L’amore di Sergio Tavano per le testimonianze di fede della nostra terra

Mercoledì 19 febbraio, l’arcivescovo Carlo ha presieduto nella chiesa del Sacro Cuore a Gorizia le esequie del professor Sergio Tavano. Pubblichiamo di seguito la sua omelia.

Siamo qui in tanti in questa chiesa per ricordare una persona molto significativa per la nostra città come il prof. Sergio Tavano, ma soprattutto per pregare per un cristiano. Sono molteplici e diversi motivi che legano ciascuno di noi a quest’uomo che ha avuto il dono dal Signore di una lunga e operosa vita. A cominciare dai figli, i nipoti, i parenti, gli amici, i colleghi, gli studenti di un tempo, tante persone di Gorizia e non solo, che il prof. Tavano ha appunto in diversi modi incontrato e conosciuto nella sua esistenza. Ma come dicevo, ci lega anzitutto il desiderio di pregare per lui e anche con lui, perché chi lascia visibilmente la realtà umana non si allontana dalla comunione con la Chiesa, ma caso mai la vive con ancora più intensità perché è ormai nella luce del Signore della vita.

Sarebbero tante le cose che meriterebbero essere ricordate di un uomo e di uno studioso come il prof. Tavano. Altri lo hanno fatto e lo faranno meglio di me in altre occasioni, che – sono certo – vorranno fare tesoro dello studio, della passione e dell’impegno di quest’uomo con i suoi molteplici interessi. Mi limito solo a ricordare il suo amore per la nostra terra e, in particolare per le preziose testimonianze di fede che la rendono una realtà unica. Cito solo San Canzian d’Isonzo, Grado e soprattutto Aquileia. Tesori di arte, di storia, di bellezza, ma soprattutto di fede, che il prof. Tavano ha studiato, ma anzitutto amato e fatto amare.

Vorrei pertanto venire proprio al tema della fede. Le letture che abbiamo ascoltato e che sono state scelte, a nome dei familiari, dalla figlia Cecilia – che ringrazio con il fratello Carlo a nome di tutti per le commoventi parole con cui hanno voluto aprire questa celebrazione esequiale – sono Parola di Dio che ci invita ad andare in profondità nella nostra fede, quella fede che il prof. Tavano ha vissuto e testimoniato con convinzione e semplicità dentro la comunità dei credenti.

La prima lettura è stata proclamata anche nelle Messe di domenica scorsa. È tratta dalla prima lettera che l’apostolo Paolo scrive alla Chiesa di Corinto, una comunità vivace, ricca di carismi, anche potremmo dire litigiosa che a volte fa spazientire l’apostolo, ma che comunque vuole vivere il Vangelo come una novità nel contesto della cultura di allora. Nella lettera san Paolo affronta molti temi tipici della fede cristiana, probabilmente rispondendo anche a precisiinterrogativi che i cristiani di Corinto, giunti da poco ad accogliere il messaggio di Gesù, gli avevano sottoposto. Una questione che poneva dei dubbi a quei primi cristiani e che era già emersa in un’altra comunità, quella di Tessalonica, come è testimoniato da quello che pare essere il primo scritto del Nuovo Testamento ossia la prima lettera ai Tessalonicesi, era il destino di coloro che sono morti prima del ritorno definitivo di Gesù che in un primo momento si pensava essere imminente. La risposta della cultura del tempo, quella classica ellanistica, parlava di una sopravvivenza dell’anima e non certo della risurrezione del corpo. Può bastare l’immortalità dell’anima per darci una parola di speranza, per non considerare la nostra vita qualcosa di destinato a finire per sempre?

Forse, ma non certo per i cristiani che hanno al centro della loro fede la risurrezione di Gesù. E proprio per questo non possono che credere fermamente alla risurrezione dei morti: «Se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni fra voi che non vi è risurrezione dei morti?». E l’apostolo aggiungeva per far capire che la risurrezione non è una questione secondaria per i cristiani, ma è quella fondamentale: «Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati». E con forza proseguiva: «Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti».

Ha ragione san Paolo: se Gesù non è risorto e se noi non risorgiamo con Lui, allora la celebrazione delle esequie, come quella che stiamo vivendo, è solo una commemorazione, intensa e partecipata finché si vuole, ma di qualcuno che non c’è più e non sarà più per sempre. Al contrario, se la Pasqua di Cristo è una realtà e sarà il nostro destino, anche le esequie, pur nell’inevitabile sofferenza e lutto, diventano comunque una celebrazione della vita.

Il prof. Tavano ha avuto la possibilità di studiare e conoscere da vicino molte testimonianze delle prime generazioni cristiane. E sono certo che ha avuto la gioia di vedere come anche persone molto semplici sono morte e sono state sepolte nella fede della risurrezione, come testimoniano delle sepolture cristiane senza alcun pregio artistico ma con la presenza di parole di grande significato. Quella fede che anche Lui ha condiviso sino alla fine e che anche noi vogliamo esprimere con convinzione in questo momento riferendoci al Vangelo di Gesù.

E proprio il brano di Vangelo di oggi, tratto dal capitolo sesto del Vangelo secondo Giovanni, ci dice come i cristiani possono nutrire la fede nella risurrezione. “Nutrire” è il verbo giusto, non è un modo simbolico di esprimersi, perché si tratta proprio di nutrirsi di Colui che è il pane della vita. Un nutrimento non solo della fede, ma della stessa effettiva risurrezione: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». E ancora: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Questo nutrimento che dà la vita è l’Eucaristia, un sacramento celebrato ogni giorno e in particolare la domenica, giorno del Signore e vera Pasqua settimanale. Il Prof. Tavano ha sempre partcipato conconvinzione alla celebrazione eucaristica e si è nutrito del Corpo del Signore, trovando nella Comunione con Lui la forza per vivere un impegno di testimonianza cristiana.

C’è un bellissimo passo di un grande padre della Chiesa che esprime con precisione il legame tra Eucaristia e risurrezione. Si tratta di Ireneo di Lione, che  scrive nella sua opera più conosciuta (Contro gli eretici): «Come possono alcuni affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, cioè la vita eterna, quando viene nutrita dal sangue e dal corpo di Cristo, al quale appartiene come parte delle sue membra? […] Così anche i nostri corpi, nutriti dall’Eucaristia, deposti nella terra e andati in dissoluzione, risorgeranno a suo tempo, perché il Verbo dona loro la risurrezione, a gloria di Dio Padre». Se i nostri corpi sono nutriti del Signore attraverso l’Eucaristia, come possono essere destinati a finire per sempre?

Stiamo proprio celebrando in questo momento l’Eucaristia: è il modo più bello e significativo di ricordare un credente come il prof. Sergio Tavano, per confermare la nostra convinzione che ora vive presso il Signore e per riaffermare la speranza, che è certezza, nella risurrezione. Nell’attesa che arrivi il giorno del compimento del Regno di Dio, dove con tutto quello che siamo, anima e corpo, saremo per sempre in comunione con il Signore e tra di noi nella gioia che non finirà mai.

+ vescovo Carlo

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La Chiesa diocesana ricorda con commozione la figura del prof. Sergio Tavano, scomparso questa mattina.

Nato a Gorizia il 13 marzo 1928, Tavano si era laureato nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste con una tesi in Archeologia cristiana, discussa col prof. Mario Mirabella Roberti; divenne subito assistente volontario e poi assistente straordinario e ordinario nella stessa disciplina, per assumere infine l’insegnamento di Storia dell’arte bizantina e di Archeologia e storia dell’arte paleocristiana e altomedievale, il tutto nella stessa Facoltà triestina fino al 2000 e per qualche anno accademico (1973-1977) anche nella Facoltà udinese di Lingue e letterature straniere. Ha svolto attività scientifica con ricerche e pubblicazioni di interesse storico, archeologico e artistico attorno a luoghi e a monumenti della Provincia di Gorizia e anche su il battistero di Aquileia, le basiliche di Grado, le basiliche paleocristiane di Concordia, di San Canzian d’Isonzo e di San Giovanni del Timavo. Ha tenuto corsi su centri come Costantinopoli, Aquileia, Ravenna, Venezia, Roma, Grado, il Norico, la Dalmazia, l’area siro-palestinese, l’Egitto, Cividale e su vari monumenti tardoantichi, altomedievali e romanici.

Tavano nutriva da sempre un particolare rapporto con la basilica di Aquileia tanto che già nel 1972 fu lui ad illustrare a San Paolo VI la storia e le ricchezze artistiche dell’edificio sacro quando il Papa fece sosta nella città romana nel suo viaggio verso il Congresso Eucaristico di Udine.

I suoi titoli a stampa di carattere scientifico, che sono parecchie centinaia, hanno preso in considerazione principalmente la cultura e l’arte tra l’alto Adriatico e il Danubio e in modo speciale monumenti di Aquileia e di Grado, di Concordia, di Cividale, di Trieste e dell’Istria. Ha collaborato nelle ricerche archeologiche condotte ad Aquileia, a Grado e soprattutto a San Canzian d’Isonzo, guidando gli studenti del corso di Archeologia cristiana e curando poi il volume in cui sono editi i risultati (I Santi Canziani nel XVII centenario del loro martirio. Sveti Kancijani ob 1799 letnici mučeništva, Gorizia 2005, con G. Toplikar); ha contribuito all’avvio delle Settimane di studio aquileiesi (dal 1970 i poi) e all’edizione dei primi volumi delle «Antichità Altoadriatiche».

Ha fatto parte dei comitati promotori di convegni e di mostre, contribuendo con scritti suoi; per esempio: Maria Teresa e il Settecento goriziano, Gorizia, Provincia, 1982; I Longobardi, Milano, Electa, 1990; Ori e tesori d’Europa, Milano, Electa, 1992; Patriarchi. Quindici secoli di civiltà fra l’Adriatico e l’Europa Centrale, Milano, Skira, 2000; Floriano di Lorch, Milano, Skira, 2004. Ha partecipato e tenuto relazioni in vari Congressi scientifici, oltre che ad Aquileia e in altri centri altoadriatici (Cividale, Concordia, Gorizia, Grado, Padova, Pordenone, Tolmezzo, Treviso, Trieste, Udine, Venezia), a Barcellona, Bari, Catania, Como, Cortona, Innsbruck, Lubiana, Milano, Modena, Pavia, Pesaro, Pisa, Ravenna, Roma, Salonicco, Spoleto, Vienna. È stato socio di accademie e di istituzioni culturali, tra le quali la SAZU di Lubiana, la Deputazione di Storia patria per il Friuli e quella per la Venezia Giulia, della quale è stato presidente dal 2000 al 2007; è stato direttore responsabile del periodico «Quaderni Giuliani di Storia», il Circolo fotografico Isontino; ha fatto parte parte del comitato di redazione di periodici come «Memorie Storiche Forogiuliesi», «Acta Historiae Artis Slovenica», «Ce fastu?», «Studi Goriziani», «Borc San Roc» ed ha collaborato al settimanale diocesano Voce Isontina sin dalla sua fondazione nel 1964.

Hatenuti molti corsi e lezioni presso le comunità e le scuole italiane in Istria, da Capodistria a Pola e da Parenzo a Fiume, con visite a centri italiani come Aquileia, Cividale, Verona, Ravenna e Roma. Altri corsi ha tenuto a Villa Manin di Passariano e a Gorizia per restauratori, catalogatori e guide. Gli sono stati conferiti riconoscimenti e premi, tra cui il premio “Fonda Savio” (1977), il premio “Epifania” (1980), il premio “Sant’Ilario”- Città di Gorizia (2007) e la Commenda di San Silvestro Papa (1985) e quella dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2008).

 

 

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19 Febbraio 2025