Solo chi ha speranza genera al mondo figli
Omelia nel santuario della Marcelliana nella memoria della Nascita di Maria
08-09-2020

Martedì 8 settembre 2020, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la nascita di Maria, l’arcivescovo Carlo ha celebrato la messa nel santuario della Marcelliana a Monfalcone pronunciando la seguente omelia.

La festa odierna della nascita di Maria Vergine, mi ha portato per un’associazione di idee a riflettere sul tema della nascita e, in particolare, sul nascere oggi in Italia. La nostra nazione vive, infatti, ormai da decenni una pesante crisi demografica: nascono sempre meno bambini. Sembrava che questo riguardasse solo le famiglie italiane e che invece le famiglie di origine straniera presenti in Italia compensassero con la nascita numerosa di figli la mancanza di nuovi nati. È stato così anni fa, ma ora non lo è più. Anche queste famiglie fanno sempre meno figli. Vi cito solo un dato complessivo: in Italia nel 2019 ogni 100 morti, ci sono stati solo 67 nati, cioè 420.170 in totale, il minimo storico dall’unità d’Italia, cioè dal 1861. Questi mesi di epidemia vedono un peggioramento della situazione.

Quali sono le cause di tutto ciò? Quali i rimedi? E perché in altre nazioni, anche europee, il problema non è così grave come in Italia? Non è semplice rispondere. Esistono motivi sociali, economici, culturali che spiegano almeno in parte questo fenomeno. Nel nostro Paese mancano anche serie politiche familiari, presenti invece in altre nazioni come ad esempio la Francia.

Si possono però trovare motivazioni che spiegano la denatalità anche sotto un profilo religioso? Forse sì. Non sono ovviamente un esperto di demografia, però provo ad accennare a una causa che intuitivamente ritengono decisiva e che ha anche un aspetto propriamente religioso: la mancanza di speranza. Se non si ha speranza, se non si vede una prospettiva per il futuro, se non si crede che la vita ha un valore e ha un significato, se non la si ritiene qualcosa di bello, allora difficilmente si mettono al mondo figli. La cosa si complica per il prodursi di una sorta di circolo vizioso: se è vero che per generare figli occorre avere speranza, è vero anche che i figli che nascono accrescono la speranza in una società. Meno speranza, meno bambini; meno bambini, meno speranza.

Quest’oggi celebriamo una nascita. Una celebrazione di speranza, dunque. La nascita di una bambina speciale: quella di Maria, la Madre di Gesù. Una bambina speciale, ma insieme anche molto simile alle bambine ebree che nascevano duemila anni fa nei villaggi della Palestina. Venivano al mondo in una situazione non facile, anche dal punto di vista sociale e politico. Da secoli, infatti, il popolo di Israele era dominato da stranieri: in quei decenni dai romani. Eppure non aveva smesso di generare figli e figlie. Perché il generare, come ci attesta il brano di Vangelo di oggi, era fondamentale non solo per la sopravvivenza del popolo, ma anche per la continuità di ciò che stava alla base del suo stesso esistere: la speranza del compimento della promessa di Dio, l’attesa del Messia, del Salvatore.

In Maria questa attesa si compie: da lei nasce Gesù, il Cristo. Si compie in continuità con l’aspettativa di secoli e con il succedersi di innumerevoli generazioni, come ci viene attestato dal ritornello insistente del Vangelo: “generò, generò, generò…”. Esiste però anche una discontinuità. Nell’elenco delle generazioni ci si aspetterebbe, dopo i vari “generò” riferiti a uomini da Abramo fino a Giacobbe, il padre di Giuseppe, che si dicesse che Giuseppe generò Gesù; invece si afferma: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». La promessa si realizza quindi per un intervento particolare di Dio, attraverso l’opera dello Spirito Santo, perché risulti che tutto avviene per grazia e non per capacità umana. Certo non prescindendo dall’umanità, dal corpo di Maria, ma anche dal suo cuore da cui è scaturito il sì all’angelo, però anzitutto per grazia.

La promessa trova il suo compimento in Gesù: Lui, il Figlio di Dio, si fa uomo e ci salva. Lui, quindi, è il fondamento della nostra speranza. Lui è il sole che illumina le tenebre dell’umanità. Maria è come l’aurora che precede questo sole, come la stella del mattino illuminata dal sole, perché lei – ce lo ricorda il dogma dell’immacolata concezione – è la prima salvata, redenta fin dal primo istante del suo esistere.

+ vescovo Carlo