La speranza cristiana è realista
Omelia del vescovo nella celebrazione provinciale del Ringraziamento a San Rocco di Gorizia
15-11-2015

La chiesa di San Rocco a Gorizia ha ospitato domenica 14 novembre la celebrazione provinciale della Festa del Ringraziamento organizzata dalla Coldiretti di Gorizia. Il rito è stato presieduto dal vescovo di Carlo alla presenza degli agricoltori provenienti da tutti i centri della Provincia. Pubblichiamo di seguito l’omelia di mons. Redaelli.

«Sarà un tempo di angoscia», afferma la prima lettura, e il Vangelo parla di «tribolazione» e aggiunge: «il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte». Sentendo le notizie di questi giorni sembra che tutto questo si stia avverando. In realtà ogni tempo della storia umana è tempo di angoscia e di tribolazione, solo che ce ne dimentichiamo quando non siamo toccati da vicino. Vediamo sì alla televisione azioni di guerra, stragi, fughe di povera gente, …; sentiamo parlare di persecuzioni, di torture, di violenze …, ma quando sono avvenimenti non troppo vicini all’Europa o non riguardano italiani o europei non ci preoccupiamo più di tanto; anzi ci sono realtà di guerra, di violenza e di ingiustizia che non vengono mai nominate dai mezzi di comunicazione, perché dal punto di vista dell’attenzione internazionale non interessano.

La Parola di Dio è invece molto chiara e come sempre ci aiuta a leggere la storia al di là dei nostri comodi schemi. Ci aiuta a interpretarla in una prospettiva realistica e proprio per questo di speranza. Sottolineo il “proprio per questo” e cioè la connessione tra realismo e speranza. Il rischio, infatti, è di essere realisti nel vedere i guai e le disgrazie e di essere sognatori nel parlare di speranza.

No, la speranza cristiana è realista perché non è basata su una favola ma sulla croce di Cristo, sulla sua Pasqua che celebriamo ogni domenica a Messa. Che il Figlio di Dio sia morto in croce ci dice quanto è grande, esteso e profondo il male del mondo. Ma insieme ci dice quanto sia ancora più grande, più esteso e profondo l’amore di Dio. La croce ci rivela il realismo del male, ma insieme il realismo ancora più forte dell’amore di Dio. Ne parla la seconda lettura di oggi, che ricorda il sacrificio definitivo di Cristo per i nostri peccati: «Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio» e l’ autore sacro aggiunge: «Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato». Un sacrificio che diventa anche il giudizio definitivo di Dio. La misericordia, infatti, non è la confusione tra il bene e il male, ma parte da un giudizio preciso che chiama le cose con il loro nome: il bene è bene, il male è male. Ma Cristo si è caricato del nostro male e proprio per questo la croce diventa perdono e salvezza. La misericordia è a caro prezzo, a caro prezzo per Cristo e non tanto per noi: è costata il suo sangue. Siamo quindi in questo mondo, tribolato e angosciato ma insieme pieno di speranza, una speranza vera, realistica, affidabile perché ancorata alla morte e risurrezione di Gesù, la sua Pasqua che diventa anche la nostra. Ciò che ci attesta tutto questo è la Parola di Dio. Per questo Gesù afferma: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». La sua Parola, ascoltata, meditata, pregata – come ho indicato per tutta la nostra comunità diocesana proponendo in particolare il Vangelo di Luca, il Vangelo della misericordia – è ciò che ci aiuta a interpretare il mondo e la storia, a mantenere viva la speranza, ad assumerci le nostre responsabilità.

Tutto quanto detto finora concerne i rapporti tra gli uomini e le nazioni, ma occorre aggiungere che riguarda anche il rapporto dell’uomo con la terra. L’intera creazione partecipa infatti di questa situazione dialettica, insieme di tribolazione e di speranza. Come ci ha ricordato papa Francesco con la sua enciclica “Laudato si’” sulla cura della casa comune, dobbiamo saper leggere con realismo e alla luce della fede i guai che affliggono il creato per colpa dell’uomo – il papa ne elenca molti: inquinamento e cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità, il deterioramento della qualità della vita, ecc. – ma anche tutto ciò che c’è di positivo nel creato e di cui oggi vogliamo ringraziare il Signore.

Con il ringraziamento deve rafforzarsi il nostro impegno, ciascuno secondo le proprie responsabilità, a prendersi cura della casa comune in cui l’intera umanità abita. Papa Francesco parla – ma faccio solo alcuni accenni per invitare a una lettura attenta e approfondita della sua enciclica – di una ecologia integrata, da elaborare in un dialogo con tutti; di assunzione di corretti stili di vita; di educazione all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente; di conversione ecologica; di ecologia della vita quotidiana; di giustizia tra le generazioni; ecc.

Tutto questo va vissuto con gioia e speranza. Mi piace allora concludere questa riflessione con le parole finali dell’enciclica, parole di papa Francesco che basandosi su quella Parola di Dio che non passa nonostante tutti i rivolgimenti della storia, ci offrono una visione di luce: «Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio” (cfr 1 Cor 13,12) e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi della pienezza senza fine. Sì, stiamo viaggiando verso il sabato dell’eternità, verso la nuova Gerusalemme, verso la casa comune del cielo. Gesù ci dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). La vita eterna sarà una meraviglia condivisa, dove ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati. Nell’attesa, ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, camminiamo su questa terra cercando Dio, perché “se il mondo ha un principio ed è stato creato, cerca chi lo ha creato, cerca chi gli ha dato inizio, colui che è il suo Creatore”. Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza» (Laudato si’, 243-244).

Così sia.

† Vescovo Carlo