Nel primo giorno dell’Anno civile (1 gennaio 2020), giorno in cui la Chiesa celebra Maria Madre di Dio e vive la Giornata mondiale per la pace, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa in cattedrale pronunciando la seguente omelia.
Siamo all’inizio dell’anno, un giorno che liturgicamente è dedicato a celebrare Maria come Madre di Dio, ma che da molti anni si caratterizza per essere la giornata mondiale della pace. Oggi si tratta della 53° giornata della pace e anche per oggi il papa ha preparato un messaggio.
Quando è stato pubblicato qualche giorno fa ho pensato: ma non si stancherà il papa di parlare di pace e di non essere ascoltato? In effetti, bastano alcuni dati che prendo dal rapporto SIPRI 2019, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, per vedere come le guerre e la produzione e il commercio delle armi non si fermano, ma crescono di anno in anno. Nel 2018 la spesa militare mondiale ha raggiunto i 1.822 miliardi di dollari, pari al 2,1% del PIL globale o a 239 dollari pro capite, con un aumento del 2,6% rispetto al 2017 e del 5,4% rispetto al 2009. Il volume del commercio delle armi è aumentato del 7,8% tra i quinquenni 2009–13 e 2014–18, raggiungendo il livello più alto dalla fine della Guerra fredda. All’inizio del 2019, nove stati disponevano di circa 13.865 armi nucleari, di cui 3.750 dispiegate e operative. Di queste, quasi 2.000 sono tenute in stato di elevata prontezza. A 100 km da qui, nella base di Aviano, ce ne sono circa una trentina, ma pare che siano in arrivo altre.
Come potete constatare sono cifre che scoraggiano ogni prospettiva di pace globale e duratura. Eppure i papi, da ultimo papa Francesco, insistono nel dare continuamente, e non solo all’inizio dell’anno, messaggi di pace, a presentare richiami molto concreti agli stati e ai popoli e anche a indicare strade per azioni concrete.
Il messaggio di quest’anno si intitola: La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica. Vi invito a leggerlo per intero e mi limito a riprendere solo alcuni passaggi. Citavo prima le bombe atomiche conservate così vicino a noi e nel suo testo papa Francesco fa riferimento a quanto detto nel suo recente viaggio in Giappone, dove è stato proprio a Nagasaki e a Hiroshima e dove ha incontrato gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici: «La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani». Non è quindi l’aumento delle armi, la potenza degli eserciti, la paura della distruzione reciproca ciò che può servire a garantire la pace, ma lo sforzo continuo di – anche queste sono parole di papa Francesco – «perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo».
Quanto scritto dal papa ci porta a riprendere le affermazioni di Paolo nella seconda lettura di oggi. L’apostolo ci ricorda che siamo figli di Dio e che in noi c’è lo Spirito di Gesù che chiama Dio “abbà, padre”. La fraternità tra gli uomini non è un’aggiunta volontaristica o buonistica rispetto alla loro condizione, ma è la realtà della loro natura. Tutti siamo stati creati da Dio, tutti siamo chiamati a essere figli di Dio e fratelli tra di noi. Il Bambino di Betlemme, che i pastori hanno contemplato, è il Salvatore di tutti e non solo di qualcuno. Lui è il re della pace. Chi crede in Lui deve perciò impegnarsi a realizzare la pace, sapendo che la pace è anzitutto dono di Dio che ci viene dato con la sua benedizione, secondo le splendide parole della prima lettura: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».
La pace è dono, ma insieme impegno. E’ un cammino – ricorda papa Francesco – basato sulla memoria, sulla solidarietà e sulla fraternità. E’ un cammino anche di riconciliazione nella comunione fraterna. E’ un cammino infine di conversione ecologica, perché l’abuso della natura, lo sfruttamento indiscriminato e ingiusto delle risorse naturali, possono aumentare le ingiustizie e creare tensioni e guerre.
C’è un punto del messaggio di papa Francesco molto significativo, quello che richiama alla speranza. Afferma il papa: «Non si ottiene la pace se non la si spera». E aggiunge: «Si tratta prima di tutto di credere nella possibilità della pace, di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace. In questo, ci può ispirare l’amore di Dio per ciascuno di noi, amore liberante, illimitato, gratuito, instancabile». La speranza è ciò che impedisce lo scoraggiamento di fronte a ciò che ogni giorno ci presentano i mezzi di comunicazione sociale circa guerre, distruzioni, terrorismo e anche di fronte agli impressionanti dati sulle armi che ho ricordato all’inizio. Sì, vale la pena sperare e che questa speranza ci porti ad agire per la pace nel nostro piccolo, con le nostre limitate possibilità.
Sempre papa Francesco afferma: «la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili». Che il nuovo anno cominci allora sotto la benedizione di Dio e nel segno di una speranza fattiva, concreta. Non scoraggiamoci nel lavorare per la pace, dove e come ci viene chiesto. Sentendoci sostenuti dalla grazia di Dio, dall’impegno di tanti, credenti e non, che comunque condividono la nostra stessa speranza e lavorano per la pace e la giustizia.
Sostenuti anche dall’intercessione di Maria, che oggi veneriamo come Madre di Dio, ma anche madre nostra. Lei – così la definisce papa Francesco a chiusura del suo messaggio – è la «Madre del Principe della pace e Madre di tutti i popoli della terra», per questo chiediamo che «ci accompagni e ci sostenga nel cammino di riconciliazione, passo dopo passo». Ce lo auguriamo a vicenda all’inizio del nuovo anno.
+ vescovo Carlo