"La scelta di Qualcuno che da sempre ti ama e da sempre si ricorda di te"
L'omelia pronunciata da mons. Redaelli nel corso dell'ordinazione diaconale di Aldo Vittor a Monfalcone
23-11-2013

«Salva te stesso», «Salva te stesso», «Salva te stesso»: per ben tre volte questo invito viene ripetuto a Gesù., rispettivamente dai capi, dai soldati, da uno dei malfattori appesi come lui a una croce.

Un invito che sembra un’atroce e crudele presa in giro, almeno quello sulla bocca di chi lo ha messo in condizione di non salvarsi inchiodandolo alla croce.

Non è però solo una battuta feroce di chi vuole infierire su un morente, inerme e allo stremo delle forze. C’è di più. Il salvare se stesso viene visto come l’unica ed estrema possibilità per Gesù di dimostrare che Egli è il «Cristo di Dio, l’eletto», è «il Re dei Giudei».

Perché? Perché chi dileggia Gesù ragiona secondo l’ovvietà del sentire umano, dove ciò che alla fine conta per ogni uomo è salvarsi o, detto in termini meno drammatici, affermarsi, realizzarsi, sentirsi riuscito, essere felice, costi quello che costi, anche a spese degli altri. Tu puoi essere il Messia e il Re solo se riesci a salvarti, a vivere, a importi, dimostrando così di essere più forte di tutti.

Poco importa se questo lo realizzi gettandoti dal pinnacolo del tempio, sicuro di essere preso al volo dagli angeli che ti poseranno dolcemente a terra tra gli applausi degli abitanti di Gerusalemme, come ti ha suggerito, inascoltato, il diavolo all’inizio della tua missione (Lc 4, 9-12), o se lo attesti ora staccandoti dalla croce e magari uccidendo chi ti ha crocifisso.

Ciò che conta è che tu provi davanti a tutti di essere il più forte, colui che più di tutti realizza l’insopprimibile anelito di ogni uomo di salvarsi sempre e comunque.

Gesù però non scende dalla croce. Non compie alcun gesto clamoroso. Sta zitto e questa volta neppure risponde come aveva fatto allora con il diavolo, sapendo che il tentatore sarebbe tornato alla carica alla fine (annota infatti il Vangelo di Luca al termine dell’episodio delle tentazioni: «Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato»: Lc 4, 13).

Gesù non si salva, deludendo così anche le attese di uno dei malfattori che gli aveva detto: «Salva te stesso e noi!».

L’altro compagno di condanna, però, capisce. Comprende che proprio non salvandosi quell’uomo lo sta salvando, anzi quell’uomo è veramente re: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».

Il cosiddetto buon ladrone – ma lui stesso riconosce di non essere poi così buono, visto che ritiene giusta la sua condanna – ha intuito il mistero di Dio, che è amore che dona e non ruba, che salva e non si salva, che serve e non domina.

Tutta una logica diversa da quella umana, almeno quella rovinata dal peccato. Perché la logica umana vera avrebbe dovuto essere quella di Dio, visto che l’uomo è figlio di Dio, creato a immagine e somiglianza, chiamato quindi lui pure ad amare, a donare, a servire.

Caro Aldo, tu in questo momento disponendoti a diventare diacono, stai scegliendo la logica di Dio, stai aderendo come discepolo non a un re, ricco e potente, ma a un re crocifisso; non a un signore che si fa servire, ma a un servo che già oggi ti lava i piedi e che un domani, come dice sempre il Vangelo di Luca, ti farà mettere a tavola, tu servo, e passerà a servirti («Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli»: Lc 12, 37).

Ho detto che tu stai scegliendo questo, ma in realtà stai solo accogliendo la scelta di Qualcuno che da sempre ti ama e da sempre si ricorda di te («Ricordati di me…») e ti ha pensato come suo ministro.

Lui ti sta donando il suo Spirito perché tu possa vivere come Lui: servendo e non facendoti servire, donandoti e non chiudendoti nel tuo egoismo, mettendoti a disposizione della realizzazione degli altri e non della tua, ponendoti a servizio di questa Chiesa e, come suo inviato attraverso la tua Comunità missionaria, lì dove sarai chiamato a testimoniare il Vangelo.

Sappi che la logica del peccato non sparisce oggi dal tuo cuore. Sentirai sempre la tentazione di realizzarti, di affermarti, di fare qualcosa di bello per te, di avere successo, di avere qualche applauso…

In certi giorni poi, più bui e tristi, di solitudine, di incomprensione, di aridità spirituale e pastorale – ci sono anche loro -, ti chiederai; “chi me lo ha fatto fare?”; penserai: “non ho diritto anch’io a un po’ di felicità?”; persino protesterai dentro di te: “perché proprio non posso avere una mia famiglia, una mia casa?”…

A nessuno, in qualsiasi stato di vita, diacono, prete o vescovo, religioso o laico, sposato e non sposato, ricco o povero, intellettuale o operaio, ecc. sono risparmiate queste tentazioni: non crederti un eroe per la tua scelta…

Soprattutto non mancherà mai la tentazione radicale di “autosalvarsi”.

Ma c’è la grazia, c’è e ci sarà sempre, che ti sarà conforto, incoraggiamento, perdono.

La grazia che è capace di portare un uomo e una donna – persone normali deboli come tutti – persino al dono di sé nel martirio. E il martirio, anche se è un fatto eccezionale, non può mai essere cancellato dall’orizzonte di vita di ogni cristiano.

La grazia, che spesso avrà il volto di persone semplici e umili alle quali tu crederai di portare qualcosa, ma da cui invece riceverai, inaspettata, una testimonianza incredibile di fede, di speranza, di amore, di dedizione, di pazienza.

Quanta gente ci precede – intendo dire di noi cui è stato conferito il sacramento dell’ordine – sulla strada del Regno e spesso, come ricorda papa Francesco, dobbiamo metterci in coda noi dietro a loro, noi gente di poca fede anche se chiamati a un ministero, ma sostenuti dalla fede del popolo di Dio.

Ma che importa la nostra pochezza, la nostra debolezza se dentro di essa risplende ancora di più la grazia.

E con la grazia, la gioia. Perché sì, è vero, ci saranno momenti bui nella tua vita, ma ci sarà – te lo assicuro – tanta gioia. La gioia segreta e nascosta, che proverai magari quando pregherai alla sera, contemplando e ringraziando per quei segni del Regno, semplici e umili, che avrai visto con gli occhi dello Spirito in una giornata piena e faticosa.

Auguri allora e che la nostra preghiera ti accompagni sempre, con la benedizione del Signore.

† Vescovo Carlo