Le donne ai piedi della croce
L'Arcivescovo Carlo al termine della Via Crucis cittadina a Gorizia
18-04-2014

Ci vorrebbe una donna a chiudere questa via crucis, che ci ha fatto contemplare il ruolo delle donne sulla via del calvario. Ho detto “il ruolo”: è un’espressione da maschio, funzionale: “ruolo”. Maria ha un ruolo? La Maddalena ha un ruolo? Le altre donne hanno un ruolo? O hanno un cuore, degli occhi, delle mani, dei piedi,… Sono persone e non funzioni, non attori o personaggi. I maschi, sì, che hanno un ruolo, una funzione da difendere, da rivestire. Forse che Pilato non era convinto dell’innocenza di Gesù? Ma aveva un ruolo da ricoprire con la dignità di un funzionario romano e che cosa fa un funzionario romano se non difendere Cesare? Non lo ha detto Lui, che bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare? Non ci si può certo commuoversi di fronte a un caso. Gesù è un caso, non una persona. L’importante è Cesare, è Roma: la ragion di Stato. Ma anche Caifa aveva fatto lo stesso ragionamento, da maschio: «Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: “Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione”. Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”» (Gv 11,47-50). Pilato, Caifa così simili a tanti uomini di potere della storia, fedeli al ruolo, alla funzione. Si dice che qui sulle nostre colline, lungo il nostro fiume, cento anni fa, un generale andasse devotamente a Messa tutti i giorni e mandasse tutti i giorni al massacro migliaia di poveri fanti, fucilandone decine se si rifiutavano di andare all’assalto: il ruolo, appunto… Gli stessi apostoli non sfuggono dalla crisi del ruolo: se Gesù non è il Maestro, non posso più fare il discepolo, devo scappare, salvarmi. Seguivano e persino volevano bene al Maestro, al Profeta, al Messia, non a Gesù. Per questo quando lo vedono catturato, prigioniero, flagellato, denudato, crocifisso lo abbandonano: è solo un pover’uomo, non il Maestro, il Salvatore, il Messia. Le donne che hanno seguito Gesù fino al Calvario hanno seguito Lui e non una immagine di Lui, un ruolo. L’evangelista Marco dice delle donne che osservavano la croce – ma diciamo i loro nomi, perché sono persone concrete: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, insieme a molte altre – che «lo seguivano e lo servivano» (Mc 15,40-41). “Servire” e “seguire” sono esattamente i verbi che definiscono i discepoli. Le donne sono i veri discepoli che non si limitano a essere tali nella vita pubblica di Gesù, ma restano con Lui anche al Calvario. Certo, anche le donne hanno i loro peccati: come sanno amare visceralmente più degli uomini, così sanno odiare visceralmente più di loro. Anche loro sanno tradire, offendere, uccidere. Il peccato non è un’esclusiva maschile. Fin dall’inizio c’è stata una complicità uomo-donna nel non fidarsi del Signore e nell’ascoltare il serpente. Ma al Calvario e anche al sabato santo sono loro che tengono vivo il legame con il Signore, magari solo perché prese dalla pietà verso un morto da onorare, passata la festa. Il mattino di Pasqua quando si recheranno al sepolcro con gli aromi e i profumi verranno premiate incontrando per prime il Risorto e divenendone le prime testimoni. Nel Vangelo di Giovanni, però, non è così. Certo sarà la Maddalena a incontrare per prima il Risorto, ma a seppellire Gesù con profumi e aromi, la sera del venerdì, è stato un uomo, Nicodemo. Un maschio, uno del sinedrio, uno che era andato a ragionare con Gesù di notte (cf Gv 3,1-21) – per non farsi riconoscere e rischiare di perdere così il suo ruolo -, uno che aveva tentato di difenderlo (cf Gv 7,50-52), ma che probabilmente al momento decisivo se ne era stato zitto. Ora che Gesù è morto e che c’è tutto da perdere a mostrarsi suo discepolo, esce allo scoperto con un suo collega, Giuseppe d’Arimatea – annota l’evangelista che questi «era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei» (Gv 19,38) – e va a seppellire Gesù. Porta i profumi per avvolgerlo in bende. Ma c’è un particolare: ne porta 30 chili. Impressionante… Un’esagerazione che solo una donna potrebbe fare, perché il profumo è segno di amore. Un amore senza utilità, perché il profumo non è strumentale a niente, è come i fiori: non serve se non a dire l’amore. Nicodemo è diventato un po’ donna: ha rinunciato al ruolo e davanti a Gesù morto, lui che cercava una verità astratta, ha trovato l’Amato. Che il Signore conceda a noi – uomini o donne non importa – contemplando la sua croce, di innamorarci dell’Amato. Allora come la Maddalena – ricordate il dipinto del Beato Angelico… – accenneremo nel giardino di Pasqua un passo di danza con il Risorto. E sarà festa per sempre.

† Vescovo Carlo