La morte è una perdita: perdita della vita per chi muore, perdita di una persona cara per chi resta, perdita di relazioni per gli amici, perdita di pensieri, di lavoro, di progetti, di sogni, di attività, ecc. per la società.
Si cerca allora di minimizzare la perdita: ricordando la persona – anche pubblicamente se ha un rilievo sociale -; conservando fotografie, oggetti, scritti,…; cercando di interpretarne la volontà in una sorta di continuità rispetto a ciò che le stava a cuore (per esempio proseguendo un’attività lavorativa, coltivando un hobby, mantenendo delle conoscenze).
Però la perdita esiste e il passare inarrestabile del tempo la rende sempre più irrimediabile.
Alla luce di ciò, acquistano un significato particolare le parole di Gesù: «questa è la volontà di Colui che mi ha mandato (il Padre): che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno».
Non perdere nulla di chi è stato dato dal Padre a Gesù: quel “chi” siamo noi, affidati a Lui.
Non perdere non solo noi, ma tutto ciò che è parte della nostra vita: Gesù non dice “nessuno”, ma “nulla”. Ricordo quanto detto stamattina nell’omelia circa il paradiso: ciò che ci costituisce come persona – corpo e anima, relazioni, cieli e terra – tutto ciò è destinato al Regno di Dio.
Si parla di risurrezione perché comunque c’è una morte, che resta con tutta la sua tragedia. Penso a chi è stato colpito di recente da un lutto di cui il tempo non ha ancora aiutato a medicare la ferita… Però c’è una vera risurrezione di tutto e non solo di una parte della persona, quella “spirituale”. Da qui la speranza cristiana espressa molto concretamente nel credo di Aquileia: «credo la risurrezione di questa carne».
Tutto ciò ci viene dato per così dire “gratis”? No, è costato a Gesù la morte e la morte in croce. Gesù si è identificato con noi anche scendendo nel sepolcro. Tutte le volte che sono stato in Terra santa, mi ha ogni volta impressionato la cappella che si trova nel sottosuolo della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme dove si vede la nuda roccia. Mi ha sempre fatto pensare al sabato santo: Gesù rinchiuso nelle viscere della terra che va a incontrare i morti, solidale con loro.
Il nostro atteggiamento di oggi deve essere allora di grande fiducia perché Gesù non ha perso né perderà nulla di ciò che siamo e della nostra realtà. Così è perché si è perso Lui al nostro posto.
Dobbiamo allora avere speranza per noi e per i nostri morti e per questo pregare.
† Vescovo Carlo