Ogni bambino che viene al mondo è un dono
Omelia nell'Epifania 2024
06-01-2024

Sabato 6 gennaio 2024, nella solennità dell’Epifania, l’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale la concelebrazione eucaristica nel corso della quale si è ripetuto il rito della benedizione dei bambini.

La festa dell’Epifania ci invita a riflettere sul “dono” e sui “doni”. Il dono è Gesù, il Bambino che abbiamo accolto e adorato nel Natale.

Ogni bambino che viene al mondo è un dono. Nato talvolta per caso e in contesti difficili; più spesso, almeno qui da noi, desiderato e voluto dai genitori, in ogni caso è un dono. Lo sanno bene i papà e le mamme di questi bambini che oggi sono qui presenti, ma lo sanno anche i nonni, gli zii, i parenti tutti e anche gli amici e i vicini. Diceva Madre Teresa di Calcutta: «Ogni bimbo che nasce ci ricorda che Dio non si è stancato dell’uomo». E proprio per questo potremmo aggiungere che ogni bambino che nasce porta speranza, in particolare nel mondo di oggi, così pieno di incertezze e di paure. Dio non si è stancato e, nonostante tutto, neppure l’umanità.

Anche il Bambino Gesù è stato atteso da Maria e da Giuseppe come un dono. Un’attesa particolare, perché avevano saputo – Maria dall’angelo Gabriele, Giuseppe in sogno – che quel Bambino era speciale, diverso dagli altri bambini, essendo lo stesso Figlio di Dio, concepito da Maria grazie allo Spirito Santo e destinato a essere il Messia promesso, il Salvatore del mondo. E con Maria e Giuseppe lo avevano poi compreso a Natale i pastori e ora, nell’Epifania, i Magi venuti da lontano a cercarlo.

Tutti costoro, però, sapevano pure che Gesù era anche un bambino come tutti i bambini. Il Figlio di Dio è realmente diventato uomo in tutto uguale a noi, cominciando dalla nascita e dalla progressiva crescita verso l’età adulta: se vogliamo sapere dal vivo com’era Gesù Bambino, basta guardare questi bambini per capirlo.

Il Bambino Gesù è però il Salvatore. La festa di oggi sottolinea in particolare un aspetto del suo essere Colui che porta la salvezza: la luce. L’Epifania è una festa di luce. Quanto la luce sia importante, ce lo insegnano proprio i bambini. Si dice che i bambini hanno paura del buio. In realtà non è proprio così: hanno paura più che del buio che le cose della loro cameretta – i loro giochi, i loro pupazzi, l’armadietto, ecc. – spariscano con il venire meno della luce. Hanno paura del nulla. Sembra una cosa da bambini, ma è un’esperienza che contiene una grande intuizione, cioè che la luce dà la vita. Gesù è la luce che dà vita, che dà senso al nostro esistere. Quando i genitori chiedono il battesimo per i loro figli, significa che hanno compreso che Gesù è la luce e che il dono più grande che possono dare al loro bimbo è proprio quello di avere la luce di Gesù, la luce della fede che è donata a chi nel Battesimo diventa figlio di Dio.

Dicevo all’inizio che l’Epifania è la festa del dono e dei doni. Il dono è Gesù: ora comprendiamo perché. Lui, infatti, è Colui che è la luce del mondo, che illumina e dà senso alla nostra vita e alla vita di ogni bimbo, di ogni bimba che nasce. Ma oggi ci sono anche i doni. Sono quelli che, con i Magi, anche noi siamo chiamati a donare a Gesù. Quali possono essere i nostri, quali potrebbero essere oggi l’oro, l’incenso e la mirra da portare al Bambino Gesù?

Provo a rispondere. Un primo dono che potremmo dare a Gesù è qualcosa che oggi è particolarmente prezioso, forse persino più dell’oro, una realtà sempre più scarsa, ma paradossalmente spesso sprecata: il tempo. Tutti abbiamo poco tempo, siamo tutti sempre di corsa, ci manca il tempo per tante cose che siamo chiamati a fare o che vorremmo fare. E insieme spesso lo sprechiamo in qualcosa che non vale: chiacchiere, gossip, immagini, suoni, fantasie, ecc. inutili. Dare a Gesù almeno un po’ del nostro tempo, come stiamo facendo ora qui in Chiesa, restando con Lui: questo è il primo dono che possiamo portargli. Dargli ogni giorno almeno qualche minuto per pensare a Lui, per ascoltare o leggere la sua Parola, per riflettere, per ringraziare, per chiedere il suo aiuto per noi e per i nostri bambini. Ma anche dare tempo agli altri, in particolare a chi ha bisogno di aiuto, a quelle persone in cui Gesù di identifica. Dare tempo agli altri, è un modo concreto per amarli.

Un secondo dono, l’ho appena ricordato, perché è connesso con il tempo, è l’ascolto. Ascoltare quello che Gesù ci dice, la sua Parola, il suo Vangelo. Ma sappiamo che Dio ci parla in tanti modi, anche, per esempio, nel creato, negli avvenimenti, negli incontri. E ascoltare gli altri, i loro bisogni, le loro paure, le loro attese, le loro speranze. Qualche settimana fa, in preparazione a un incontro con adolescenti e giovani, è stato chiesto a diversi di loro che cosa bloccava in loro la speranza. In molti casi hanno scritto: il non essere ascoltati dai genitori, dagli insegnanti e, talvolta, persino dai nonni. Non essere ascoltati, non essere presi in considerazione, non essere capiti: questo è ciò che li fa soffrire. Come è importante – lo dico agli adulti e soprattutto ai genitori presenti – dare tempo e ascolto ai figli e non solo quando è più facile, perché sono piccoli e simpatici, ma anche quando sono adolescenti, magari chiusi in se stessi e scostanti, ma proprio per questo più bisognosi di attenzione e di ascolto paziente.

Concludo indicando un terzo dono, in continuità con i primi due, da offrire a Gesù, ed è l’affetto. Che cosa è l’affetto? Tento una definizione: l’affetto è l’amore a colori. Si può amare in bianco e nero, cioè si può essere devoti a Gesù in modo rispettoso, ascoltando la sua Parola e mettendo in pratica i comandamenti, ma restando un po’ freddi, un po’ lontani. La stessa cosa può succedere con gli altri, che magari si aiutano, si servono con impegno, ma a distanza e senza coinvolgimento. Oppure si può amare a colori, con sentimento, con emozione, con il sorriso, con parole e gesti che manifestano vicinanza, coinvolgimento, appunto affetto. È ciò che dedichiamo spontaneamente ai bambini e di cui hanno particolarmente bisogno, ma lo stesso atteggiamento dovremmo averlo con Gesù e anche verso le persone. Certo, ciascuno di noi, con il proprio carattere, con la propria sensibilità, ma amando affettuosamente il Signore e gli altri.

Tempo, ascolto, affetto: tre doni da dedicare a Colui che è il dono del Padre, a Colui che è la luce del mondo. Ma anche alle persone, a questi bambini, e a tutti coloro che in Gesù sono nostri fratelli, nostre sorelle.

Buona festa.

+ vescovo Carlo

 

(foto Sergio Marini)