La fedeltà è la qualità di chi si attiene agli impegni assunti
L'omelia di mons. Carlo Redaelli in occasione della Virgo Fidelis, patrona dell'Arma dei Carabinieri, celebrata nella chiesa di S.Ignazio a Gorizia
21-11-2012

«Io Giovanni vidi, una porta era aperta nel cielo». Così incomincia la prima lettura che abbiamo appena ascoltato. Che ci sia una porta che si apre su una dimensione che va al di là della nostra vita quotidiana forse non è un nostro desiderio di tutti i giorni.

Nella vita quotidiana tutti si è infatti presi da tante cose per avere tempo per pensare all’aldilà: dal proprio lavoro, che a volte richiede un particolare impegno e concentrazione perché – come nel vostro caso – comporta responsabilità e qualche serio rischio, oppure dalla propria famiglia, dai figli, dalle amicizie, dai propri interessi.

Eppure ci sono momenti nella vita in cui si vorrebbe che ci fosse una porta che aprisse a un’altra dimensione. Sono in genere i momenti più belli – per esempio quando ci si innamora o ci si sposa, quando nasce un figlio, quando finalmente c’è un significativo passaggio di carriera, … – o anche quelli più drammatici: una grave malattia, un lutto, una brutta situazione economica. Si potesse allora aprire una porta per andare al di là delle cose immediate, per capire il senso di quello che stiamo vivendo, per trovare una aiuto, una parola, un conforto,… allora sarebbe – ne siamo certi – diverso. Esiste questa porta? La possiamo aprire?

Certo che esiste, ma non siamo noi ad aprirla dal nostro lato, ma Qualcuno l’ha aperta verso di noi. Questo Qualcuno è il Figlio di Dio che si è fatto uomo, il Signore Gesù. Lui è il Dio che si è fatto vicino a noi, Lui è Dio che è diventato uomo come noi, si è inserito nella nostra vita quotidiana, ha vissuto – pensiamo ai trent’anni di Nazareth – la quotidianità del lavoro, degli affetti, delle amicizie, delle vicende lieti e tristi di una cittadina come era la Nazareth di allora. Per questo è Lui che ci apre la porta sulla dimensione più vera della nostra vita, una dimensione che non è al di là della nostra esperienza quotidiana ma ne è il senso. Non dobbiamo pertanto trovare una porta per fuggire dalle fatiche e dalle delusioni di questa vita, ma una porta per comprendere il senso profondo della nostra vita, del nostro lavoro, dei nostri impegni, dei nostri affetti, dei nostri progetti.

Un modo con cui Gesù ci ha aperto la porta è stato quello di presentarci il Regno di Dio – quel Regno descritto così solennemente dalla visione della prima lettura – parlandone in termini semplici attraverso le parabole. Una di queste è quella contenuta nel Vangelo di oggi. Una parabola facile da capire, quella delle dieci monete, molto simile a quella dei talenti.

Il concetto è chiaro: ognuno di noi ha ricevuto dal Signore una moneta d’oro, cioè dei talenti, dei doni, delle doti, delle capacità. Quello che ci viene chiesto è di impiegarli bene nella nostra vita. Non importa se sono tanti o sono pochi, l’importante è non trascurali, non nasconderli, non gettarli via, ma impiegarli, utilizzarli, farli fruttare.

Chi fa così – ed è significativo il termine usato – è definito “fedele”. Gesù infatti dice a chi ha saputo ben impiegare la moneta d’oro: «Bene servo buono! Poiché ti sei dimostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città».

Ovviamente il potere sulle dieci città è un’immagine, ma dice la sproporzione tra il poco su cui ci si è impegnati – dieci monete – e il molto che si riceve come ricompensa – dieci città. Il Signore è immensamente più generoso di noi e ci ricambia in un modo assolutamente inaspettato. Anche, perché, non dobbiamo dimenticarlo, tutto quello che abbiamo e siamo è dono suo: noi abbiamo solo il compito di accogliere i suoi doni e con il suo aiuto di farli fruttare.

Dicevo che è molto significativo il termine usato da Gesù per indicare l’atteggiamento positivo del servo che mette a frutto la moneta ricevuto: “fedele”. Un aggettivo che ben conoscete, che qualifica la vostra Arma e che identifica la vostra Patrona, Maria “virgo fidelis”.

La fedeltà è la qualità di chi si attiene agli impegni assunti, alle consegne ricevute, alle responsabilità richieste, nella vita quotidiana, ogni giorno, 365 giorni all’anno.

Purtroppo la fedeltà con la sua dimensione quotidiana non va molto di moda oggi, come pure la responsabilità. Siamo in una società dove tutti reclamano, anche giustamente, i propri diritti, ma si dimenticano i propri doveri. Una società dove la responsabilità è sempre degli altri come singoli e come categoria e mai propria. Una società in cui magari si è disponibili a un gesto generoso, compiuto spesso in momento di particolare emozione, ma non a servire gli altri e la società ogni giorno appunto con fedeltà. Si pensa che la fedeltà sia equivalente a qualcosa di noioso; invece ha una sua creatività, perché chiede intelligenza, capacità di reagire tempestivamente alle situazioni nuove, attenzione creativa.

Come dicevo, la fedeltà, così intesa, è una virtù che vi caratterizza e che oggi può diventare un esempio significativo per la società e, in particolare, per i giovani.

Vorrei, però, che non fosse una virtù fine a se stessa, ma tenesse una porta aperta sulla dimensione più profonda della nostra vita: quella che ci mette in relazione con Dio. Dio che è all’origine di tutto, Dio che ci ha donato tutto a cominciare dal nostro essere, Dio che sarà la vera ricompensa per la nostra fedeltà.

Chi ci può aiutare a tenere aperta questa porta è Maria, la “virgo fidelis”. Nella quotidianità della vita di Nazareth, facendo la mamma, la casalinga, la donna inserita nella società di allora – quindi non facendo niente di speciale al di là della vita di ogni giorno – è stata vicina al Signore e ce lo ha indicato come Colui che può venire incontro alle nostre necessità, come è successo nel miracolo di Cana.

Penso sia giusto chiedere a Lei il dono della fedeltà: fedeltà alle proprie responsabilità, ai propri impegni non solo professionali, ma sociali e religiosi. È bello sentirLa vicina nei momenti di fatica, di scoraggiamento. È consolante sapere che è una Madre che si china sulle nostre necessità, che accoglie le nostre implorazioni, che asciuga le nostre lacrime. È qualcosa che riempie il cuore di speranza e di conforto essere convinti che è Lei che accoglie nel Regno di Dio tutti, ma soprattutto chi ha donato la propria vita nel compimento del proprio dovere. È di conforto avere la certezza della sua vicinanza verso chi è provato dal lutto e dalla sofferenza.

Questa Eucaristia che stiamo celebrando sia allora l’occasione per ringraziare il Signore per la sua fedeltà verso di noi e per chiedere alla Vergine Fedele di esserci particolarmente vicina accogliendo il nostro impegno di fedeltà e tutte le intenzioni di preghiera che oggi abbiamo nel cuore.

† Vescovo Carlo