“Signore Gesù, ti vorrei parlare in questo Natale della misericordia. Un termine che tutti usano a cominciare da papa Francesco che, mosso dallo Spirito Santo, ha indetto un anno santo della misericordia. Il mondo ha bisogno di misericordia visto come è scosso da guerre, tensioni, terrorismo. Quanta paura e preoccupazione c’è nei nostri giorni. Ma anche quanta corruzione, quanta malvagità, quanta ingiustizia, quanta chiusura nei confronti dei poveri e degli stranieri. Ma anche la Chiesa ha bisogno di misericordia per gli errori e la poca trasparenza evangelica di molti. Papa Francesco non si stanca di chiedere perdono, seguendo del resto quello che aveva compiuto il santo papa Giovanni Paolo II in occasione del grande giubileo del 2000. La Chiesa ha poi bisogno di misericordia perché appare, almeno qui da noi, tante volte stanca e scoraggiata, capace sì di fare analisi sociologiche sul venir meno della fede, ma in affanno nel trovare rimedi validi alla scristianizzazione, a riscoprire la gioia e la semplicità del Vangelo. Anche ciascuno di noi ha bisogno di misericordia, sia singolarmente sia insieme alla sua famiglia o al suo gruppo: siamo feriti, stanchi, sfiduciati. Ben venga allora per tutti la misericordia.
Eppure, Signore, sento dentro di me e attorno a me due resistenze, due obiezioni di fronte alla misericordia.
La prima – mi pesa un po’ doverla riconoscere… – è il fatto che in fondo al mio cuore vorrei non avere bisogno di misericordia. Vorrei essere perfetto o quasi, vorrei essere all’altezza delle tue aspettative verso di me, vorrei un giorno andare davanti al confessore e dirgli: «guardi padre, finalmente non ho niente da confessare, sono diventato un bravo cristiano». Perché – per dirla francamente – aver bisogno di misericordia, Signore, mi dà fastidio. Mi fa sentire inferiore, umiliato. Misericordia, infatti, è sinonimo di “pietà” e indica una relazione sbilanciata: chi ha misericordia non è sullo stesso piano di chi la riceve, ne è al di sopra. E’ il re che, dall’alto della sua magnanimità, ha pietà del suddito. E’ il superiore che ha comprensione e perdono verso l’inferiore che ha sbagliato. E’ il giudice che ha magnanimità e perciò cerca di venire incontro al reo o almeno di attenuarne la condanna. E’ chi sta bene che per compassione si occupa di un malato. E’ chi ha risorse che si fa vicino a un poveretto. E Tu sei il Re, Tu sei il Signore, Tu sei il Giudice, Tu sei il Guaritore, Tu sei l’Onnipotente. Grazie della tua misericordia verso di me, ma … sì, preferirei farne a meno. Scusami se sono sincero con Te fino in fondo, ma voglio presentarti una seconda obiezione alla misericordia. Un’obiezione che sento fare anche a papa Francesco da parte dei cristiani buoni, dei sacerdoti e anche di qualche collega vescovo: va bene la misericordia, ma la giustizia? Va bene il non giudicare, ma la verità? Non è che troppa misericordia può far male, può portare a confondere bene con male, virtù con peccato, legalità con reato? Riconosco che questa obiezione è più facile pensarla in riferimento al nostro atteggiamento verso gli altri che verso noi stessi – dobbiamo proprio aver misericordia di tutti e perdonare a tutti, anche i delinquenti? – però mi sembra un’obiezione seria. La misericordia è a buon mercato?”
Così pregavo oggi pomeriggio in chiesa davanti al presepe e attendevo una risposta alle mie due obiezioni. Guardando in silenzio il presepe mi è sembrato che il Bambino Gesù, sorridente con le braccia aperte, rispondesse così alla mia prima obiezione: “Sì, tu hai ragione. Come ha detto l’angelo a Maria, mia Madre, io sono «il Grande, il Figlio dell’Altissimo, ho ricevuto il trono di Davide e regnerò per sempre e il mio regno non avrà fine» (Lc 1,32-33). Come ho detto a Giovanni nella rivelazione contenuta nel libro dell’Apocalisse: «Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (Ap 1,8). Ma sono diventato uomo, uno come te. Ho voluto prendere parte delle tue debolezze, ho voluto essere provato in tutto eccetto il peccato (cf Ebrei 4,14-15). Sono diventato un bambino indifeso, che ha mendicato la misericordia degli altri. Qualcuno mi ha preso tra le braccia, come Maria e Simeone; anche altri mi hanno accolto, come i pastori e i magi e coloro che, come la profetessa Anna, aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Ma altri mi hanno rifiutato: nessuno ha avuto pietà per una partoriente e per il suo Bimbo appena nato, neppure un angolo nella stanza c’era per noi, per me, solo una mangiatoia. Ed Erode mi ha cercato per uccidermi e nella sua furia omicida non ha avuto alcuna pietà dei miei coetanei di Betlemme. Ho dovuto scappare e cercare rifugio in Egitto. La mia misericordia non è qualcosa dall’alto in basso – io, Dio, signore, potente, giusto ho misericordia di te, uomo, povero, misero, peccatore… -, perché mi sono fatto come te, mi sono messo alla pari di voi, anzi mi sono fatto vostro servo. Sono io che elemosino la tua, la vostra misericordia. Io che ho bisogno degli amici, che chiedo di essere ospitato da Zaccheo, aiutato dal Cireneo. Io che sto fuori dalla porta del tuo cuore e busso. Non aver paura della misericordia e donamela tu stesso”.
Così mi è sembrato che mi parlasse il Signore. Restava però nel mio cuore la seconda obiezione alla misericordia, quella che viene dalla giustizia e dalla verità. Continuavo a guardare il presepe interrogandomi, ma a un certo punto ho alzato gli occhi sopra il presepe: c’era il crocifisso. Ho intuito che la risposta non dovevo cercarla nel Natale, ma nella Pasqua, ricordando che quel Bambino è nato per dare la vita sulla croce. Altro che misericordia a buon mercato…! La nostra salvezza è stata «a caro prezzo» (cf 1Cor 6,20; 7,23). Non un prezzo pagato a un Dio severo che vuole essere risarcito per il nostro peccato; ma un prezzo che è il sangue di Cristo pagato alla presunta nostra giustizia. Perché la misericordia non è contro la giustizia, non confonde il male con il bene, quanto piuttosto trasforma il male – il massimo male, l’uccisione del Figlio di Dio innocente – nel massimo bene: l’amore sconfinato di chi non solo va a cercare la pecora perduta, ma muore per lei. Vorrei invitarvi tutti in questi giorni a fermarvi davanti al presepe e alzare poi gli occhi al crocifisso. A stare in silenzio, contemplando. Potrà essere così un Natale di misericordia, una misericordia compresa e accolta e, proprio per questo, donata poi da noi agli altri. Buon Natale.
† Vescovo Carlo