Gesù è il re dell’universo e il suo è il regno dell’amore

Domenica 23 novembre l’arcivescovo Carlo ha presieduto nella chiesa nel Sacro Cuore Gorizia l’eucarestia nella solennità di Cristo re dell’universo. La celebrazione è coincisa con la giornata del ringraziamento promossa dalla Coldiretti provinciale.

Oggi celebriamo la domenica conclusiva dell’anno liturgico, dedicata a “Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo”, una festa che vuole sintetizzare tutto il percorso dell’anno della Chiesa. Un percorso che ci ha guidato per dodici mesi – e da domenica prossima lo riprenderemo ancora una volta – dall’attesa del Messia, alla nascita di Gesù, al Battesimo, per arrivare alla croce, alla risurrezione, all’ascensione, al dono dello Spirito Santo a Pentecoste.

La celebrazione di oggi non riporta un episodio della vita di Gesù, come le feste che si dipanano lungo l’anno e che ho appena ricordato. Essa, piuttosto, fa riferimento alla riflessione che il Nuovo Testamento, in particolare le lettere di san Paolo e anche il Vangelo di Giovanni e l’Apocalisse, presenta sulla figura di Cristo, come il senso profondo del creato e della storia. Quel bambino che nasce a Betlemme, che cresce a Nazareth, quel giovane uomo che percorre le strade della Palestina annunciando il Regno di Dio, quell’uomo appeso come uno schiavo alla croce, quel crocifisso che è risorto non è altro che il Cristo Re dell’universo.

Nel nostro credere siamo chiamati a vivere la fede nell’autentica umanità di Gesù: un bambino cresciuto come tanti altri, un giovane che si guadagnava la vita lavorando come falegname, un maestro che annunciava il Regno di Dio, ma soprattutto un uomo come noi, con sentimenti, emozioni, sogni, persino rabbie e paure: insomma un vero uomo. E anche la fede nel fatto che proprio quell’uomo è Colui in cui – come afferma san Paolo – «sono state create tutte le cose» e che anche riconcilia in sé tutte «le cose – sempre parole di Paolo – che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli». Non è facile credere in questo, cioè che proprio l’uomo Gesù di Nazareth è il re dell’universo. Non è difficile considerare Gesù un vero uomo – anche chi non è credente riconosce l’uomo Gesù –, ma come pensarlo re dell’universo?

Nell’omelia di ieri, nella celebrazione in cui è stato conferito il mandato ai ministri straordinari della Comunione, ho cercato di offrire unimmagine di questo dando un’idea dell’universo con una citazione di papa Leone, che propongo anche a voi. Qualche settimana fa in occasione del giubileo del mondo dell’educazione il papa ha parlato agli studenti partendo dalla sua esperienza si insegnante: «Da ex professore di matematica e fisica, permettetemi di fare con voi qualche calcolo. Avrete l’esame di matematica tra poco forse? Vediamo… Sapete quante stelle ci sono nell’universo osservabile? È un numero impressionante e meraviglioso: un sestilione di stelle – un 1 seguito da 21 zeri! Se le dividessimo tra gli 8 miliardi di abitanti della Terra, ogni uomo avrebbe per sé centinaia di miliardi di stelle. Ad occhio nudo, nelle notti limpide, possiamo scorgerne circa cinquemila».

Un 1 seguito da 21 zeri…: queste le stelle dell’universo osservabile. Un numero che può dare un’idea di come possa essere grande l’universo e ancora di più chi ne è all’origine, ne è il senso, ne è il fine, ne è il compimento. La nostra fede cristiana afferma proprio questo: l’uomo Gesù, proprio lui, è il figlio di Dio, è il re dell’universo.

L’immagine della grandezza dell’universo – alla dimensione spaziale di cui il numero delle stelle può dare un’idea, si può aggiungere anche quella temporale: 13 miliardi e 600 milioni di anni fa pare essere il momento in cui è nato l’universo – ci potrebbe portare a interpretare la regalità di Cristo in termini di potere. Un potere immensamente più grande di quello dei re, dei presidenti, dei dittatori, dei capi della terra. Un potere che potrebbe poi essere in qualche modo rivendicato dai seguaci di questo re, cioè da noi, i cristiani.  

Ma questa interpretazione coglie realmente il senso della regalità di Cristo? Il Vangelo ci dice chiaramente di no. Un Vangelo che in effetti si riferisce a Gesù come re. Chi si rivolge a lui, gli chiede di essere parte del suo regno: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Dove avviene però questa scena? Non certo in un palazzo regale e il re Gesù non è seduto su un trono. Avviene sul Calvario, con Gesù inchiodato alla croce, deriso dai capi e dai soldati, affiancato da due malfattori condannati alla stessa pena.

Uno di questi rivolge a Gesù una richiesta totalmente fuori tempo e fuori luogo. Qualche tempo prima erano stati due suoi discepoli – Giacomo e Giovanni – credendo che Gesù prima o poi si rivelasse come re simile a Davide, capace di liberare Israele e di cacciare gli occupanti romani, a chiedergli di essere uno alla destra e uno alla sua sinistra, come ministri del regno. Ma ora Gesù è sulla croce, condannato, flagellato, deriso, ormai morente. Eppure il ladrone intuisce che quell’uomo crocifisso con lui è il re e gli chiede di entrare nel suo regno. Che cosa capisce quel malfattore? Difficile dirlo, perché più che comprendere, intuisce il motivo profondo per cui Gesù è davvero re, ossia l’amore, quell’amore che lo ha portato sulla croce, che gli impedisce di salvarsi come gli viene chiesto da chi lo deride e lo porta invece a dare la vita per tutti.

Gesù quindi è davvero il re dell’universo e lo dimostra sulla croce, svelando il segreto profondo dell’intero universo. Perché Dio ha creato l’universo, se non per amore? Qual è il fine di tutto, se non l’amore? Sapere che c’è un sestilione, e certamente di più, di stelle lascia meravigliati e quasi travolti nella contemporanea percezione della nostra piccolezza, ma ancora di più lascia senza fiato sapere che il motivo ultimo per cui ci sono quelle stelle non è che l’amore. Gesù è il re dell’universo e il suo regno non è che amore. Un amore donato, che si fa perdono davanti al rifiuto, che si fa servizio, che si fa dono della vita.

A questo regno di amore non possono che fare riferimento anche i prodotti della terra per i quali oggi diciamo il nostro grazie a Dio. Ma a quel regno di amore si deve anche riferire il lavoro dell’uomo e tutto l’impegno per la cura del creato, spesso così fragile anche per nostra trascuratezza come è stato dolorosamente sperimentato qui da noi negli scorsi giorni. In questa celebrazione non possiamo non rivolgere un pensiero, assicurando la nostra preghiera e il nostro fattivo sostegno, alle due persone che sono morte per la frana a Brazzano (con un ricordo commosso in particolare del giovane tedesco che ha dato la vita nel tentativo di salvare un’altra persona) e a tutti coloro, famiglie e anche imprenditori, che hanno subito gravi danni e vivere una situazione difficile (molti sono ancora sfollati). Ieri ho voluto andare a vedere la situazione e a incontrare le persone a Versa, a Brazzano, ma anche a Giassico, Ruttars, Vencò. Ho visto da vicino i vari disastri, ma ho constato soprattutto l’impegno delle stesse persone interessate, delle istituzioni, dei volontari venuti anche da fuori. Un imprenditore mi ha detto che, pur avendo subito gravi danni, sta vivendo i giorni più belli della sua vita commosso dalla grande e fattiva solidarietà offertagli da parenti, amici, conoscenti, collaboratori, clienti e anche persone sconosciute. Proprio nei disastri si vede che la solidarietà, l’amore c’è ed è quello che conta.

Scoprire che il significato dell’impegno dell’uomo alla fine non è altro che l’amore, ci apre un orizzonte di senso che dà profondità al lavoro, che sia quello dei campi, dell’industria, del commercio, della scuola, della cura, ecc. non ha importanza, e dice che nulla va perduto di quanto ci prende ogni giorno energie, fatiche, risorse, anche passione. E anche di questo vogliamo ringraziare oggi il Signore, Cristo il re dell’universo che da senso ai miliardi di stelle, ma anche a ogni frutto della terra coltivato con impegno e persino a un bicchier d’acqua dato sempre per suo amore.    

+ vescovo Carlo

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23 Novembre 2025