E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria.
Che gloria avete contemplato voi pastori di Betlemme in quella notte? Un neonato, posto in una mangiatoia, nato fuori casa, in un paese che non è il suo, tra gente sconosciuta (forse sono stati imprudenti quei giovani genitori, quella donna incinta al nono mese a mettersi in viaggio; certo c’era l’ordine dei romani e come si fa a disubbidire a chi ha la spada in mano?…).
Che gloria avete contemplato, voi donne di Betlemme che avete aiutato quella giovane mamma al cui seno quel bimbo succhiava avido come ogni neonato?
Che gloria avete contemplato, voi antichi sapienti dell’oriente? Un bambino che a causa della vostra venuta (certo non è colpa vostra, ma di Erode…) è stato messo in un pericolo mortale. Siete entrati in una semplice casa accogliente che una giovane coppia dovrà in fretta lasciare per fuggire in un paese straniero.
Che gloria avete contemplato, voi Simeone e Anna, incrociando quella giovane coppia con un piccolo bimbo in braccio alla mamma, lì nell’atrio del tempio? Una mamma spaventata dalle tremende parole del vecchio profeta: quel bambino sarà segno di contraddizione e a lei una spada trafiggerà l’anima.
Che gloria avete contemplato, voi Gioacchino e Anna, nonni di quel bambino di cui ascoltavate emozionati le prime balbettanti parole?
Che gloria avete contemplato, voi bambini di Betlemme giocando con quel compagno in tutto uguale a voi, ballando al suono del flauto le danze del gioco delle nozze e cantando le nenie lamentose del gioco del funerale?
Che gloria avete contemplato, voi dottori del tempio di fronte alle domande di quell’adolescente restato a Gerusalemme all’insaputa dei genitori? Avete visto l’angoscia e la preoccupazione della madre quando finalmente sono arrivati, dopo aver lasciato la carovana lontana un giorno di viaggio.
Che gloria avete contemplato, voi gente di Nazareth quando andavate nelle bottega di Giuseppe e quel giovane, che lavorava abilmente il legno, prendeva con un sorriso le vostre ordinazioni?
Che gloria avete contemplato, voi uomini di Nazareth quando quel giovane si alzava al sabato nella sinagoga per leggere dal rotolo della Scrittura?
Che gloria avete contemplato, voi peccatori che facevate la fila per essere battezzati da Giovanni lì sulle rive del Giordano e lui era in mezzo a voi, uno dei tanti?
Che gloria avete contemplato voi, rudi pescatori di Galilea quando avete camminato con lui, lo avete visto seduto assetato al pozzo, lo avete svegliato, lui spossato e stanco, spaventati sulla barca in tempesta?
Che gloria avete contemplato, voi discepoli, quando si commuoveva di fronte ai malati, ai ciechi, ai sordi, ai muti, ai lebbrosi, alla folla stanca e dispersa come pecore senza pastore?
Che gloria avete contemplato, voi folla di Gerusalemme quando è giunto in città cavalcando un asinello con i bambini che gridavano osanna?
Che gloria avete contemplato, voi soldati del tempio in quella notte oscura quando lo avete catturato nell’orto?
Che gloria avete contemplato, voi illustri uomini del sinedrio quando l’avete giudicato e disprezzato come un bestemmiatore e un uomo da nulla?
Che gloria avete contemplato voi, Pilato ed Erode, vedendo quell’uomo in catene, facendolo flagellare, condannandolo alla croce, rivestendolo di scarlatto come un pazzo?
Che gloria avete contemplato, voi, gente di Gerusalemme vedendolo appeso alla croce tra due malfattori?
Che gloria avete contemplato, voi soldati romani vedendo lui che invocava Elia e moriva gridando?
Tutti voi, pastori, magi, uomini e donne di Betlemme e di Nazareth, dottori del tempio, pescatori di Galilea, gente di Gerusalemme, uomini del sinedrio, Pilato ed Erode, soldati avete visto solo un uomo. Un uomo di carne, con un volto, un cuore, delle mani, delle parole, dei gesti, dei sogni, delle speranze, delle sofferenze,… Un uomo, certo, particolare, ma in fondo ogni uomo è unico.
Solo un uomo? O il figlio di Dio divenuto realmente carne, divenuto in tutto simile a noi tranne che nel peccato? Si può decidere che no: è solo un uomo. Si può decidere comunque di non accoglierlo, lui luce e vita, affascinati dal mistero inquietante delle tenebre.
Ma sentite cosa succede se lo si riconosce, se lo si accoglie, Lui, figlio di Dio diventato uomo: «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Diventare figli di Dio. Niente di meno. E realizzare così pienamente il disegno originario di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza perché fossimo suoi figli. Il figlio di Dio è divenuto uomo perché gli uomini diventassero figli di Dio.
Ma come si fa riconoscerlo e ad accoglierlo oggi? Come si fa a comportarci realmente da figli di Dio? Dove si vede oggi la sua gloria? Ce lo ha detto Lui stesso, quando ci ha svelato che quel giorno ci chiederà: «avevo fame, avevo sete, ero nudo, ero straniero, ero malato, ero in carcere e mi hai dato da mangiare, da bere, da vestire, mi hai accolto, mi hai visitato, sei andato a trovarmi?». Da quando ce lo ha detto con quella pagina evangelica non possiamo più dire: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere?». Perché noi sappiamo bene dove oggi possiamo contemplarlo, dove vedere la sua gloria di Figlio unigenito, dove oggi riconoscerlo e accoglierlo.
A Natale si può e si deve fermarsi a contemplare il bambino nel presepe, ma solo per un momento, solo per imprimerci bene il suo volto, ma poi bisogna uscire e contemplare la gloria del Figlio unigenito nel volto di ogni uomo e di ogni donna, in particolare di chi è povero e bisognoso. Solo così sarà Natale.
Buona contemplazione.
+ vescovo Carlo