Come si è approfondita ed evoluta la fede di Pietro?
Omelia dell'Arcivescovo pronunciata nella basilica di Aquileia in occasione della celebrazione per la chiusura dell'Anno della Fede
24-11-2013

La lettura che abbiamo ora proclamata è parte della liturgia della Parola di questa domenica. Probabilmente l’abbiamo già sentita commentata nelle omelie di oggi. Non vorrei quindi spiegarla a mia volta, quanto piuttosto proporla come il vertice dell’itinerario di fede proprio dell’apostolo Paolo.

Uno dei modi per conoscere maggiormente la Chiesa primitiva, non per mera curiosità storica o per motivi di ricerca scientifica ma per entrare in sintonia con essa ed essere noi sempre più una Chiesa fedele alle origini – ed è questo l’intento della lettera pastorale -, è quello di seguire il cammino di fede dei vari personaggi, a cominciare da Paolo, ma non solo.

Come si è approfondita ed evoluta la fede di Pietro? E quella di Barnaba? Che cammino di fede hanno percorso Timoteo e Tito? E Giacomo? E Aquila e Priscilla?

E’ possibile porci la stessa domanda in termini collettivi: qual è stato l’itinerario di crescita nella fede della comunità di Gerusalemme e quello della Chiesa di Antiochia, di Corinto, di Tessalonica, di Efeso?

Si riesce a rispondere a queste domande solo con una lettura attenta e approfondita degli Atti degli Apostoli, delle lettere e dell’Apocalisse. Anzitutto una lettura integrale – che raccomando a tutti – e poi una lettura trasversale, che segua per così dire un “filo rosso”, per esempio la figura di un apostolo.

Tutto ciò ci deve servire per interpretare poi la nostra fede personale e comunitaria: qual è stato e qual è il mio/il nostro cammino di fede? Quali sono le sue tappe, i suoi progressi, i suoi rallentamenti, le sue acquisizioni? Come mi riconosco/ci riconosciamo in qualche modo nelle persone e nelle comunità del Nuovo Testamento? E ciò sia sotto il duplice versante della fede: quello esistenziale dell’adesione a Cristo e quello dell’approfondimento dei contenuti della fede stessa.

Senza alcuna pretesa di completezza e solo come invito a conoscere e quasi a seguire passo passo l’avventura cristiana di un grande apostolo, vorrei qui accennare all’itinerario di fede di Paolo, che tutti conosciamo almeno a grandi linee.

Il punto di partenza decisivo è ovviamente l’incontro con Cristo sulla via di Damasco. Gli Atti ripresentano il racconto di quell’avvenimento ben tre volte (9,1-22; 22,1-21; 26,1-20) e Paolo vi fa riferimento in diversi luoghi delle sue lettere.

In termini sintetici, possiamo dire che in quell’evento iniziale della sua fede Paolo intuì ciò che poi comprenderà in pienezza solo un po’ alla volta nel corso della sua esperienza di apostolo. Tre sono gli elementi che Paolo colse in quella rivelazione del Risorto.

Anzitutto che il Cristo morto e risorto è il Salvatore: la salvezza viene da Lui e non dalla legge, alla quale Paolo si era dedicato con entusiasmo e dedizione estrema come fariseo e persecutore dei cristiani. Svilupperà questa convinzione nel corso della sua attività apostolica, in particolare sostenendola in un momento di forte tensione ecclesiale sfociata nel concilio di Gerusalemme e approfondendola nella lettera ai Galati e ai Romani.

In secondo luogo, il legame profondo tra Cristo e la Chiesa: perseguitando i cristiani Paolo perseguita Cristo («Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”»: Atti 22,7-8) e solo rivolgendosi alla Chiesa Paolo saprà qual è il cammino che il Signore ha pensato per lui («Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia»: Atti 22,10). Il rapporto tra Cristo e la Chiesa e l’importanza della mediazione ecclesiale verrà approfondito poi da Paolo a Gerusalemme e soprattutto ad Antiochia, dove prenderà avvio la sua missione, e soprattutto dedicandosi con passione alle diverse Chiese, come attestano le sue lettere.

Infine, il suo rapporto personale con Cristo: Lui non è solo il salvatore e il capo della Chiesa, ma è il tutto della sua vita, colui che lo ha «conquistato» (Fil 3,12).

Questa esperienza di fede, che via via matura, guida Paolo nella sua predicazione, che sa adattarsi all’uditorio. Ai Giudei annuncia Gesù come salvatore, presentandolo come il vertice della storia della salvezza; nel dialogare con i pagani, come ad esempio ad Atene, fa invece riferimento alla ricerca del Dio ignoto e all’idea della presenza di Dio nel creato.

Partendo dalla sua esperienza di fede, poi, san Paolo offre indicazioni concrete di vita per le comunità nate dalla sua predicazione o comunque da lui guidate.

Il brano di oggi, tratto dal primo capitolo della lettera ai Colossesi, e il suo parallelo nel primo capitolo della lettera agli Efesini, rappresentano l’ultima maturazione della comprensione del mistero di Cristo da parte di Paolo. L’ultima maturazione della fede a livello non di comprensione dei contenuti della fede, ma esistenziale, sarà invece quella che lo porterà al martirio, all’identificarsi con il dono di sé del Cristo crocifisso.

Nel brano di Colossesi Paolo esplicita, con densi concetti, quanto aveva intuito nel suo primo incontro con Cristo. Afferma anzitutto che Cristo è il senso di tutto il creato. Lo dice con diverse espressioni molto pregnanti: «in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra»; «tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono».

Sapendo poi che anche il mondo è stato rovinato dal peccato dell’uomo, l’apostolo comprende che Cristo è il Riconciliatore: «per mezzo di lui e in vista di lui sono riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli». In Cristo, quindi, tutte le cose sono state create e sono ora riconciliate e destinate alla salvezza.

Ma i primi a essere riconciliati sono gli uomini: in Cristo, quel Cristo che è il senso di ogni cosa, gli uomini hanno la salvezza, perché per mezzo di Lui «abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati». Per questo Egli è il «primogenito di quelli che risorgono dai morti» ed «è anche il capo del corpo, della Chiesa».

Paolo comprende quindi che Gesù Cristo non è solo il Maestro di Nazareth che ha compiuto miracoli e ha annunciato il Regno di Dio, ma è il Figlio di Dio in cui tutto è stato creato, tutto viene redento e riconciliato; in Lui gli uomini trovano il perdono, possono già vivere nella Chiesa l’inizio della comunione con Dio, sono certi di risorgere dai morti.

Paolo comprende tutto questo e ce lo propone. Nella lettera agli Efesini affermerà: «Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo» (Ef 3, 4).

Avessimo noi questa comprensione… e insieme la stessa fede esistenziale di Paolo: Cristo per Lui è il senso di tutto e proprio per questo è Colui a cui ha donato tutta la vita: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1, 21).

La consegna che vorrei darvi – anzi che vorremo darci – a conclusione dell’anno della fede è allora questa: chiedere il dono dello Spirito affinché ciascuno di noi, e noi insieme come Chiesa, grazie soprattutto all’aiuto della Parola di Dio e alla comunione con coloro che ci hanno preceduto nel cammino del Vangelo, possiamo maturare progressivamente nella fede come comprensione del mistero di Cristo e come adesione vera, vitale e amorosa a Lui nostro re.

† Vescovo Carlo