Ognuno di noi, a prescindere da chi è da dove si trova, è giustamente preoccupato per le sue cose, per i suoi problemi e quelli della sua famiglia, ma ha anche attese, desideri, speranze che riguardano la sua vita di ogni giorno ma anche il suo futuro.
Penso che però capiti a tutti qualche volta di farsi domande più generali sull’umanità e sul mondo. Che cosa stanno combinando gli uomini e le donne di oggi? Dove sta andando il mondo? Quale sarà il suo destino? C’è qualche speranza per il futuro? per i miei figli, per i ragazzi e i giovani di oggi?
Ci sono periodi della storia, anche non facili (per esempio gli anni del dopoguerra), dove sembra prevalere un atteggiamento di fiducia nel progresso, nella scienza, nell’umanità, … una sensazione di speranza e di positività. Capita qualche volta di vedere alla televisione qualche documentario degli anni ’60 che inneggia al progresso, allo sviluppo della scienza e della tecnologia, alla crescita dei popoli, alle attese dei giovani piene di buone prospettive.
Ci sono invece altre epoche della storia dove prevale il pessimismo, la preoccupazione per il domani, la sfiducia nel futuro, l’ansia per l’oggi. Questi nostri anni sono un po’ così: c’è la crisi economica, c’è sfiducia nelle istituzioni, ci sono in giro per il mondo guerre e terrorismi (papa Francesco proprio qui da noi nel settembre dello scorso anno ha parlato a Redipuglia di una terza guerra mondiale a pezzi e più volte è tornato sul concetto), il clima sembra cambiato irreversibilmente (ci sarà ancora Venezia o la nostra Grado tra un paio di decenni o l’acqua del mare avrà occupato diverse aree costiere?), i giovani non trovano lavoro, ci sono milioni (forse 60 o più) persone che fuggono da guerre, carestie e persecuzioni e cercano rifugio in altri paesi, ecc. Insomma, verrebbe da dire quando si riflette su tutto questo, che è forse meglio lasciar perdere il mondo, che già i propri problemi bastano e avanzano…
Perché ho fatto queste considerazioni oggi, festa di ferragosto e per i cristiani la festa dell’Assunta? Che cosa c’entrano con questa giornata? C’entrano, perché la festa della Assunta è proprio la risposta di Dio alle domande sul futuro del mondo, dell’umanità e quindi anche il nostro perché siamo dentro il mondo e non possiamo scendere (c’è un film degli anni ’70 che si intitolava proprio così: Fermate il mondo … voglio scendere). La prima lettura, con un modo di esprimersi pieno di simboli, utilizza l’immagine del parto. Il parto è qualcosa di doloroso e di travagliato, eppure porta a una vita nuova e giustamente Gesù nel Vangelo di Giovanni usando questa immagine annota: «La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo». E aggiunge: «Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16, 21-22). Il parto è quindi una bella immagine per dire che una situazione di sofferenza, di travaglio verrà superata perché non porta alla morte, ma alla vita, a qualcosa di nuovo e di bello. La donna che partorisce nel brano dell’Apocalisse è Maria, la mamma di Gesù, il vero uomo nuovo, ma è insieme la Chiesa che genera nuovi cristiani e l’umanità che si apre a un futuro finalmente di pace e di serenità.
La donna è minacciata da un enorme drago rosso, che vuole divorare il bambino appena nato. Il drago è simbolo del diavolo, ma anche di tutto ciò che di malvagio e di negativo c’è nel mondo, nell’umanità e anche dentro ciascuno di noi. Il male che distrugge ogni speranza, ogni desiderio di redenzione e di bene. Anche una situazione difficile – come quella del carcere, ma anche la malattia, la crisi del lavoro, ecc. – può essere affrontata con pazienza e coraggio se c’è una speranza, ma se manca questa, allora si soccombe alla disperazione e tutto diventa buio. Sempre la prima lettura dice che Dio interviene contro il male salvando il bambino e offrendo un rifugio alla donna. Dio non è uno spettatore muto e inerme della storia: lascia spazio nel bene e nel male alla nostra libertà – non siamo dei burattini, abbiamo una libertà e una responsabilità -, ma alla fine è lui che tira le fila di tutto e che ci apre alla salvezza. Questa convinzione era molto chiara per san Paolo, come risulta dalla seconda lettura, dove sottolinea che Gesù risorto ha vinto anche l’ultimo nemico dell’umanità, cioè la morte che sembra mettere la parola fine a tutto. Invece Gesù ci apre alla vita, lo ha fatto per la Madonna, lo farà anche per ciascuno di noi: la nostra vita non finisce qui, ma continua presso Dio. Infine il Vangelo, dove è importante la preghiera che la Madonna dice mentre è in visita da Elisabetta. Riflettendo sulla propria esperienza personale, ma anche su quella dell’umanità, Maria loda il Signore perché non solo alla fine, ma già ora ha misericordia di tutti noi e capovolge il modo di pensare e di giudicare tipico del mondo. Sembra che contino i superbi, i potenti, i ricchi e invece Dio si ricorda degli umili, degli affamati, dei servi. Il suo criterio di giudizio è – per fortuna … – diverso dal nostro.
Se ci sentiamo poveri, umili, peccatori, affamati di dignità e di giustizia, allora il Signore già ora si ricorda di noi, già ora ci aiuta e non solo alla fine del mondo, quando finalmente la morte e il male saranno sconfitti. Maria, serva scelta da Dio per essere madre del suo figlio, Maria che si sente povera e umile, Maria che già ora partecipa della vittoria sulla morte di suo Figlio Gesù oggi è per noi segno di speranza e ci permette di vivere già ora un po’ di gioia e di fiducia. Anche perché non è solo immagine di quello che saremo, ma è nostra Madre che ha pietà di noi e ci aiuta con la sua vicinanza e con la sua preghiera.
† Vescovo Carlo