Il Natale in un'altra prospettiva
Omelia nella notte di Natale 2019
25-12-2019

Nella notte del Natale 2019, l’arcivescovo ha celebrato la messa in duomo e pronunciato la seguente omelia.

 

Nonostante la comodità delle mail, degli sms, di WhatsApp, ecc. ci sono ancora degli auguri di Natale che arrivano per posta. Almeno così capita a me. Praticamente tutti gli auguri di questo tipo sono stampati o scritti su biglietti molto belli, che riprendono diversi temi del Natale: la natività, il presepio, gli angeli, l’albero, la stella, ecc.

Tra i tanti che mi sono arrivati nei giorni scorsi uno mi ha colpito in modo particolare, quello inviatomi da Luca e dalla sua famiglia. Luca faceva parte del gruppo giovani che seguivo tanti anni fa a Milano. Era ed è un tipo brillante – mi faceva sempre domande intelligenti e curiose… – e i suoi biglietti, che arrivano puntualmente ogni anno, non sono mai scontati.   Aprendo quello di quest’anno ho letto con meraviglia: “Un augurio di buon Natale da tutti noi da un’altra prospettiva”. A quel punto incuriosito ho richiuso il biglietto, che avevo aperto senza ben guardare che cosa c’era stampato davanti, e mi sono fermato a guardare l’immagine riprodotta. Effettivamente presentava proprio un’altra prospettiva perché riproduceva l’asino e il bue, Maria e Giuseppe e la mangiatoia del Bambino ma da dietro, come se un pittore o un fotografo si fosse messo al fondo della grotta e avesse dipinto o fotografato la scena di schiena. Geniale, no?

Ho pensato di cogliere il suggerimento di Luca e di proporvi questa notte non di guardare il presepe, Maria, Giuseppe, Gesù bambino, l’asino e il bue, ma di sentirsi guardati da loro.

Chi hanno visto allora, duemila anni fa? Ce lo dice il Vangelo: dei pastori, meravigliati e stupiti, arrivati fin lì su invito dell’angelo. Pastori probabilmente con in mano delle fiaccole che illuminavano la notte, ma anche con dei doni: del latte, del formaggio, un agnellino. Tra di loro sicuramente degli uomini robusti, col viso bruciato dal sole, abituati a passare lunghe notti a custodia del gregge, sotto le stelle d’estate o riscaldandosi al fuoco in inverno. Forse con loro anche qualche ragazzo, poco più che bambino – allora si cominciava presto a lavorare –, incuriosito nel guardare quel neonato così simili al fratellino di pochi mesi lasciato a casa con la mamma. Ma sicuramente ci saranno state anche delle donne, quelle che avevano visto arrivare a Betlemme Maria incinta, Lei che non aveva trovato niente di meglio di una stalla per partorire e di una mangiatoia come culla per il Bambino, e si erano prestate per aiutarla ad avvolgere in fasce il neonato.

Questa era la gente che Maria, Giuseppe, il Bambino e l’asino e il bue vedevano venire lì alla grotta. E stanotte, chi stanno vedendo? Noi, noi che siamo qui in chiesa in questa notte santa. Chi siamo noi? Forse se lo stanno chiedendo anche loro da dentro il presepio.

Non siamo i pastori, né le donne di Betlemme. Siamo uomini e donne di oggi, di Gorizia o forse anche dei dintorni, o venuti da fuori per incontrare parenti e amici. Abbiamo diverse professioni o impegni: operai, impiegati, insegnanti, infermieri, medici, agricoltori, militari, studenti, professionisti, ecc. Viviamo in una famiglia o siamo coinvolti, a volte con qualche fatica, in diversi legami e relazioni affettive. C’è chi è in salute e chi sta lottando con malattie, in qualche caso anche gravi. Qualcuno è giovane, molti di noi sono di mezza età o anziani. C’è chi sta attraversando un momento sereno e chi è fortemente preoccupato.

Che cosa ci ha portato qui stanotte? Non certo degli angeli e neppure il solo suono delle campane. Forse la nostalgia? Il bisogno di tornare a un’infanzia felice? La necessità di trovare una luce, un segno di bontà, una speranza? Magari una forte convinzione di fede o forse solo un tenue legame con l’esperienza religiosa di un tempo, quando si era bambini e ragazzi, che ti porta a entrare in una chiesa una volta l’anno almeno la notte di Natale? O forse anche il debito che senti di avere verso i genitori o i nonni ormai defunti, che ti avevano insegnato a dire una preghierina davanti al presepio e a mandare un bacetto a Gesù bambino? Che cosa ci ha condotto qui stanotte? Vorrei che la domanda diventasse personale: che cosa mi ha condotto qui stanotte? E che ciascuno rispondesse con sincerità nel proprio cuore.

In ogni caso il Bambino ci accoglie e ci sorride. Lui comunque ci ama, non è rimasto al di sopra dei cieli a guardarci, ma è venuto – Lui il Figlio di Dio – in mezzo a noi. Uno di noi: con il nostro corpo, il nostro viso, il nostro cuore, i nostri sogni, le nostre speranze, le nostre paure. Uno di noi cui stanotte possiamo con verità, senza ipocrisie e senza maschere, manifestarci per quello che siamo. Lui comunque ci accoglie e ci ama. Lui comunque è quella luce che risplende in mezzo alle tenebre di cui ci parla stanotte il profeta. Lui comunque è quella speranza di cui parla l’apostolo, manifestazione della gloria di Dio. Abbiamo tutti bisogno di luce, di speranza, di amore. In fondo, pure provenendo da cammini personali diversi, siamo tutti venuti qui per questo.

E penso che Maria, la madre, ci dica la stessa cosa che ha detto ai pastori e alle donne. Il Vangelo non ce lo racconta, ma ritengo di non essere lontano dal vero immaginando che abbia sorriso a tutti e abbia detto semplicemente: “grazie, grazie di essere venuto, di essere venuta”. Lo dice anche a noi, a ciascuno di noi.

Come, anche a me che vengo in chiesa solo a Natale? Anche a me che sono un peccatore? Anche a me che so di sbagliare? Anche a me che sono tutt’altro che contento di me stesso? Sì, certo anche a te. Grazie di essere venuto, grazie di essere venuta a contemplare questo Bambino.

Un grazie che ci sembra eccessivo: in fondo è poca cosa l’essere qui stanotte, molto meno impegnativo degli auguri e dei regali natalizi che in questo giorno ci scmbieremo. Ma per il Signore non lo è. Lui sa che se siamo qui è perché abbiamo intuito qualcosa di fondamentale: che c’è un Dio con noi che non ci abbandona. Alla fine è ciò che conta e riempie una vita di speranza, nonostante tutto. Per questo il Bambino ci sorride stasera, per questo Maria ci dice grazie a nome del Figlio, per questo Giuseppe ci osserva compiaciuto.

E l’asino e il bue? Certo ci sono anche loro nel presepe, contenti di essere la povera corte di quel re Bambino. Forse intuiscono che quel Bambino, per mezzo del quale tutto è stato fatto, è il Salvatore non solo del genere umano, ma di tutto il creato. Per questo anche loro ci sorridono.

+ vescovo Carlo