Nella seconda lettura l’apostolo Paolo pronuncia un’affermazione interessante, su cui vorrei soffermarmi stasera: «quando venne la pienezza del tempo». Che cosa significa?Sembrerebbe che l’elemento da spiegare sia la “pienezza”, mentre il tempo sia la realtà più chiara ed evidente. Non è così. Chi ha studiato a scuola un po’ di filosofia o ha letto qualcosa di questa affascinante branca del sapere umano, sa che la definizione del tempo è una delle questioni filosofiche più irrisolte. Sant’Agostino, grande vescovo, teologo e anche filosofo, nelle Confessioni, il libro dove racconta il suo percorso verso la fede ma anche, nella parte finale, prende in considerazione importanti tematiche teologiche e filosofiche, afferma con umiltà e un pizzico di autoironia: «Che cosa è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so».
Ovviamente non è in questione qui il tempo meteorologico e neppure quello astronomico o quello civile, ma il tempo come viene percepito da noi, una successione di momenti difficile da definire, perché, come scrive Agostino: «Passato e futuro: ma codesti due tempi in che senso esistono, dal momento che il passato non esiste più, che il futuro non esiste ancora? E il presente, alla sua volta, se rimanesse sempre presente e non tramontasse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità. Se dunque il presente, perché sia tempo, deve tramontare nel passato, in che senso si può dire che esiste, se sua condizione all’esistenza è quella di cessare dall’esistere; se cioè non possiamo dire che in tanto il tempo esiste in quanto tende a non esistere?»(Confessioni, XI, 14. 17).
Non mi dilungo sulle riflessioni interessantissime e per certi aspetti insuperate di Agostino a proposito del tempo (le potete leggere nel libro XI delle Confessioni), ma riprendo ancora una sua osservazione che può aiutarci stasera a riflettere al termine di un anno: «È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa» (Confessioni, XI, 21.26).
Il tempo che conta, che di fatto ci interessa, è quello che percepiamo ora dentro di noi. Una percezione che cambia per diversi fattori, compresa l’età. Chi è anziano sa che gli anni passano più velocemente che in passato, non perché si sono accorciati o velocizzati, ma semplicemente perché un anno a 80 anni è solo un ottantesimo della propria esperienza di vita che è il riferimento decisivo per la percezione personale del tempo, mentre se si hanno 10 anni un anno è molto lungo perché è ben un decimo della propria vita.
Vorrei, però, stasera invitarvi non a considerazioni filosofiche o psicologiche, ma ad affrontare la propria interiore percezione del tempo – memoria, visione, attesa, secondo il suggerimento di Agostino – dal punto di vista spirituale, mettendoci cioè davanti a Dio, Colui che, come sottolinea più volte sant’Agostino, sempre nel testo delle Confessioni, è il creatore del tempo.
Domandiamoci allora anzitutto: che “memoria” ho dell’anno che si conclude stasera e che memoria ritengo abbia Dio di questo tempo della mia vita? Per rispondere evitando fretta e superficialità c’è bisogno di silenzio, di raccoglimento per ripercorre quanto è successo quest’anno per ciascuno di noi, quanto abbiamo operato o subito, ma ancora di più per capire come abbiamo percepito tutto nel nostro cuore e, in modo ancora più approfondito, come abbiamo sentito la presenza di Dio dentro lo scorrere dei giorni. Si tratta di una riflessione molto personale, perché ovviamente ognuno di noi ha avuto quest’anno le sue vicende serene e tristi, facili e faticose, semplici e complicate.Però tutti possiamo farci alcune domande: c’è stato Dio nella mia vita o l’ho lasciato in chiesa e in qualche momento di preghiera? Ho intuito nella mia vicenda il filo rosso di una sua provvidenza o mi sono sentito a volte in balia di un destino anonimo e incomprensibile? Almeno ora alla fine dell’anno dovremmo chiedere la grazia di fare nostro l’atteggiamento dei pastori che, come afferma il Vangelo di stasera, «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto», cioè glorificare e lodare Dio per i 365 giorni trascorsi quest’anno e in particolare per alcuni segni speciali della sua presenza nella vita di ciascuno di noi.
E venendo al secondo tempo, il presente – la “visione” dice Agostino –: come mi sento stasera davanti a Dio? Sento comunque vero l’essere suo figlio, sua figlia secondo quanto affermato sempre dall’apostolo Paolo: «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio».
Il percepirsi, il vedersi nel presente come figli di Dio ci dona speranza anche per il terzo tempo, ossia l’”attesa” del futuro, dell’anno che inizia stanotte. Il fatto che sia un anno santo – e anche noi lo abbiamo inaugurato solennemente domenica – dovrebbe aiutarci maggiormente a viverlo sentendo di non essere abbandonati al caso o alle decisioni dei potenti di turno, ma di essere comunque e in ogni circostanza assistiti dall’amore di Dio.
Vorrei concludere tornando al versetto iniziale della seconda lettura da cui sono partito stasera e che ci ha offerto lo spunto per una riflessione sul tempo, un versetto – lo abbiamo appena riletto – che parla di una “pienezza del tempo”. Di quale tempo parla l’apostolo Paolo e di quale pienezza? Del tempo del disegno di salvezza di Dio, un tempo che recupera e dà senso a tutti i tempi, quelli dell’universo, della storia, ma anche al tempo della mia vicenda personale. Questa è la sua pienezza. Il mio tempo, il tempo della mia vita compreso l’anno che sta per chiudersi, è dentro la pienezza del tempo di Dio, un tempo di salvezza, di amore, di misericordia: perché per Dio tutti gli anni e non solo ogni 25, sono comunque santi, hanno comunque un senso.
Anche l’anno che sta per iniziare e che – ne siamo certi – è sotto la benedizione di Dio, quella benedizione pronunciata da Aronne e che la prima lettura ci ha riproposto: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Auguri. Buon anno. Srečno novo leto. Bon principi dal An.
+ vescovo Carlo