Don Giorgio Giannini: sacerdote della comunione
Omelia nelle esequie di don Giorgio Giannini
04-11-2024

Lunedì 4 novembre 2024, nella parrocchiale di Duino, l’arcivescovo Carlo ha presieduto il rito delle esequie di don Giorgio Giannini.

Nella prima lettura di quest’oggi, l’evangelista Giovanni afferma che «noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è». Siamo quindi figli di Dio e questo lo siamo per sempre, anche in futuro.

La parola fondamentale per ciascuno di noi, anche per don Giorgio di cui oggi celebriamo le esequie, è stata detta nel momento del nostro Battesimo ed è la parola definitiva che neppure la morte può cancellare.

Una definitività che attende ancora la sua pienezza, quando il nostro essere figli si manifesterà in tutto il suo splendore perché rifletteremo finalmente nel nostro volto la stessa luminosità del volto di Dio.

Nel mezzo tra il nostro essere già figli di Dio e il non esserlo ancora nella sua realtà più gloriosa si colloca la morte, un passaggio non facile e doloroso, che anche Gesù ha sperimentato nella sua fatica come ci ha ricordato il passo del Vangelo di Giovanni.

In questo Vangelo l’agonia dell’orto degli ulivi non viene raccontata come negli altri tre Vangeli, ma si fa accenno al turbamento della morte nelle parole di Gesù riportate nel capitolo 12, che precede immediatamente la sua passione: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».

La risposta del Padre – la voce che viene dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!» – non esenta Gesù dall’angoscia della morte, ma afferma che tutto sarà comunque a gloria del nome di Dio, secondo il suo disegno di salvezza. E per questo Gesù, come un seme caduto nel terreno, con la sua morte porta frutto, un frutto di salvezza per l’intera umanità.

Anche la morte del cristiano è destinata a portare frutto non tanto in quanto morte, quanto piuttosto come compimento di una vita vissuta secondo il Vangelo. Questa è stata – certamente con tutti i limiti e le fragilità che ogni uomo porta in sé – la vita di don Giorgio.

E proprio dal Vangelo sottolineerei due aspetti: l’essere una vita donata e non tenuta per sé e il suo essere stata a servizio del Signore. Due elementi che vanno insieme: don Giorgio ha servito il Signore e la Chiesa donando la propria vita e, viceversa, possiamo dire che il suo modo di dare la vita è stato il suo servizio di sacerdote.

A favore del Signore e della Chiesa don Giorgio ha fatto fruttificare, con la grazia del Signore, i tanti doni che hanno caratterizzato la sua persona: tra gli altri l’intelligenza acuta e brillante, la competenza scientifica, la conoscenza delle lingue, la disponibilità all’ascolto.

Ma vorrei in particolare sottolineare la sua disponibilità ad aiutare tutti, la sua generosità verso i poveri a volte persino esagerata o troppo fiduciosa verso chi si rivolgeva a lui. Tutti segni di un vero altruismo, di un dimenticare se stessi per gli altri.

A questo proposito mi ha molto colpito che nelle ultime ore precedenti la morte, quando ero con don Fabio che gli ha dato il sacramento dell’unzione, don Giorgio invece di parlare della sua situazione e di lamentarsi, con la poca voce che aveva mi aveva domandato della mia salute, del mio ministero e si era interessato anche del vescovo di Trieste, di quella Trieste dove era diventato prete nel 1962 e da cui era giunto qui a Duino molti anni fa. Un bel segno di dimenticanza di sé.

Non vorrei, però, trascurare un aspetto prezioso del ministero sacerdotale di don Giorgio qui a Duino: il suo essere stato elemento di comunione, grazie alla sua conoscenza dello sloveno e anche grazie alla sua cordiale umanità, tra i fedeli di lingua slovena e quelli di lingua italiana, godendo della stima e dell’apprezzamento di tutti. E questo con la capacità di valorizzare le caratteristiche specifiche di ciascuna realtà nella sua singolarità, ma nella comunione di un’unica comunità che trova nell’identica fede nel Signore la forza di superare possibili fatiche e incomprensioni per essere segno di unità anche nella società.

Nel Vangelo Gesù afferma qualcosa di molto consolante, che riguarda chi come discepolo si pone al suo servizio: «Se uno serve me, il Padre lo onorerà». Siamo certi che questo è vero anche per don Giorgio: il Padre sicuramente lo onorerà perché ha servito il suo Figlio e il suo Corpo che è la Chiesa.

Sapere questo ci conforta, conforta questa comunità di Duino, il presbiterio diocesano, i parenti e gli amici, le persone che con generosità e competenza sono state vicine a don Giorgio in questi ultimi tempi segnati dalla malattia e tutti coloro che in un modo o in un altro hanno goduto del ministero sacerdotale di questo nostro presbitero che ora affidiamo alla misericordia del Signore.

Il Signore ti accolga e ti onori, caro don Giorgio, perché sei stato suo servitore fedele.

Naj vas Gospod sprejme in počasti, dragi gospod Giorgio, ker si bil njegov zvesti služabnik.

+ vescovo Carlo