"Le caratteristiche dell'amore"
Omelia nella Messa "in coena Domini" del Giovedì Santo 2017
13-04-2017

Giovedì 13 aprile 2017, alle ore 20, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa “in coena Domini” nella chiesa di S. Ignazio.

 

Il Vangelo di questa sera, con l’episodio della lavanda dei piedi, mi ha fatto riandare con la mente all’esperienza vissuta due settimane fa in Puglia: il convegno annuale delle Caritas diocesane. Giorni molto intensi, ricchi di riflessioni, di testimonianze e di incontri, che mi hanno portato a raccogliere quanto sperimentato in alcune semplici frasi che sintetizzano diverse caratteristiche del bene, dell’amore. Vorrei presentarvele ora, riferendomi in particolare all’amore all’interno delle famiglie, visto che tra poco ripeterò il gesto di Gesù – la lavanda dei piedi – nei confronti di sei coppie di sposi. So che tentare di delineare le peculiarità dell’amore in alcune affermazioni, può far pensare alle frasette stampate sui bigliettini all’interno dell’involucro argentato che racchiude dei famosi cioccolatini o anche a quegli aforismi che ogni tanto arrivano anche a me, soprattutto in occasione delle feste, su WhatsApp o su altri social. Ma ci provo ugualmente, perché a volte alcune semplici frasi illuminano più che tanti discorsi.

Una prima affermazione: “il male è ripetitivo, il bene, l’amore è creativo”. Provate a pensarci partendo dall’esperienza di ciascuno di noi. Io, per esempio – ma penso anche voi… – faccio più o meno sempre gli stessi peccati, gli stessi errori. Anche se guardiamo alla storia dell’umanità, ci rendiamo conto che il male è sempre lo stesso: che sia falsità, odio, vendetta, discriminazione, delitto, guerra, terrorismo,… Cambia solo la tecnologia: una volta inventavano lettere false contro di te, oggi orchestrano una campagna sui social; una volta ti tiravano le frecce, oggi i missili; una volta ti lapidavano, oggi fanno esplodere una bomba e così via. Penso che anche all’interno delle famiglie i litigi, i capricci, le incomprensioni, i pregiudizi, i malumori… sono sempre gli stessi. In fondo da Adamo ed Eva il peccato è tutt’altro che “originale”… Il bene, no: è creativo, inventa sempre qualcosa di nuovo, si adatta, si ingegna. E non solo per fare piacevoli e simpatiche “sorprese” alla persona amata, ma per venirle incontro, per sostenerla, per accoglierla. Ci sono sempre modi nuovi per voler bene, per incoraggiare, per aiutare, per riallacciare rapporti, per perdonare… A volte il problema vero delle famiglie, dei gruppi sociali, persino delle nazioni è che non si sa inventare qualcosa di nuovo: ci si blocca, ci si ferma.

A proposito del fermarsi, vorrei esporre un altro semplice principio: “nell’amore se non si va avanti, non si resta fermi ma si va indietro” . Intendo dire che se non si ha almeno il desiderio di crescere di più, se si pensa di essere arrivati, se si dice: “amo abbastanza mia moglie, mio marito, i miei figli, i miei genitori, ecc. cosa posso fare di più?…”, allora l’amore corre un grave rischio di declinare e di morire. Perché l’amore siamo noi, noi che siamo vivi, che ci nutriamo continuamente, che cresciamo: se ci fermiamo anche nelle cose più semplici – nel respirare, nel mangiare, nel bere, nel dormire, … – moriamo. Lo stesso vale per l’amore. Come è bello quando, celebrando l’anniversario di 50, 60 anni di matrimonio, si vede dal volto sereno della coppia che il loro amore, pur a volte tra tante difficoltà e persino ferite, è cresciuto con loro!

Un’altra caratteristica dell’amore, del bene la esprimerei così: “il bene non ha copyright” , cioè il bene può essere copiato, non ci sono diritti d’autore. Non è forse vero che i bambini imparano l’amore copiando dai loro genitori? E che una coppia affiatata si rafforza progressivamente quasi in una gara d’amore imitandosi a vicenda?

Questa specificità dell’amore si collega a un altro principio: “il male è contagioso, ma anche il bene lo è”. Il male purtroppo è contagioso. Uno si comporta male, allora anch’io penso di poterlo imitare, perché mi fa comodo, e scatta una complicità nel male. Se in un certo ambiente di lavoro tutti rubano, allora rubo anch’io. Se nessuno rispetta il semaforo rosso, allora anch’io passo comunque. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Il male si rafforza giustificandosi a partire dal male dell’altro non solo appunto imitandolo, ma anche trovando un pretesto nel male compiuto dalla controparte per rispondere a mia volta con il male. Lo si impara fin da piccoli: “è stato lui che ha cominciato…”. Questo vale purtroppo anche tra le nazioni: quante guerre trovano giustificazioni e scuse o pretesti nel comportamento dell’altro, che non va lasciato impunito. E così si moltiplica il male. Ma vale anche nel rapporto di coppia e nelle famiglie: scuse buone per litigare, a partire dal comportamento dell’altro, se ne trovano sempre. Il bene, però, a sua volta è contagioso. Non so se è più contagioso del male. Forse no. In apparenza direi che il male è più contagioso, anche perché per rompere la catena del male – magari con un gesto inaspettato di perdono – o anche solo per andare controcorrente in un ambiente ormai corrotto, ci vuole molto coraggio.

Si può allora aggiungere un altro principio: “il male è vigliacco, il bene è coraggioso”. Però se uno ha coraggio, riesce a fare grandi cose, a risvegliare le coscienze, a sbloccare situazioni incancrenite, a ridare fiducia. I santi e le sante e tanti uomini e donne di valore ci sono riusciti.

Un’altra caratteristica dell’amore, del bene, sempre espressa in contrapposizione al male è: “il male domina, il bene serve”. Il male ha sempre una componente di dominio, di sopraffazione dell’altro. A volte non è così clamorosa, è sottile, nascosta. Eppure c’è. Anche nel rapporto di coppia può succedere che una persona vuole sempre essere superiore, essere chi tira le fila, chi ha l’ultima parola. Invece il bene si mette a servizio, non pretende, non giudica, non chiede applausi. Si china a lavare i piedi.

Come Gesù. Finora non abbiamo parlato di Lui. Ma l’amore non lo abbiamo inventato noi, perché Dio è amore. Gesù ha detto a Nicodemo, a quell’uomo che una notte era andato da Lui per conoscere il Messia, per capire: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16) e nell’ultima cena ha aggiunto: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici» (Gv 15,13). Gesù è quindi la rivelazione dell’amore di Dio. Guardando a Lui, soprattutto in questa sera alla vigilia della sua passione dove Lui si è donato a noi nell’Eucaristia, possiamo capire che cosa significa amare.

I principi semplici, ma ritengo veri, che vi ho elencato come spunti di riflessione, e altri che potremmo trovare nella stessa Parola di Dio – penso all’elenco delle caratteristiche dell’amore che san Paolo ha presentato nell’inno alla carità nel cap. 13 della 1 Corinti e che papa Francesco ha declinato in riferimento all’amore nel matrimonio nel quarto capitolo della sua esortazione Amoris laetitia – tutti questi principi e caratteristiche vanno letti riferendoli a Gesù, alle sue parole, ai suoi gesti, alla sua vita, alla sua morte. E’ Lui che ci insegna l’amore. E ce ne svela il segreto con il dono dell’Eucaristia: il Corpo dato, il Sangue sparso. Un dono che già san Paolo – lo abbiamo ascoltato nella seconda lettura – attestava come qualcosa che fin dall’inizio era vissuto in pienezza dalla comunità cristiana.

Un dono che anche noi viviamo con gioia questa sera affinché i nostri poveri cuori divengano capaci di amare, le nostre mani siano strumenti d’amore, i nostri sguardi siano pieni di tenerezza e di amore, le nostre ginocchia si pieghino nel servirci a vicenda a imitazione di Lui, il Signore e il Maestro.

† Vescovo Carlo