prossimi giorni?”. Questi sono i miei pensieri: e i vostri quali sono?

«Entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette». Che il Signore ci conceda di entrare nel mistero di questa Pasqua per vedere, credere e annunciare a chi incontriamo la speranza che Lui Risorto ci ha donato.

Buona Pasqua – Vesela velika Noč – Buna Pasca.

+ vescovo Carlo

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20 Aprile 2025