Una brava insegnante di religione mi ha consegnato nei giorni scorsi le risposte che i ragazzi delle sue classi delle superiori hanno dato alla domanda: «Se Gesù Cristo, il Risorto, apparisse a te e ai tuoi amici, che cosa gli chiederesti?». Risposte interessanti. Alcune scanzonate, tipiche dei ragazzi di quella età, ma con una punta di intelligente ironia (una per tutte: “Gli chiederei la carta d’identità, perché fidarsi è bene e non fidarsi è meglio; poi il passaporto, per essere sicuro che non sia un clandestino dato che è di Nazareth”). Altre molto serie: domande sul perché della morte, della sofferenza, della crisi; domande sulla Chiesa e la sua fedeltà a Lui, sulla verità della Bibbia e dei Vangeli; richieste sulla vita: il suo senso, la felicità, la riuscita scolastica, l’immortalità, il perdono; e ancora la voglia di sapere il perché Lui è andato in croce e si è sacrificato per noi. Tutte domande e riflessioni interessanti, che prendono sul serio la verità di Gesù risorto. A questo punto verrebbe spontaneo interrogarsi su che cosa chiederemmo noi a Gesù, morto e risorto. Prima, però, penso sia giusto andare alla ricerca di che cosa è stato chiesto al Risorto da parte di chi lo ha effettivamente incontrato. Ci aiutano i racconti evangelici e gli Atti degli apostoli. Ne facciamo una breve rassegna cominciando dal Vangelo di Giovanni, che abbiamo ascoltato qualche minuto fa. C’è una domanda della Maddalena, qualche versetto dopo quelli letti oggi. Una domanda che rivolge al Risorto, ma senza riconoscerlo, scambiandolo per il custode del giardino: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Un equivoco che viene presto risolto da Gesù che si fa riconoscere chiamando Maria per nome. Se proseguiamo la lettura dell’ultima parte del Vangelo di Giovanni, troviamo poi una richiesta indiretta fatta al Risorto da parte di Tommaso, il discepolo assente durante un’apparizione di Gesù. L’apostolo pone una condizione per credere: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20,25). Sappiamo poi come è andata: di fronte alle piaghe del Crocifisso risorto anche Tommaso arriva alla fede. Quando poi Gesù si manifesta sul lago, l’evangelista nota: «E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore» (Gv 21,12). In realtà è come se Giovanni dicesse: morivano dalla voglia di chiedergli se era proprio Lui, ma non osavano manifestare i loro dubbi. Sempre in quella circostanza, il Vangelo di Giovanni riporta anche la domanda un po’ curiosa di Simon Pietro a Gesù circa il destino dell’altro discepolo, forse lo stesso autore del Vangelo : «Signore, che cosa sarà di lui?» (Gv 21,21). Nel Vangelo di Matteo e anche in quello di Marco non ci sono domande esplicite al Risorto. Diverso è il caso del Vangelo di Luca dove, nell’episodio dei discepoli di Emmaus, è presente una loro domanda. Come avvenuto per la Maddalena, anche in questo caso l’interrogativo è rivolto a Gesù, ma senza che venga riconosciuto. I due discepoli lo ritengono infatti un occasionale compagno di viaggio, che stranamente non sa niente di quanto avvenuto in quei giorni a Gerusalemme: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?» (Lc 24,18). Gesù fa finta di non sapere, ma dopo il racconto di quanto successo, ne dà la vera spiegazione utilizzando le Scritture che parlano di Lui e della sua passione e risurrezione. Anche nel secondo libro scritto da Luca, gli Atti degli Apostoli, è riportata una domanda al Risorto, fatta dai suoi discepoli al momento della ascensione: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» (Atti 1,6). Gesù non risponde a tale interrogativo curioso, ma invita ad attendere il dono dello Spirito, che darà forza per testimoniare il Regno di Dio in ogni parte del mondo finché verrà il compimento: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (Atti 1,7-8). Come vedete, non sono molte le domande rivolte al Risorto e sono anche fuori luogo: o basate su un non riconoscimento di Lui o comunque, per così dire, fuori tema. Chissà quali sono le nostre: che cosa vorremmo chiedere al Risorto? Più che su questo, vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che anche Gesù risorto fa delle domande. Sono presenti nel racconto di Luca e in quello di Giovanni. Alcune hanno lo scopo di tranquillizzare i discepoli di fronte alla sua apparizione e di confermare la verità della risurrezione: il Risorto non è un fantasma, ma un uomo che mangia come tutti; non è un altro, ma è lo stesso Gesù che è stato crocifisso e che porta indelebilmente sul suo corpo i segni della passione. Ecco allora che nel Vangelo di Luca, Gesù dice: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24,38-39). E ancora: «Avete qui qualche cosa da mangiare?» (Lc 24,41). Anche nel Vangelo di Giovanni il Signore fa la stessa domanda ai discepoli che si trovano sulla barca a poca distanza dalla riva: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?» (Gv 21,5) e di fronte alla risposta negativa dei discepoli compie il miracolo della pesca prodigiosa. Ci sono invece tre domande del Risorto che hanno un valore particolare. Sono quelle rivolte a Simone, a Pietro, al quale il Signore chiede per tre volte – come per tre volte aveva rinnegato – «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,15-19). Sappiamo che Pietro risponde affermativamente, ma sempre più imbarazzato di fronte alla ripetizione della domanda. La terza risposta è pertanto: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». A quel punto Gesù gli presenta che cosa vorrà dire per lui volergli bene: andare a morire sulla croce. E lo invita a seguirlo. Alla luce di ciò, possiamo concludere dicendo che è giusto per noi, in questa santa Pasqua, rivolgere con libertà al Risorto delle domande, come hanno fatto allora i discepoli e oggi i ragazzi della scuola. Ritengo però che sia importante che tutti rispondiamo alla domanda rivolta personalmente da Gesù risorto a ciascuno di noi, come un tempo sulla riva del lago a Pietro: “Carlo, Mario, Giuseppe, Paolo, …, Maria, Simona, Chiara, Laura, … mi ami tu?”. Una risposta da cui dipende la nostra vita. Una risposta decisiva. Buona risposta, allora, e buona Pasqua.
† Vescovo Carlo