"Redenti da una morte non dignitosa"
Nella serata di venerdì 14 aprile, l'arcivescovo Carlo ha presieduto la Via Crucis del decanato di Gorizia da piazza Vittoria al Castello
14-04-2017

Venerdì scorso, una settimana fa, andando in ospedale per la celebrazione della Messa in preparazione delle feste pasquali, ho trovato il cappellano molto sconvolto. Avevano infatti appena portato in ospedale, accompagnato dalle forze dell’ordine, il corpo di un uomo morto suicida trovato in casa dopo diversi giorni. Purtroppo nella nostra città non mancano casi né di persone che muoiono sole e abbandonate e vengono trovate senza vita a distanza di tempo, né casi di suicidio. P. Valentino mi diceva: dove sono le parrocchie, le comunità parrocchiali? Dov’erano i vicini? Possibile che nessuno si accorga di niente? Sono domande pesanti che tutti ci interpellano. Siamo in una società di persone sole, dove sembra progressivamente prevalere l’individualismo, la chiusura.

Quello che preoccupa di più è il fatto che il massimo che la nostra società sembra offrire a chi è nella sofferenza e nella disperazione sia una cosiddetta morte dignitosa. Non voglio qui entrare nei casi di cronaca – che comunque riguardano persone che vanno rispettate – né nei dibattiti politici. Però mi colpisce che non si riesca a offrire più che una morte dignitosa. Come mi impressiona il fatto che qui, 100 anni fa, da una parte e dall’altra, la proposta era quella di fare una morte valorosa, gloriosa in battaglia.

Mi domando: ma io desidero una morte dignitosa? Mi va bene una morte gloriosa? A dir la verità io non desidero nemmeno la morte. Io, e penso tutti voi, desideriamo la vita. Siamo fatti per la vita. Vorremmo che tutto ciò che è vivo, buono, vero, bello non finisca mai. Desideriamo nel profondo del cuore che l’amore ricevuto e quello dato, pur nella nostra fragilità e limitatezza, durasse per sempre. Non si può amare solo fino a… L’amore ha dentro di sé l’eternità.

Qual è allora una risposta a questo desiderio, a questo anelito che abbiamo dentro di noi? Se abbiamo percorso stasera il cammino della croce significa che abbiamo intuito che qui possiamo trovare una risposta. Una risposta non facile, non consolatoria, non semplicistica. La risposta è la croce. Una morte tutt’altro che dignitosa, tutt’altro che gloriosa. Gesù non ha avuto una morte dignitosa, né gloriosa: è stato condannato, vilipeso, frustato, torturato, sputacchiato, inchiodato, esposto nudo al ludibrio peggio di uno schiavo… No, non ha fatto una morte bella.

Ma proprio per questo non ci chiede di essere bravi, perfetti, santi, né di avere un destino pieno di dignità e di gloria. Lui è vicino a tutti, a tutte le vite, a tutte le morti forti e coraggiose o tragiche e umilianti. Lui è sceso negli inferi del nostro male, del nostro peccato, del nostro nulla. L’immaginetta di questa Pasqua vuole ricordarci proprio questo. Riprende una tradizione molto forte nell’oriente cristiano dove le ore tra il pomeriggio del venerdì santo e il mattino di Pasqua non sono un tempo vuoto, ma sono il momento in cui Gesù non solo ha condiviso la nostra tomba, ma è sceso agli inferi per cercarci e per salvarci. E’ venuto a strapparci dalle tenaglie del mostro che ci vogliono rinchiudere e frantumare. Con il braccio della sua croce impedisce che il mostro del male e del peccato – quel mostro che molto spesso è più dentro di noi che fuori… – ci inghiotta per sempre. Molto bella la strofa dell’inno di Efrem il siro che trovate nel retro dell’immaginetta: «Colui che disse ad Adamo “Dove sei?”, è sceso agli inferi dietro a lui, l’ha chiamato e gli ha detto: “Vieni, ti che sei a mia immagine e somiglianza! Io sono disceso dove tu sei per riportarti alla tua terra promessa!”».

C’è una terra promessa dove tutti siamo attesi: ci conduce a essa il Signore Gesù che viene anche oggi a strapparci dalle fauci del mostro. Auguro a tutti in questa Pasqua di sentirsi cercati e liberati, cercati e amati. Buona Pasqua.

† Vescovo Carlo