In unione d'amore con Gesù
Celebrazione nella festa di Santa Chiara 2020
11-08-2020

Martedì 11 agosto 2020, nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di Santa Chiara, il vescovo Carlo ha celebrato la messa nel monastero Totus Tuus a Gorizia.

I tre brani della Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiutano entrare con profondità nell’esperienza spirituale di Chiara d’Assisi. Lo possiamo fare in modo più completo mettendoli in risonanza con quanto Chiara scrive nelle sue lettere. Vorrei quindi quest’oggi citare alcuni passi di esse collegandoli con la Parola di Dio.

La prima lettura, del profeta Osea, legge il rapporto tra Dio e il suo popolo in termini sponsali. Sappiamo, scorrendo l’intero libro del profeta e non solo questo breve brano, quanto questo rapporto sia stato travagliato eppure saldo, contrassegnato dall’infedeltà del popolo, ma anche dalla tenace fedeltà dell’amore di Dio. L’immagine sponsale, ripresa più volte nella Bibbia fino all’ultimo libro, cioè l’Apocalisse, descrive anche il rapporto tra Cristo e la Chiesa. Un rapporto quindi che coinvolge ogni cristiano. C’è però chi nella Chiesa vive questa relazione sponsale con Cristo in modo molto intenso, diventando con la propria persona simbolo stesso della Chiesa sposa. Si tratta di chi vive la vocazione della verginità consacrata, come Chiara e le sue discepole.

Ed ecco che cosa la santa scrive a questo proposito rivolgendosi a quella che diventerà sant’Agnese di Praga, la figlia del re di Boemia, che volle seguire le orme di Chiara. Nella prima lettera indirizzata ad Agnese, Chiara parla di Cristo, come lo sposo e dice alla sua figlia spirituale«Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità» (Lettera primaFF, 2862). Espressioni molto intense che dicono tutta la forza del rapporto sponsale con Cristo che Agnese e con lei tutte le vergini consacrate sono chiamate a vivere, anche ogni cristiano, qualunque sia la propria vocazione, deve a suo modo realizzare.Gesù è sempre e comunque lo sposo dell’anima credente.

La seconda lettura mette insieme paradossalmente la gloria di Dio che rifulge sul volto di Cristo e perciò nei nostri cuori e il nostro essere “vasi di creta”. Il primo aspetto viene ripreso da Chiara in una sua lettera in cui utilizza l’immagine dello specchio (che per altro anche l’apostolo Paolo adopera nelle sue lettere).

Così scrive nella lettera quarta sempre indirizzata ad Agnese di Praga:  «Felice certamente colei a cui è dato godere di questo sacro connubio, per aderire con il profondo del cuore [a Cristo], a colui la cui bellezza ammirano incessantemente tutte le beate schiere dei cieli, il cui affetto appassiona, la cui contemplazione ristora, la cui benignità sazia, la cui soavità ricolma, il cui ricordo risplende soavemente, al cui profumo i morti torneranno in vita e la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme. E poiché egli è splendore della gloria, candore della luce eterna e specchio senza macchia, guarda ogni giorno questo specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno… In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità» (Lettera quartaFF, 2901-2903). Gesù è il nostro specchio, guardando a Lui, appunto rispecchiandoci in Lui, possiamo capire chi siamo veramente: figli e figlie di Dio creati a sua immagine e somiglianza.

Ma Chiara parla anche del secondo elemento citato dall’apostolo Paolo, cioè della fragilità che tutti ci caratterizza. Lo fa offrendo alla sua discepola delle indicazioni molto umane nella terza lettera: «Siccome non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito, anzi siamo piuttosto fragili e inclini ad ogni debolezza corporale, ti prego e ti supplico nel Signore, o carissima, di moderarti con saggia discrezione nell’austerità, quasi esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata, affinché, vivendo, la tua vita sia lode del Signore, e tu renda al Signore, un culto spirituale ed il tuo sacrificio sia sempre condito col sale della prudenza» (Lettera terza: FF, 2897). Parole molto sagge e prudenti, che invitano ovviamente non alla pigrizia nei confronti delle richieste impegnative che il Vangelo rivolge a ciascuno di noi, che possono esigere anche forti sacrifici, quanto piuttosto a vivere con umiltà e saggezza, consci dei propri limiti e della propria fragilità, quella fisica e anche quella spirituale. Limiti e fragilità da accettare perché il Signore ci vuole bene così come siamo.

Il Vangelo descrive la nostra unione con Cristo, con il suo amore, utilizzando l’immagine della vite e dei tralci. Una unione che Chiara descrive in termini pasquali: l’unione d’amore con Gesù è con Lui crocifisso. Così infatti scrive nella seconda lettera, sempre ad Agnese: “Guarda, o regina nobilissima, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo più volte flagellato, perfino morente tra le angosce della croce: guardalo, consideralo, contemplalo, desiderando di imitarlo. Se con lui patirai, con lui regnerai, soffrendo con lui, con lui godrai, morendo con lui sulla croce delle tribolazioni, possederai con lui le celesti dimore negli splendori dei santi e il tuo nome sarà scritto nel libro della vita e diverrà glorioso tra gli uomini(Lettera seconda: FF, 2879-2880). Dobbiamo essere uniti a Cristo e a Cristo crocifisso e risorto, allora possiamo portare frutto. E il primo frutto è quello di entrare nella sua stessa dinamica pasquale così lontana dalle dinamiche umane: perdendo la vita, la si guadagna; amando e vincendo il proprio egoismo ci si salva.

Quattro suggerimenti ci vengono quindi offerti oggi da Chiara per il nostro cammino di fede: nostro, cioè di tutti, e non solo delle sorelle clarisse cui formuliamo oggi i nostri migliori auguri, in particolare a suor Maria Donata che ieri sera ha compiuto la professione dei voti temporanei. Anzitutto vivere un rapporto d’amore sponsale con Gesù; poi rispecchiarci in Lui per conoscere chi siamo; accettare umilmente le nostre fragilità; e infine entrare nel mistero della sua Pasqua di morte e risurrezione da vivere rimanendo nel suo amore.

Permettetemi di terminare questa omelia con le parole pronunciate da papa Benedetto al termine di un’udienza di 10 anni fa dedicata proprio a santa Chiara:  «Grati a Dio che ci dona i Santi che parlano al nostro cuore e ci offrono un esempio di vita cristiana da imitare, vorrei concludere con le stesse parole di benedizione che santa Chiara compose per le sue consorelle e che ancora oggi le Clarisse, che svolgono un prezioso ruolo nella Chiesa con la loro preghiera e con la loro opera, custodiscono con grande devozione. Sono espressioni in cui emerge tutta la tenerezza della sua maternità spirituale: “Vi benedico nella mia vita e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni con le quali il Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i figli e le figlie, e con le quali un padre e una madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen”» (FF, 2856).  

+ vescovo Carlo