Vorrei offrire tre spunti di riflessione partendo dalla Parola di Dio e dalla festa di oggi.
Anzitutto l’episodio curioso di Davide che non approfitta del caso fortuito che gli mette a portata di spada il re Saul, il re che per invidia lo sta cercando per ucciderlo. Un fatto che può essere interessante per noi sotto il profilo della motivazione che Davide porta per il suo comportamento. Afferma infatti davanti ai suoi che lo spingevano ad agire: «Mi guardi il Signore […] dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore». Davide ha quindi la consapevolezza che il re, a prescindere dal suo comportamento ingiusto e persino irragionevole, è comunque “sacro”.
Non so se è una forzatura rileggere in termini “laici” questa convinzione di Davide, ma mi sembra plausibile farlo nel senso di togliere alle istituzioni pubbliche e a chi ne riveste la rappresentanza qualsiasi forma di “sacralità” (che oggi rischierebbe persino di apparire ridicola), ma non la necessità di essere rispettate a tutela del bene comune. Non si deve “stendere la mano” contro le istituzioni, perché non è demonizzando le istituzioni e minando la fiducia delle persone in esse che si salva il bene di tutti, il valore della democrazia e della partecipazione, il perseguimento della giustizia e la garanzia della libertà. Al contrario, si rischia di compromettere tutto ciò.
Certo, sono necessarie un’attenta vigilanza e una capacità di lettura critica e anche di puntuale contestazione – e in questo la stampa e, in genere, i mezzi di comunicazione sociale, possono avere un ruolo estremamente significativo –, ma occorre anche educare le persone, a cominciare dai giovani, al rispetto e all’impegno verso le istituzioni a tutela del bene di tutti.
Il brano di Vangelo di oggi ci offre una seconda pista di riflessione. E’ un momento importante nella vita di Gesù: la scelta di Dodici, dei sui più stretti collaboratori, di coloro che saranno il fondamento della Chiesa.
Ciò che merita attenzione è il triplice scopo della chiamata dei dodici apostoli: lo stare con Gesù («perché stessero con Lui»), la missione («per mandarli a predicare»), il potere sul male («con il potere di scacciare i demoni»). Sono tre aspetti non solo dell’apostolato, ma della vita stessa della Chiesa: dicono la sua natura più vera, la sua azione più propria.
Tante volte si ha un’immagine distorta o solo parziale della Chiesa. A volte per colpa della stessa comunità cristiana che si perde in ciò che è secondario e dimentica, o quasi, l’essenziale. Non per niente ho sentito la necessità in quest’anno pastorale di proporre una riflessione sulla prima comunità cristiana per rispondere alla domanda “Chi è la Chiesa”.
A volte, però, sono gli stessi mezzi di comunicazione sociale che favoriscono una visione parziale della realtà della Chiesa. Capisco che è più facile presentare, in positivo, l’attività caritativa o, in negativo, i vari scandali. Ed è anche giusto essere istanza critica nei confronti della Chiesa. Ma è importante non dimenticare il riferimento della Chiesa a Cristo, il suo essere per la missione, il suo proporsi come offerta di salvezza a tutti. Bisogna riconoscere che l’attenzione che i media riservano quotidianamente alle omelie di papa Francesco – e quindi al Vangelo – va nella direzione giusta.
Infine ricavo un ultimo spunto di riflessione dal santo di oggi, san Francesco di Sales, un santo estremamente moderno e attuale. In particolare il suo insistere che in ogni condizione, in ogni professione, il credente deve vivere il Vangelo (con la terminologia del tempo il santo parlava di “vita devota”) non scimmiottando la vocazione di altri (per esempio, pretendendo di fare da fedele laico le stesso ore di preghiera dei monaci), ma vivendo in pienezza la propria vita con i suoi ritmi, i suoi impegni, le sue responsabilità.
È un insegnamento che va recuperato da ogni fedele laico – non solo dai giornalisti – ed è oggi particolarmente urgente. Anche perché, spinti dal bisogno connesso alla scarsità dei preti, noi vescovi e preti rischiamo di proporre ai laici come ideale di vita cristiana solo quello di diventare “operatori pastorali”: catechisti, ministranti, operatori della caritas, membri dei consigli pastorali, ecc. e non invece di vivere con pienezza il Vangelo nel mondo: in famiglia, nella società, nella professione, nelle relazioni.
Vivere con coerenza il Vangelo, nella propria vocazione e con le modalità che le sono specifiche, è un dono da chiedere con fiducia, anche stasera, all’intercessione di san Francesco di Sales.
† Vescovo Carlo
