Il tredicesimo apostolo

Friday 4 October 2024

Venerdì 4 ottobre 2024 arcivescovo Carlo ha preceduto la celebrazione eucaristica nella chiesa goriziana di Santa Maria Assunta in occasione della festa di San Francesco d’Assisi patrono d’Italia.

Ascoltando la lode che Gesù rivolge al Padre «perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli», viene spontaneo pensare a san Francesco. Davvero il santo di Assisi è un “piccolo” a cui da parte del Padre è stato rivelato il mistero del Regno di Dio, che è lo stesso Signore Gesù. Francesco non ha fatto altro nella sua vita che seguire e imitare Gesù, al punto di essere chiamato a volte un “altro Cristo” o il “tredicesimo apostolo”.

Dall’ammirazione verso Francesco e dalla lode al Padre per aver donato questo santo alla Chiesa, nasce spontanea una domanda: se Francesco è davvero un altro Cristo, se realmente la sua vita è stata secondo il Vangelo “sine glossa”, cioè senza alcuna aggiunta o commento, se noi desiderassimo – come dovremmo – vivere secondo il Vangelo dovremmo allora cercare di essere sempre più simili a lui?

La domanda non è poi così teorica come potrebbe sembrare. A ondate ci sono state nella Chiesa, soprattutto nell’ambito delle famiglie francescane, dei tentativi di riforma che hanno cercato un ritorno quasi alla lettera a Francesco e al suo concreto modo di vivere, di vestire, di comportarsi, di atteggiarsi. E da sempre attorno ad Assisi si possono incontrare uomini e donne che cercano di vivere alla lettera l’imitazione di Francesco (anche forse con qualche stranezza…). È questa la strada che lui ci indica?

Per rispondere a questa domanda vorrei fare un passo indietro e accennare a un dibattito vivo nei secoli precedenti il nostro santosul modo di vivere il Vangelo. La discussione verteva attorno alla questione della “vita apostolica” o della vita “secondo lo stile degli apostoli”. I monaci ritenevano di essere coloro che vivevano tale vita apostolica convinti che il nocciolo di essa fosse la vita comune con le modalità descritte nel secondo e nel quarto capitolo degli Atti degli apostoli: avere tutto in comune, pregare insieme, partecipare all’Eucaristia, essere fedeli all’insegnamento degli apostoli. Altri, come i canonici e i chierici in genere, sostenevano di essere loro a vivere la vera “vita apostolica”, ritenendo che fosse fondamentale non la vita comune, ma l’”apostolato” e cioè la predicazione. San Domenico, grande santo contemporaneo a Francesco, dava la priorità a questa seconda modalità di intendere la vita apostolica – non per niente il suo ordine è chiamato ordine dei frati predicatori – pur non trascurando la vita comune.

E san Francesco? I suoi biografi – ma anche i suoi discepoli – parlano di lui come di uno che imita gli apostoli. Tommaso da Celano, per esempio, scrive che Francesco «aveva seguito la vita e le orme degli apostoli» («apostolorum vitam et vestigia sequens»: FF 473). La cosa curiosa è che negli scritti di san Francesco non c’è alcun riferimento all’imitazione degli apostoli o alla vita apostolica. Invece molte volte ci sono espressioni come «seguire le orme, la vita, la dottrina, la povertà di Cristo». Chiarissimo quanto viene affermato all’inizio della Regola non bollata: «La regola e la vita di questi fratelli è la seguente, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo» (FF 4).

Quindi Francesco si propone – e propone ai frati – non tanto di seguire ed imitare gli apostoli, ma Gesù, il Figlio diletto del Padre. Nel suo testamento infatti scrive: «E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. E io la feci scrivere con poche parole e con semplicità e il signor papa me la confermò» (FF 116).

Francesco pertanto non punta anzitutto sulla vita fraterna (e per altro non aveva idea di fondare una fraternità, ma i frati – lo abbiamo appena sentito – gli sono stati donati dal Signore), né sulla predicazione, ma sul Vangelo. Lo fa alla lettera? No. Certamente senza aggiunte, ma non alla lettera. Francesco non è il calco di Gesù e non solo perché la cosa sarebbe stata difficile vivendo quasi 1200 anni dopo Cristo, ma perché quello non è stato il suo intento (per fare qualche esempio, persino banale, di diversità tra Francesco e Gesù basta pensare al povero saio di Francesco confrontato con la tunica senza cuciture di Gesù che viene tirata a sorte tra i soldati al Calvario; oppure alla povertà di Francesco paragonato allo stile di Gesù che partecipava ai banchetti invitato dai capi dei farisei ed era sostenuto dai beni di donne ricche).

Intento di Francesco era invece quello di seguire Gesù, secondo il Vangelo senza aggiunte, ma lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, che chiamava «ministro generale dell’Ordine»(stando a Tommaso da Celano, il santo avrebbe voluto inserire questa espressione nella regola, ma essa era già stata approvata: FF 779). Nella Regola bollata stabilisce che i frati «che non sanno leggere, non si preoccupino di imparare, ma facciano attenzione che sopra ogni cosa devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione» (FF 104). Nell’orazione conclusiva poi contenuta nella Lettera a tutto l’Ordine Francesco scrive: «Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto della tua sola grazia giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni e sei glorificato, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli» (FF 233). Francesco segue quindi Gesù, ma non cercando di essere fedele in modo pedissequo alla lettera del Vangelo, bensì allo Spirito di Cristo che parla nel Vangelo e gli permette di giungere al Padre.

Torno ora alla domanda da cui siamo partiti: se noi desiderassimo – come dovremmo – vivere secondo il Vangelo dovremmo cercare di essere sempre più simili a san Francesco?Ora possiamo rispondere dicendo di no, anche se la nostra vocazione fosse quella di vivere il carisma francescano. Tutti noi, invece, siamo chiamati come Francesco a seguire Gesù per arrivare al Padre, ma secondo quanto lo Spirito Santo suggerisce a ciascuno di noi. Potremmo dire che ognuno di noi è chiamato a essere con la sua originalità il “tredicesimo apostolo” e non solo san Francesco. O, se volete, che ognuno di noi con la sua vita è chiamato a scrivere un “quinto Vangelo”. È quanto ci insegna il santo di Assisi perché ci fa vedere, più con le parole con la sua stessa vita, che cosa vuol dire seguire davvero il Signore. Ma ce lo mostra con la sua originalità, che è sua e non è di nessuno di noi.

Chiediamo pertanto stasera, per sua intercessione, di avere la grazia di seguire Gesù, vivendo il Vangelo “sine glossa” secondo quanto lo Spirito suggerisce al cuore di ciascuno di noi.  

+ vescovo Carlo

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Ho ripreso in questa omelia diversi spunti offerti da Norberto Nguyen-Van-Khanh, Gesù Cristo nel pensiero di san Francesco secondo i suoi scritti, Milano 1984 (tesi di dottorato diretta da M.-D. Chenuall’Institut catholique di Parigi; p. Norbert Nguyen-Van-Khanh, frate minore vietnamita nato nel 1941 e morto nel 2022).