Una domanda che è giusto farsi come cristiani: che significato ha la missione? Ha ancora senso oggi?
Sembra una questione astratta e generica, che diventa però concreta quando una persona conosciuta – per molti un amico – parte come missionario. La domanda allora si deve riformulare: perché don Aldo parte per la missione, anzi perché vuole dedicare tutta la sua vita alla missione?
Qui la prospettiva cambia. Non è più teorica, ma pratica. Non è più generale, ma può diventare – lo dico in particolare per i giovani – personale: se ha senso la sua scelta di vita, perché non potrebbe essere anche la mia? Se Aldo sì, perché non io? Allora: perché si va in missione e perché anche qui si deve vivere la missione? Semplicemente perché si ha la consapevolezza di avere ricevuto un dono, un messaggio che è per tutti e che è decisivo per la vita per tutti: come si fa a tenerlo per sé? Per fare un esempio riferita a una situazione tragica di oggi: se uno scoprisse un rimedio al virus Ebola, non sentirebbe il dovere di metterlo subito a disposizione di tutti? Qual è questo dono che deve diventare un messaggio? E’ il contenuto del Vangelo, la buona notizia che la vita ha senso perché non viene dal niente e non va verso il niente, ma è dono di Dio. La vita allora è una cosa bella e vale la pena di essere vissuta. Occorre dirlo agli altri. Ed è bella perché c’è qualcuno che ce l’ha donata e ce l’ha donata per sempre, non solo per settanta, ottanta, novanta o cento anni, ma per sempre. E questo Qualcuno è Dio che ci ha creati a immagine del suo Figlio Gesù. Dire che la vita è bella però non basta. Perché la vita non sempre è bella, spesso è faticosa, spesso è piena di sofferenze, spesso è piena di violenze. Non solo. A livello personale la vita è piena di paure, di errori, di angosce, di rimorsi.
Di un messaggio tipo “la vita è bella, vogliamoci bene”, di un messaggio che non è molto diverso dalla pubblicità per una vacanza da sogno, per una crociera nei mari del sud, per un’auto di lusso o per un smartphone ultimo modello, alla fine – se ben ci pensiamo – non sappiamo cosa farcene. Se io resto con le mie paure, le mie angosce, le mie chiusure, le mie cattiverie, le mie amarezze a che cosa mi serve? Il messaggio del Vangelo non è però un messaggio generico di felicità a buon mercato, è invece un messaggio di salvezza che va alla radice del male che è attorno a noi e dentro di noi e che talvolta percepiamo come una cappa di piombo o come un’angoscia che ci attanaglia il cuore. Ci dice non solo che siamo stati creati per amore e per vivere per sempre, ma che siamo salvati per amore. Salvezza significa che non sto per niente bene, che la mia vita è in pericolo, che sono prigioniero e che ho bisogno di qualcuno che mi salvi e mi liberi. Questo Qualcuno è il Signore Gesù. Colui che non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori; che si è fatto medico per guarirci nel profondo di noi stessi; che si è fatto mettere in croce, condannato come un malfattore, per liberarci dal peccato. Il contenuto dell’annuncio cristiano è quindi il fatto che siamo stati creati per amore e che siamo salvati per amore. E che l’autore di tutto questo è Dio, il Padre che ci ha creati, il Figlio che si è fatto uomo ed è morto in croce per noi, lo Spirito che rinnova i nostri cuori. Ogni uomo e ogni donna deve saperlo. Noi dobbiamo dirglielo. Perché non sentiamo questa urgenza? Perché non viviamo le due dimensioni fondamentali del cristiano: la gioia perché la vita è bella, la conversione perché la vita è salvata. Mancano cristiani gioiosi e convertiti, per questo non ci sono missionari.
Il nostro cristianesimo – parlo anzitutto per me… – non è ciò che è essenziale per noi, ciò senza il quale non riusciremmo a vivere, ma è spesso come un’aggiunta al resto della nostra vita, a volte solo una “decorazione”, altre volte solo un riferimento ideale, ma la vita è un’altra cosa…
Proviamo a domandarci: se nella nostra vita non ci fosse il Vangelo, non ci fosse Gesù, cambierebbe qualcosa di sostanziale? Potremmo vivere senza di Lui? Se la risposta onesta è: “sì!, potremmo vivere ugualmente”, significa che non siamo ancora veri cristiani e ovviamente non possiamo essere missionari. Dovremmo invece sperimentare – ed è una grazia da chiedere – due atteggiamenti: la sofferenza per la nostra condizione di essere in pericolo al bordo di un precipizio e insieme la gioia perché Qualcuno ci sta salvando. Allora nascerebbe spontaneamente l’esigenza della missione. Il brano di Vangelo ci presenta una persona – Matteo – che ha sperimentato tutto ciò, ma partendo dal fondo. Non ha prima capito di essere peccatore, poi che c’era Qualcuno che poteva salvarlo e poi si è deciso a seguirlo. No, il Vangelo non ci presenta questa successione, ma un’azione di Matteo come risposta a una sola parola: «Seguimi!»: «egli si alzò e lo seguì». Seguendo il Signore Matteo comprende che è peccatore, che Qualcuno lo può salvare e che questa gioia va condivisa. In effetti la prima cosa che fa Matteo è invitare Gesù a casa sua e con lui tanti suoi colleghi considerati peccatori, perché, contro la legge mosaica, a servizio dei romani (lo dice esplicitamente il vangelo di Luca: «Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola»: Lc 5,29). Così dimostra di aver capito che davvero Gesù è venuto a guarire non solo lui, ma tutti coloro che si trovano nella sua situazione.
Se è così, la grazia da chiedere non è anzitutto di stare male per i nostri peccati e per le nostre angosce e neppure di percepire con gioia la salvezza, ma quella di seguire Gesù. Ci penserà poi Lui a farci prendere coscienza del nostro male e anche della salvezza che Lui ci dona. Vorrei allora dire a chi è qui stasera – e in particolare ai giovani – di non aspettare per essere veri cristiani di provare chissà quali forti esperienze di conversione, ma che se hanno intuito che il Signore è importante per loro, intanto lo seguano da subito, disposti a mettersi al suo servizio. Il resto verrà dopo. Il Signore non ci farà mancare la gioia di essere salvati e di diventare annunciatori di questa salvezza.
† Vescovo Carlo