Domenica scorsa 12 aprile festa della divina Misericordia, nel duomo di Monfalcone, l’Arcivescovo Carlo Redaelli ha conferito il Sacramento della Cresima a 38 adulti e ad una di essi anche il Battesimo, provenienti dalle parrocchie di Monfalcone, Staranzano, Ronchi e Cervignano. Di seguito l’omelia del vescovo Carlo.
Con grande gioia celebriamo oggi il Battesimo, la Confermazione e la prima partecipazione all’Eucaristia di una giovane donna e la celebrazione della Confermazione di più di trenta adulti battezzati da bambini (di cui uno per la prima volta riceve la Santa Comunione) provenienti da Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Staranzano, Cervignano.
Una grande gioia non solo per le comunità parrocchiali cui appartengono e per la nostra Diocesi, ma per l’intera Chiesa. Quale gioia più grande di vedere la grazia del Signore che opera nelle persone, che fa sorgere nel loro cuore il desiderio di aprirsi alla salvezza che viene dalla Pasqua di Cristo – dalla sua morte e risurrezione – e che cambia radicalmente la loro vita rendendoli figli del Padre, fratelli di Cristo, tempio dello Spirito e membra vive del Corpo di Cristo che è la Chiesa?
Dobbiamo constatare però che, per una serie di motivi, le nostre comunità, pur da secoli cristiane (o forse anche per questo…), hanno almeno in parte perso la consapevolezza di questa gioia. Da troppo tempo si è dato per ovvio che qualunque bambino o bambina nascesse tra noi diventasse automaticamente cristiano con il Battesimo e che fosse altrettanto ovvio che poi compisse il normale percorso catechistico per arrivare alla Prima Comunione e alla Cresima. Un’ovvietà che ha reso meno evidente la gioia e l’impegno della comunità cristiana nell’accogliere nuovi figlie nuove figlie.
Il fatto che oggi ci sia chi arrivi da adulto al Battesimo o al completamento del cammino dell’iniziazione cristiana con il sacramento della Confermazione, dovrebbe farci prendere più chiara coscienza di quanto non siano mai scontate l’azione della grazia di Dio, l’impegno della comunità cristiana nell’annunciare e testimoniare il Vangelo, la gioia della Chiesa di accrescersi nel tempo e nello spazio. Tutto ciò deve valere in ogni caso, sia quando si tratta di bambini, sia di adulti. Certamente il Battesimo, la Confermazione e la prima partecipazione all’Eucaristia vissuta da adulti, senza far dimenticare assolutamente che il protagonista è sempre la grazia di Dio, rende ancora più evidente l’elemento della fede.
I doni di Dio, infatti, non sono “meritati” da noi – sono frutto della sua grazia e non del nostro impegno -, ma non ci vengono imposti. La grazia di Dio interpella sempre la nostra libertà. Dio, infatti, ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e questo ci rende liberi, persone cioè che hanno in mano il proprio destino, che – pur con tutte le limitazioni e i condizionamenti della vita di ogni giorno – possono e devono decidere della loro vita. Le persone adulte sanno benissimo questo: la sfida che tutti dobbiamo affrontare ogni giorno è proprio quella di decidere su che cosa fondare la nostra vita, in quale realtà trovarne il senso. Gli stessi apostoli che hanno vissuto alcuni anni con Gesù, che hanno ascoltato la sua voce, hanno visto i suoi miracoli, hanno camminato con Lui sulle strade della Palestina, hanno mangiato e bevuto con Lui, … sono stati chiamati a decidere liberamente se credere o no in Gesù. Non sono stati costretti, come ci ha mostrato l’esperienza stessa di Tommaso che il Vangelo di oggi ci racconta.
A maggior ragione è chiamato alla fede chi come noi vive duemila anni dopo Gesù e non può quindi incontrarlo fisicamente, ma può entrare ugualmente in un rapporto personale con Lui. Tre sono i mezzi che oggi abbiamo per incontrare il Signore: il Vangelo, la vita della Chiesa, i sacramenti.
Anzitutto il Vangelo, che non è un raccontino interessante e simpatico della vita di un personaggio originale come Gesù e neppure l’esposizione di una serie di buoni principi per vivere bene. Il Vangelo raccoglie invece la testimonianza di coloro – gli apostoli e i primi discepoli – che hanno vissuto con Gesù, hanno accolto il suo messaggio e hanno sentito la necessità di trasmetterlo ad altri perché altri nel corso dei secoli possano ascoltarlo, accoglierlo, credere e arrivare alla vita. Lo dice chiaramente l’evangelista Giovanni a conclusione del suo Vangelo, come risulta nella finale del brano di oggi: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».
Un secondo mezzo per incontrare oggi Gesù è la Chiesa. Essa è la testimone del Signore risorto, anzitutto con la sua vita prima ancora che con le parole. Già la prima comunità cristiana, come abbiamo sentito nella prima lettura, suscitava ammirazione e stupore per il suo stile di vita: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore». Il modo di vivere dei primi cristiani faceva quindi nascere la domanda: perché sono così? perché si vogliono bene? perché sono contenti? E la risposta era: perché credono in Gesù.
Anche la Chiesa di ogni tempo – pur spesso tra limiti e peccati – e non solo quella delle origini, è stata ed è il segno del fatto che il Vangelo è una parola che cambia la vita, che modifica i rapporti tra le persone, che rende vere parole come pace, giustizia, carità, fraternità. Ciò vale anche per la Chiesa di oggi. Sia per papa Francesco, con la semplicità e immediatezza con cui vive e testimonia il Vangelo, sia per tante persone che in ogni parte del mondo vivono con coerenza i valori del Vangelo pagando anche di persona – c’è qualcuno che anche nei nostri giorni viene ucciso per il solo fatto di essere cristiano –, sia per le nostre comunità parrocchiali che cercano di essere realtà in cui ci si vuole bene, si è attenti ai poveri e bisognosi, ci si prende cura delle famiglie, dei ragazzi e degli anziani, si cerca di vivere l’accoglienza, si vive un rapporto vivo con il Signore.
Una terza realtà in cui incontrare il Signore sono i sacramenti: gesti semplici, voluti da Gesù e affidati alla Chiesa, che usando cose molto comuni – acqua, pane, vino, olio – ci mettono in comunione con il Signore e ci rendono parte della comunità cristiana. Oggi viene appunto celebrato il Battesimo e la Confermazione all’interno della Celebrazione eucaristica. Pur distanti 2000 anni da Gesù, non solo abbiamo motivi veri per credere in Lui, ma possiamo davvero incontrarlo nel Vangelo, nella Chiesa, nei sacramenti, come in quelli che state per ricevere.
Concludo aggiungendo un’ultima cosa importante. Finora ho parlato di voi come di persone che ricevono qualcosa dagli altri e dal Signore. Lo Spirito Santo che vi viene donato nel Battesimo e nella Confermazione non vi rende però solo destinatari di qualcosa, ma vi costituisce cristiani veri che a loro volta, come gli apostoli, devono sapere vivere e testimoniare il loro essere cristiani.
Voi da oggi siete parte attiva e non solo passiva della comunità cristiana. Vedendo voi, come pure tutti i fedeli delle nostre parrocchie, la gente dovrebbe dire: è bello essere cristiani, vale la pena credere in Gesù; il Vangelo è davvero il messaggio che ci rende più veri, più buoni, più belli, più gioiosi… ci rende un’umanità più autentica, più capace di pace e di giustizia, più capace di amore. Così sia.
† Vescovo Carlo