Te Deum al Signore del tempo
L’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale la solenne liturgia conclusa dal canto del Te Deum il 31 dicembre. Di seguito l’omelia pronunciata nell’occasione da mons. Redaelli
31-12-2015

364 giorni fa abbiamo iniziato il nuovo anno con una celebrazione eucaristica che prevedeva le stesse letture proclamate nella liturgia di stasera.

Riascoltando in particolare il primo brano con la benedizione di Aronne – «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» – può nascere spontanea la domanda: quest’anno è stato realmente sotto la benedizione di Dio? Ricordando poi che il primo giorno dell’anno è dedicato a Maria Madre di Dio, la domanda può avere un’aggiunta: quest’anno è stato protetto da Maria, Madre di Dio e Madre nostra? Se, infine, facciamo attenzione al fatto che da moltissimi anni capodanno è anche la giornata mondiale della pace, la nostra domanda ha un ulteriore completamento: quest’anno 2015 è stato un anno di pace?

Si tratta di interrogativi importanti, da farsi prima di innalzare il Te Deum di ringraziamento, anche per evitare che questo canto rivesta solo una funzione retorica e abituale: a fine dell’anno c’è il Te Deum, come c’è il cenone, come c’è il discorso del presidente della repubblica, i fuochi artificiali al castello e la festa in piazza Vittoria. Tutte cose interessanti e con il loro significato. Ma se vogliamo dare contenuto e soprattutto verità al nostro inno di ringraziamento a Dio, occorre che prendiamo sul serio le domande che ho formulato. Per fare questo, è indispensabile che ognuno di noi imiti in qualche modo Maria, che – afferma il Vangelo di oggi – «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».

Dobbiamo cioè saper trovare qualche momento di silenzio per ripensare davanti al Signore nel nostro cuore all’anno in conclusione. E’ importante: il nostro rischio, soprattutto oggi, è quello di lasciarci prendere da tante cose, da tante emozioni, da tanti sentimenti, da tante occupazioni e di non avere mai un momento per pensare e riflettere su ciò che ci sta attorno, su ciò che ci accade, su noi stessi, sul mondo e su Dio. Il tempo così scorre via velocemente, ci sguscia tra le mani come un’anguilla e ci troviamo quasi senza accorgercene da un anno all’altro senza capire, senza gustare o anche senza soffrire ogni giorno con la consapevolezza della sua unicità che ci è donata. Troviamo allora un po’ di tempo per chiederci se quest’anno è stato sotto la benedizione del Signore, se è stato protetto da Maria, se è stato un tempo di pace. Quanto alla benedizione di Dio e alla protezione della Madonna, sono certo che la risposta di ciascuno di noi, pur diversa nei contenuti, si può articolare in tre livelli. Anzitutto, guardando all’anno che si conclude, possiamo certamente individuare tante realtà e situazioni dove abbiamo sperimentato la benedizione del Signore e la vicinanza di Maria in modo chiaro e consolante. Pensiamo al dono della vita, del tempo, della salute, degli affetti, delle amicizie, … Possiamo poi riandare con la mente anche gli avvenimenti belli: una festa, un anniversario, una nascita, un incontro, una vacanza, un successo sul lavoro, un riconoscimento, una nuova amicizia, ecc.

Ci sono poi state probabilmente situazioni non facili, che però si sono risolte per grazia di Dio e l’intercessione di Maria: una malattia sconfitta, un lavoro trovato dopo un periodo di disoccupazione, un’amicizia rinsaldata dopo un momento di crisi, una difficoltà di un figlio o di un nipote finalmente superata… Anche in tutto ciò abbiamo sperimentato la benedizione.

Probabilmente per ognuno di noi ci sono state però – e forse permangono – situazioni di difficoltà, di oscurità, di crisi: una malattia non risolta, un lutto che ci ha colpito, una crisi coniugale nostra o di qualche nostro caro, una perdita di lavoro, ecc. Anche in tutto ciò c’è stata la benedizione del Signore? E dove è andata Maria con la sua protezione materna? Anche per queste realtà dobbiamo cantare il Te Deum o saremmo per questo falsi e con gli occhi chiusi sulla realtà?

In questo caso ci devono soccorrere le tre virtù fondamentali del cristiano: la fede, la speranza, la carità. La fede, che ci fa dire che il Signore c’è anche quando non lo vediamo e non lo sentiamo vicino e che la sua benedizione provvidente non viene mai a mancare anche quando non la percepiamo. La speranza, che tiene viva la convinzione che tutto si risolverà per il bene, che il Signore anche nei momenti bui non cessa di avere in mano il bandolo di quella matassa intricata che è la nostra vita e, ancor di più, la storia dell’umanità. La carità o l’amore, non il nostro ma quello di Dio, un Dio che ci ama fino al punto di farsi piccolo bambino a Betlemme e, soprattutto, di dare la sua vita sulla croce.

Analogo discorso possiamo fare circa la pace. Quest’anno ha visto qualche segno di pace e di riconciliazione tra i popoli (pensiamo, per esempio, al rasserenarsi delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, anche grazie alla mediazione di papa Francesco); ha assistito anche all’allentamento di qualche situazione di crisi tra gli stati (per esempio, quella tra Venezuela e Colombia); ma, purtroppo, ha registrato ancora molti conflitti e l’acuirsi in particolare di quello nel Medio Oriente con gli annessi episodi di terrorismo. Ha avuto proprio ragione papa Francesco quando qui da noi a Redipuglia, più di un anno fa, ha parlato di una terza guerra mondiale combattuta a pezzetti. Possiamo cantare il Te Deum per questo? O dobbiamo rinunciarvi? Dobbiamo continuare a cercare la pace o dobbiamo dare per ovvia la guerra? Gli uomini sono chiamati tutti a essere figli di Dio in Cristo, come ci insegna la seconda lettura, e a trovare in Cristo la riconciliazione e la pace, o la guerra e la violenza sono inevitabili e si possono paradossalmente sconfiggere solo con la guerra e la violenza?

Si tratta di domande con cui confrontarsi alla fine di quest’anno aiutati dalla Parola di Dio. Ma vorrei offrirvi anche un’immagine, che potete andare a vedere, se volete, facendo una gita fino a Muggia Vecchia ed entrando nell’antica Chiesa di Santa Maria Assunta. Nella navata di destra è affrescato san Cristoforo con in braccio il Bambino Gesù. C’è un particolare curioso: il Bambino ha in mano qualcosa. Di solito nei dipinti analoghi, Gesù Bambino tiene in mano il globo della terra, per indicare che Lui è il Re del mondo. A Muggia, invece, ha in mano una clessidra: Lui è il Re del tempo.

Qualunque sia allora la nostra verifica dei dodici mesi trascorsi, qualunque siano le risposte alle varie domande che ci siamo posti, non temiamo di affidare l’anno che si chiude alla misericordia di Colui che è il Signore del tempo, il Signore del mondo: dia senso a tutto ciò che abbiamo vissuto e lo trasformi in grazia.

† Vescovo Carlo