Ma i primi cristiani erano santi oppure no?
Liturgia eucaristica in cattedrale del 1 novembre
01-11-2015

La mattina di domenica 1 novembre, nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità di Tutti i Santi, il vescovo ha presieduto la liturgia eucaristica in cattedrale.

Se vi chiedessi chi sono i santi della parrocchia del Duomo, la risposta ovvia è: i santi Ilario e Taziano. E se vi domandassi chi sono i santi delle parrocchie vicine, la risposta sarebbe altrettanto facile: S. Rocco, S. Anna. S. Ignazio… Ma siamo sicuri che è proprio così?

Se andiamo a leggere le lettere di Paolo, in particolare le prime parole dove si rivolge ai destinatari e le ultime righe che contengono i saluti, ci accorgiamo che l’apostolo si esprime così: “scrivo ai santi che sono a Corinto, ai santi che sono a Efeso, ai santi che vivono a Filippi” e alla fine delle lettere: “vi salutano i santi che sono in casa di Cesare, salutate i santi che si radunano nella casa dei Nereo e di sua sorella Olimpas, ecc.”. San Paolo scrive ai santi? Sembra una cosa strana. Come se facessi la predica rivolgendomi ai santi Ilario e Taziano… Ma chi sono questi santi cui Paolo si rivolge, persone a cui indirizza le sue lettere, uomini e donne cui porge i suoi saluti? Sì, sono proprio i cristiani, i componenti delle diverse comunità. Si chiamavano tra loro santi. Come mai?

Qualcuno potrebbe dire: per forza, erano i primi cristiani, gente che in qualche caso aveva conosciuto direttamente Gesù, appartenevano a comunità guidate non da un vescovo o da un parroco qualsiasi, ma dagli apostoli. Cristiani della prima ora, quindi ancora pieni di entusiasmo. Comunità vivaci e piene di fede, di speranza e di carità e non le nostre comunità spesso un po’ spente e scoraggiate. E’ ovvio che i primi cristiani fossero tutti santi…

Ma se poi andate a leggere le lettere di Paolo inviate a questi “santi”, si scopre che tra di loro c’era gente con comportamenti immorali, che le stesse comunità erano spesso divise tra di loro, c’erano cristiani che commettevano ingiustizie verso gli altri, cristiani ricchi che disprezzavano i poveri, chiese divise tra presunti forti e altri deboli… Insomma, le lettere di Paolo e non solo, pur indirizzate ai ”santi” sono piene di richiami e qualche volta anche di rimproveri duri…

Ma allora i primi cristiani erano santi oppure no? O si erano illusi di essere santi e per fortuna si è poi presto cambiato il linguaggio e ora ci si rivolge ai cristiani chiamandoli al massimo “fedeli” o “fratelli e sorelle” e non certo “santi”? In realtà i primi cristiani erano semplicemente cristiani come noi, con gli stessi entusiasmi, generosità, impegni, … e con gli stessi peccati, pigrizie, lamentele, scoraggiamenti che abbiamo noi. Ma proprio perché cristiani sia loro che noi siamo santi.

Non ci credete? Proviamo a rileggere che cosa scrive l’apostolo ed evangelista Giovanni nella sua prima lettera di cui abbiamo ascoltato un brano nella seconda lettura. Sentite che cosa dice: «Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è». Giovanni ci sta dicendo che noi siamo santi. Sì, perché con il battesimo siamo diventati figli di Dio e che cosa c’è di più santo che essere figlio di Dio? Proprio per questo avevano ragione i primi cristiani a chiamarsi “i santi”. Noi siamo allora già santi, perché siamo già figli di Dio. Lo Spirito Santo ci ha reso tali nel Battesimo e nella Cresima lo ha confermato. L’Eucaristia ci sostiene e ci nutre nel nostro cammino di santità e ci fa entrare nella logica della Pasqua di Cristo, la logica dell’amore e del servizio, del dono di sé.. Il sacramento della Penitenza ci aiuta a riprendere il cammino perdonati e riconciliati. Il sacramento del Matrimonio e dell’Ordine consacrano le diverse vocazioni di ciascuno, il modo che ognuno ha di vivere la sua santità. L’Unzione dei malati rafforza nella lotta della malattia. La Parola di Dio illumina il nostro cammino di santità, di discepoli del Signore. La comunità ecclesiale ci aiuta a sostenerci a vicenda nell’essere corpo di Cristo, unito nel suo amore.

Vedete che siamo santi. E lo siamo anche nelle situazioni che umanamente sembrano lontane dalla santità e fallite. Basta ascoltare quanto proclama il Vangelo delle beatitudini. Gesù non dice che i poveri, gli afflitti, i misericordiosi, i miti, i perseguitati ecc., saranno beati, ma afferma che sono beati. Appunto santi. Ma allora siamo a posto? Siamo già in paradiso? Siamo arrivati? Possiamo riposarci? No, la vita cristiana è un impegno continuo, da affrontare con l’aiuto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Non si tratta però di impegnarci a diventare santi, quanto piuttosto a non perdere la santità che ci è stata donata e piuttosto di arrivare alla pienezza di essa, a quello che saremo che, come dice l’apostolo Giovanni, non è stato ancora rivelato ma sarà qualcosa di bellissimo perché saremo simili a Dio. Il dono che il Signore ci ha fatto di essere cristiani, va infatti, accolto, custodito e fatto fruttificare. Noi siamo liberi, non siamo obbligati a essere figli di Dio, possiamo purtroppo rifiutare in teoria e soprattutto con la vita il fatto di essere santi. Per questo Giovanni aggiunge: «Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro».

Stiamo celebrando l’Eucaristia, che è rendere grazie. Oggi dobbiamo ringraziare per il dono di essere santi. Dobbiamo chiedere di non perdere questo dono, anche invocando l’intercessione dei santi che sono in paradiso, quelli conosciuti, ma anche quella «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» di cui ci parla la prima lettura. Persone come noi, che spesso abbiamo conosciuto e che ora sono nella gloria di Dio, come in nostri cari. Persone come noi, che con i loro limiti, i loro difetti, i loro peccati non hanno però perso il dono di essere figli di Dio, di essere santi e ora sono già nella comunione piena con il Signore.

Ci aiutino con la loro preghiera ad arrivarci anche noi e intanto, qui e oggi, a vivere con gioia il nostro essere santi.

† Vescovo Carlo