Don Enzo non ha mai abdicato ad essere pienamente prete
Omelia nelle esequie di don Enzo Fabrissin
16-12-2023

Sabato 16 dicembre 2023, l’arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli a presieduto nella chiesa di San Rocco a Turriaco il rito esegui per il sacerdote diocesano Don Enzo Fabrissin pronunciando la seguente omelia.

Ho ascoltato tante volte la prima lettura di quest’oggi in molti funerali cui ho partecipato o anche che ho celebrato. Un brano pieno di speranza, che dà fiducia a coloro che nella vita, pur con i loro limiti e i loro peccati, si fidano del Signore e cercano di vivere secondo la sua volontà. Molto significative le ultime righe: «Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti». Suggestivo il collegamento tra verità, fedeltà e amore, vissuti dal “giusto”, e grazia e misericordia che sono gli atteggiamenti di Dio.

Dicevo che ho ascoltato molte volte questo passo del libro della Sapienza, ma devo dire che oggi lo sento molto pertinente rispetto alla celebrazione che stiamo vivendo: le esequie di un nostro caro sacerdote, don Enzo Fabrissin, che per lunghi anni ha servito questa comunità di Turriaco e, prima, diverse altre della nostra Diocesi in più di 56 anni di sacerdozio. Pertinente perché davvero don Enzo è stato un “giusto”. Certo il giudizio su una persona, fosse anche molto conosciuta come un sacerdote, non spetta a noi, ma a Dio. Però penso che siate d’accordo con me nel ricordare don Enzo come un uomo, un prete, giusto, buono, fedele a Dio e al suo popolo.

Una fedeltà che è l’espressione di una fede forte che diventa perseveranza. Una perseveranza messa a dura prova – saggiatacome oro nel crogiuolo, dice il libro della Sapienza – da una fragilità di salute che ha accompagnato don Enzo per tutta la vita e soprattutto negli ultimi anni.

Diverse malattie che lo hanno provato, ma che don Enzo ha saputo affrontare con fede, fiducia nel Signore e nella cara Madonna e con tantissima pazienza di cui mi sono sempre stupito (ricordo in particolare il tempo della pandemia, già complicato per chi non aveva problemi seri di salute, ma molto difficile per le persone fragili, come don Enzo, costrette a stare chiuse in casa da sole).

Insieme alla forza nel sopportare i guai fisici, il Signore ha dato a don Enzo la grazia di non rinunciare mai a prendersi cura degli altri, in particolare gli ammalati (è stato assistente dell’Unitalsi) e i suoi parrocchiani. Don Enzo non ha mai abdicato a essere pienamente prete. Per questi motivi, ritengo significativo avere scelto come Vangelo il Magnificat di Maria. Un canto di lode e di ringraziamento al Signore che opera grandi cose non solo in Maria, ma in tutti coloro che con Lei accettano di essere servi del Signore e di farsi testimoni di quel Dio che sceglie i piccoli, gli umili, i poveri e fa grandi cose in loro.

Il Magnificat, che proclamiamo ogni sera al vespro, è certo un canto di ringraziamento, ma è soprattutto un programma di vita evangelica, come quella di Maria, che vuole essere alternativo a quello proposto dal mondo. Anche il brano del libro della Sapienza, da cui siamo partiti in questa riflessione, è un programma alternativo. Se andate a vedere nella Bibbia, vi accorgerete che, nel primo versetto della lettura oggi proclamata,la liturgia ha saltato una parola. Abbiamo ascoltato: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà». Ma il testo originale dice: «Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà». Quell’invece è importante, perché collega la sorte dei giusti con quella contraria degli empi, di chi sceglie appunto un programma di vita conforme al mondo. Basta leggere i versetti che precedono e seguono ciò che abbiamo ascoltato, che presentano ciò che pensa chi non crede nel Signore: «La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati […].Venite dunque e godiamo dei beni presenti […] Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano; nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte» (Sap 2,1-2.6-9).

Oggi c’è chi sceglie purtroppo un’impostazione di vita di questo tipo, più spesso chi scivola nell’indifferenza, nella rassegnazione, nel lasciarsi prendere dalle cose di ogni giorno, dalle preoccupazioni, dalle emozioni, dalle immagini, dai suoni che riempiono le nostre giornate e non ci fanno riflettere su ciò che conta. C’è bisogno più che nel passato di persone che vivano il Vangelo e lo testimoniano anche nei momenti difficili, così come ha fatto don Enzo. C’è bisogno di sacerdoti così, di diaconi così, ma anche di fedeli laici che nelle diverse situazioni della vita, con il sostegno dei sacerdoti, scelgano la strada alternativa del Vangelo.

Non è facile, e occorre scoprire qualcosa che ci aiuti a mantenere la fedeltà al Signore. Don Enzo – lo sappiamo – aveva trovato un grande appoggio nell’apostolato della preghiera, di cui era responsabile a livello diocesano (e spero che qualcuno prenda ora il suo posto), e che proponeva con convinzione ad altri. Centrale in esso è la devozione al Sacro Cuore, cui offrire ogni giorno la propria vita. Una devozione che non è qualcosa di sentimentale e romantico, ma è mettere al centro l’intimità più profonda della persona di Gesù, un cuore che ama, che ha misericordia, che palpita per noi. Un cuore inteso nella pienezza della rivelazione biblica ed evangelica. Gesù ha invitato chi si sente stanco e affaticato ad andare a Lui, che è mite e umile di cuore: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28-30). Don Enzo ha trovato ristoro nella sua vita, soprattutto nei momenti più difficili, nel cuore di Gesù, confidando nel suo amore e nella sua misericordia. Ora, ne siamo certi, può vedere il volto di Colui che ha amato e seguito nella sua vita e cantare con Maria il suo personale Magnificat.

Auguro a tutti noi a cominciare dalla sorella, dal cognato e dai nipoti, dai parenti e dagli amici (cui vanno le condoglianze dell’intera diocesi) –, a noi che abbiamo conosciuto e apprezzato questo caro sacerdote, che possiamo trovare dall’esempio dellasua vita e ora dalla sua preghiera, che non mancherà, la forza di seguire il Signore con un programma di vita conforme al Vangelo. Confidando sempre nel cuore misericordioso di Gesù.    

+ vescovo Carlo