Giovedì 28 novembre 2024, nella festa della dedicazione della cattedrale, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la solenne con celebrazione eucaristica.
Al termine del rito è stata inaugurata la nuova area in Duomo che ospita il tesoro della diocesi. Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata dal Vescovo Carlo.
Quest’anno l’anniversario della dedicazione della nostra cattedrale si caratterizza per un evento importante: l’inaugurazione del suo tesoro, finalmente messo a disposizione della comunità di Gorizia e di quanti vorranno visitarlo in futuro. In un bell’articolo su “Voce isontina” il parroco, don Nicola Ban – e colgo l’occasione per ringraziare lui e tutti coloro che con lui hanno collaborato con passione e impegno per dotare questa cattedrale del suo tesoro –, ha presentato il tesoro vedendolo come simbolo di tesori ancora più preziosi, ossia quello della carità pastorale e quello della santità. Vorrei prendere spunto dalla sua riflessione per ricordare i diversi tesori presenti in questa cattedrale, tesori di cui il tesoro costituito di oggetti preziosi per devozione, arte e storia è solo un richiamo.
Il primo tesoro è Dio stesso. Una chiesa, che sia una cattedrale o una piccola cappellina, è anzitutto la casa di Dio. Ce lo ha ricordato la prima lettura con alcuni passi della bella preghiera di Salomone, una preghiera che esprime anzitutto la consapevolezza e lo stupore per il fatto che Dio sia presente nel tempio, Lui che non può essere contenuto «nei cieli e nei cieli dei cieli». Eppure Dio ha voluto avere un luogo dove realizzare una presenza speciale, dove gli uomini potessero incontrarlo, invocarlo con grande speranza, ringraziarlo per i suoi benefici. Questo già valeva nell’Antico testamento a proposito del tempio, ma ancora di più oggi dove la presenza di Dio in ogni chiesa è molteplice. Lo ricorda uno splendido passo del documento che il Concilio Vaticano II più di 60 anni fa ha dedicato alla liturgia. Così si esprime al n. 7 parlando della presenza di Cristo nella liturgia che si celebra nelle chiese: «Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, “offertosi una volta sulla croce, offre ancora sestesso tramite il ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20)». Si tratta di un lungo elenco di tesori in cui si specifica il tesoro della presenza di Dio, della presenza di Cristo: il tesoro delle celebrazioni liturgiche, il tesoro rappresentato dal ministro, il tesoro dell’Eucaristia, il tesoro dei sacramenti, il tesoro della Parola, il tesoro della comunità.
Quest’ultimo tesoro è sottolineato con forza nelle parole della lettera agli Efesini dove l’apostolo Paolo afferma che siamo «abitazione di Dio per mezzo dello Spirito» in quanto «edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù» per «essere tempio santo nel Signore». La comunità cristiana non è però qualcosa di staticocome una chiesa di pietre, e neppure un tesoro conservato sotto vetro, come i vari pezzi del tesoro che tra poco inaugureremo, ma è una realtà viva che si lascia guidare dallo Spirito sulle vie indicate dal Vangelo.
Ricordo in particolare tre elementi che caratterizzano la comunità cristiana non solo dentro l’edificio sacro, ma in tutto ciò che costituisce la sua vita e la sua testimonianza, perché, come afferma lo stesso Gesù nel Vangelo di Giovanni, Dio non va adorato solo nel tempio o sul monte, ma dappertutto «in spirito e verità». Si tratta della fede, della speranza e della carità. Come sapete, nella lettera pastorale di quest’anno ho voluto insistere sulla speranza, anche in sintonia con l’anno giubilare che tra meno di un mese inaugureremo in questa cattedrale in comunione con papa Francesco e con tutte le Chiese sparse per il mondo e che ha come motto: “Pellegrini di speranza”. La speranza è ciò che ci tiene in vita e per questo è giusto capovolgere il noto proverbio “finché c’è vita, c’è speranza” in “finché c’è speranza, c’è vita”. Senza speranza si muore, non ha più senso vivere. E se da sempre gli uomini e le donne sono affamati di speranza, questo è quanto più vero in un tempo come il nostro di “cambio d’epoca”, un cambio così travagliato da guerre, da violenze, da ingiustizie, da povertà e, insieme, così ricco di fermenti, di possibilità, di intuizioni e nonostante tutto ancora di visioni e di sogni. Una fame di speranza che hanno soprattutto i giovani e che la comunità cristiana non deve deludere.
La speranza cristiana è affidabile perché è basata sulla fede. E la fede, infatti, che fa diventare ciò che è sperato qualcosa che certo non è stato ancora raggiunto (altrimenti non avrebbe senso sperarlo), ma che non è semplicemente desiderato, perché c’è già e sarà raggiunto. Per questo noi speriamo di giungere al regno di Dio e al suo compimento, perché sappiamo che il regno di Dio c’è e che si svelerà in pienezza alla fine dei tempi. La speranza quindi è solo attesa di qualcosa che c’è e ci sarà, non un generico e insicuro auspicio.
Proprio perché sostenuta dalla fede e piena di speranza la comunità cristiana vive la carità. La carità, l’amore è il modo migliore per testimoniare la fede ed è anche la strada per dire a chi anela a qualcosa di vero, di buono, di bello e di giusto che la sua speranza è affidabile. L’amore, infatti, è ciò che concretamente sparge nel mondo semi di speranza, che possono crescere fino a portare a una fede esplicita nel Dio di Gesù Cristo, o comunque dare un senso alla vita di ciascuno.
Fede, speranza, carità: grandi tesori della comunità cristiana che in questa cattedrale possono trovare nutrimento e incremento attingendo al molteplice tesoro della presenza di Dio. Una fede, speranza e carità che altri prima di noi e altri dopo di noi hanno vissuto e vivranno. Per questo celebrare un anniversario in una cattedrale ricca di storia, anche se spesso travagliata, diventa un ringraziare il Signore per chi ci ha preceduto e che, tra l’altro, ha prodotto e raccolto quelle belle realtà, che compongono il tesoro materiale di questa cattedrale, come espressione di fede, speranza e carità, e anche un pregare Dio affinché oggi e domani sempre nuove generazioni di cristiani possano vivere qui la gioia del Vangelo.
+ vescovo Carlo
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Il tesoro, la cosa più preziosa, per la comunità cristiana è una vita evangelica, una vita bella e buona, una vita santa, ovvero il vangelo vissuto nella concretezza della propria quotidianità. Non c’è cosa più preziosa della vita con lo stile di Gesù vissuta nel proprio tempo. La storia della Chiesa è disseminata di questi esempi di santità e di vangelo vissuto.
Le reliquie, raccolte e venerate nel corso dei secoli, sono testimonianze tangibili, quasi un promemoria della santità vissuta da alcune persone concrete: i santi sono modelli cui guardare, amici da invocare e di cui chiedere l’intercessione.
Se la santità vissuta è qualcosa di prezioso, se le reliquie parlano di questa santità preziosa, è ragionevole che anche il contenitore delle reliquie cerchi di esprimere la preziosità del contenuto.
Il tesoro della carità pastorale
L’altro aspetto prezioso della vita della comunità cristiana è la cura pastorale, la carità di chi si prende cura del popolo di Dio, offrendo l’incontro con la misericordia di Dio soprattutto attraverso i sacramenti. La presenza sacramentale di un pastore che vuole essere segno di Cristo Buon Pastore e l’eucarestia come banchetto sempre disponibile che mette in comunione con la misericordia di Dio, sono tesori preziosi.
Se la cura pastorale e la presenza di Dio nell’eucarestia sono realtà preziose, è ragionevole che anche ciò che si usa per la liturgia cerchi di esprimere la preziosità di ciò che avviene sul piano sacramentale.
Un tesoro che parla di santità e di carità pastorale
Così nasce il tesoro della Cattedrale di Gorizia che avrà adesso una sua esposizione permanente nel contesto più vicino al suo uso originario, ovvero sul matroneo della Cattedrale stessa. Il tesoro della Cattedrale non è fatto tanto da oggetti preziosi per materiale e raffinatezza di realizzazione, ma sono oggetti preziosi perché parlano della santità vissuta nelle nostre terre e di cui i cristiani di Gorizia si sono alimentati, e perché parlano di una carità pastorale esercitata dai pastori nei confronti del popolo cristiano di Gorizia.
Un itinerario nella storia
Visitando il tesoro della Cattedrale di Gorizia si potrà fare un itinerario nella storia di santità e della cura pastorale. L’esposizione comincia sul matroneo di destra della chiesa dedicata ai Ss. Ilario e Taziano. La prima parte è dedicata alla presentazione di diversi reliquiari. Una parte è dedicata ai santi aquileiesi che hanno ispirato da sempre la comunità cristiana dell’isontino: i santi all’inizio sono soprattutto martiri, persone che credono così tanto nella risurrezione, che sono pronti a morire per testimoniarla. Ma finita l’epoca dei martiri non è finita la storia di santità, anzi sono nate nuove forme per essere santi: pastori, teologi, predicatori, uomini e donne di carità. Il tesoro della Cattedrale contiene riferimenti a S. Antonio da Padova, a S. Ignazio, a S. Teresa di Gesù bambino, a S. Giovanni Bosco. Sul matroneo si potranno vedere reliquiari di diverse forme e di diverse epoche, alcuni anche piuttosto originali.
L’esposizione continua poi nella stanza collocata sopra la cappella di S. Acazio, dove sarà possibile accedere in gruppi più piccoli. In questa stanza si verrà accompagnati a ripercorrere il collegamento che c’è tra la Chiesa di Aquileia, madre evangelizzatrice di tutto il Nord-Est, e la comunità di Gorizia. Sarà possibile ammirare i busti reliquiari in legno e in metallo che collegano con i primi pastori di Aquilea, in particolare Ermacora e Fortunato, Ilario e Taziano. Si coglierà il legame tra Salcano, paese dove si trovava la pieve dedicata a S. Stefano, da cui dipendeva la comunità di Gorizia che è stata poi intitolata ai Ss. Ilario e Taziano.
L’itinerario accompagna fino alla creazione dell’Arcidiocesi di Gorizia, avvenuta nel 1751-1752 quando è stato soppresso il patriarcato di Aquileia, e il territorio è stato diviso tra l’arcidiocesi di Udine e l’arcidiocesi di Gorizia, in modo da poter assicurare una cura pastorale più puntuale in un territorio che era stato diviso dal punto di vista politico tra l’impero austroungarico e la repubblica di Venezia. Per aiutare la partenza dell’attività pastorale della diocesi è stata donata una “dote” al primo arcivescovo di Gorizia, Carlo Michele d’Attems, da parte degli Stati Provinciali (i nobili locali) e da parte dell’imperatrice Maria Teresa. Questa dote serviva e serve a celebrare in modo solenne l’eucarestia, in modo che si renda evidente la preziosità della comunione col Signore. In questa dote sono presenti paramenti (fra cui anche i paramenti azzurri con cui vengono rappresentati i santi Ilario e Taziano nella pala d’altare del Tominz che sovrasta l’altare maggiore della cattedrale), calice, pisside, ampolline, candelieri, croce… insomma ciò che serve a celebrare l’eucarestia.
Presentazione alla comunità
L’esposizione del Tesoro sarà alla comunità cittadina giovedì 28 novembre, nell’ambito della celebrazione della dedicazione della Cattedrale. La Cattedrale ha radici molto antiche, che risalgono sicuramente al XIV secolo, ma forse anche precedenti. 500 anni fa, nel 1525, ha assunto la struttura architettonica attuale, grazie alla creazione del grande arco che ancora oggi apre verso il presbiterio. Nella prima metà del ‘700 è stata preparata ad essere una chiesa importante, con un’attenzione ad impreziosire la struttura. Nel corso della prima guerra mondiale è stata fortemente danneggiata, in modo da richiedere una ristrutturazione radicale. Il 28 novembre 1942 l’arcivescovo Carlo Margotti ha solennemente dedicato la Cattedrale.
Giovedì 28 novembre alle 18.30 il vescovo Carlo preside la liturgia eucaristica nel giorno della dedicazione. Segue la prima esecuzione dell’Ave Maris Stella per organo e baritono composto appositamente da Marco Colella. All’organo ci sarà l’autore Marco Colella, mentre la voce sarà quella di Eugenio Leggiadri Gallani. Alle 19.30 verrà presentata l’esposizione del tesoro.
La realizzazione dell’esposizione del tesoro è stata possibile per il lavoro di tante persone e per i contributi forniti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dai fondi dell’8xmille della Chiesa Cattolica.
Per il momento sarà possibile visitare l’esposizione il sabato e la domenica dalle 15 alle 17, grazie alla presenza di un gruppo di volontari che si sono resi disponibili. Chi fosse interessato a dare una mano come volontario può scrivere a cattedrale@arcidiocesi.gorizia.it.
Mons. Nicola Ban, parroco della Cattedrale
(foto Ilaria Tassini)