Come intuire ciò che Dio vuole dirci?
Omelia nella festa di San Giovanni Bosco 2023
31-01-2023

Nella festa di San Giovanni Bosco, il 31 gennaio 2023, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa nella chiesa di San Giuseppe Artigiano a Gorizia pronunciando la seguente omelia.

Celebriamo quest’anno la festa di san Giovanni Bosco in un periodo dove la Chiesa a tutti i livelli è impegnata in un cammino sinodale. Ricordo, a chi non conoscesse il significato di questa parola, che “sinodo” è una parola ripresa dal greco è vuol dire “camminare insieme”. Papa Francesco ha voluto dare molto rilievo a questo termine volendo sottolineare che la Chiesa, la comunità cristiana non è costituita da persone che cercano di volersi bene, ma stanno ferme, ma da persone che si muovono, che camminano insieme. Ovviamente non per fare una passeggiata o per andare in giro a caso, ma per procedere verso una meta che è il Regno di Dio, la comunione piena con Dio e tutta l’umanità.

Per arrivare però alla fine ci possono essere diverse strade, si possono fare diverse tappe, ci sono molte opportunità. Come indovinare la strada giusta? Questa domanda ci fa comprendere come nel sinodo ci sia molto forte la questione di ciò che si chiama, con una parola un po’ difficile, “discernimento”. Discernimento vuole dire impegno di riflessione appunto per trovare e scegliere la strada giusta e poi per camminare insieme senza sbagliare direzione. Naturalmente anche il discernimento, cioè questo sforzo per cercare la via giusta, fa fatto insieme.

Ho provato a chiedermi se san Giovanni Bosco potesse aiutarci nel cammino del sinodo. Nella sua epoca non si parlava di sinodo, e nella società, ma anche nella Chiesa di dava per ovvio che spettasse a chi ha una responsabilità trovare la strada giusta e indicarla agli altri. C’era allora un grande rispetto e una grande valorizzazione dell’autorità: del re, del papa, del vescovo, del parroco, del maestro, dei genitori, ecc. Toccava a loro capire quale fosse la strada giusta anche per i sudditi, i fedeli, gli alunni, i figli ai quali spettava obbedire con fiducia. Oggi non è più così e si dà giustamente grande valore a tutti e alla responsabilità di ciascuno. Sono sicuro, per esempio, che i ragazzi e le ragazze di terza media qui presenti, andranno il prossimo anno – se promossi… – in una scuola scelta da loro e non dai genitori. All’epoca di san Giovanni Bosco era quindi più facile trovare la strada giusta: bastava obbedire all’autorità per essere sicuri (quasi sempre…) di camminare verso la giusta direzione. Oggi è più complicato e ci vuole molto impegno come singoli e come comunità, cercando di non lasciarsi prendere dall’ansia, di non rinviare a chissà quando le decisioni o anche di prenderle in maniera affrettata e pasticciata.

Ma torno a san Giovanni Bosco: ci può aiutare in questo impegno non facile di “discernimento”? Anche se ai suoi tempi non si parlava di sinodo, si possono trovare nei suoi scritti qualcosa che ci sia di aiuto? Penso di sì. Ho trovato nelle sue memorie una annotazione interessante: “Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano” (Memorie Biografiche di don Bosco XVIII, 127). Don Bosco afferma quindi che si è regolato nella vita riferendosi a due criteri: l’ispirazione del Signore e quanto richiesto dalle circostanze. Mi sembra un’indicazione preziosa: cercare di comprendere che cosa il Signore suggerisce nel nostro cuore e vedere quale sia la situazione in cui ci troviamo come singoli e come comunità.

Come si fa a comprendere ciò che ci ispira il Signore? Richiamerei anzitutto un presupposto: il silenzio. Se dentro e fuori di noi c’è sempre caos, rumore, suoni, immagini, emozioni, ecc. come si fa a sentire che cosa il Signore ci dice, che cosa lo Spirito Santo ci ispira? Impossibile. Ricordo che quando ero un giovane prete e andavo in montagna nei campi scuola, dovevo sempre litigare con dei ragazzi, perché camminando sui sentieri volevano comunque portare con sé la radio o il registratore (allora non c’era lo smartphone o altri aggeggi simili…) e ascoltare la musica a tutto volume. Proprio non capivo come si volesse rovinare la percezione del rumore del vento, del canto degli uccelli, del gorgoglio dell’acqua di un torrente… Poi avevo capito: quei ragazzi non volevano rovinare nulla, né erano particolarmente appassionati di musica, … semplicemente avevano paura del silenzio. Perché, è vero, il silenzio ti fa emergere tutte le tue paure, le tue ansie, … ti mette di fronte a te stesso, ma fa venire fuori anche le cose belle che hai nel cuore, i tuoi desideri, le tue passioni più vere, i tuoi sogni… e permette di ascoltare qualcuno che parla dentro il tuo cuore.

Il silenzio permette allora l’ascolto di Dio. Come Dio ci parla? Principalmente in due modi: il primo è direttamente con la sua Parola che il Vangelo, la Bibbia ci consegnano. Non è però una questione automatica, non ha senso aprire a caso il Vangelo o la Bibbia e leggere la prima riga per capire che scelte devo fare oggi. La Bibbia non è un ricettario pronto per la vita. Invece quanto più conosco il Vangelo, quanto più entro in sintonia con i modi di pensare, di sentire, di volere, di agire di Gesù (per esempio, stando al Vangelo di oggi, con il suo amore per i bambini e il suo presentarli come modello per i discepoli), tanto più posso percepire nel mio cuore che cosa Dio mi vuole suggerire.

C’è una seconda modalità attraverso cui intuire ciò che Dio mi vuole dire ed è l’ascolto degli altri, a cominciare dalle persone che mi vogliono bene, che cercano di vivere il Vangelo. Tornando ai ragazzi e alle ragazze di terza media, mi auguro che abbiano scelto certo loro la scuola futura, ma anche ascoltando i suggerimenti dei loro genitori, dei loro insegnanti, dei loro educatori. Il Signore parla anche attraverso gli altri e per questo anche per le scelte comunitarie è importante ascoltare la Parola di Dio, ma pure l’ascolto reciproco, il maturare insieme le decisioni, l’arrivare a decisioni condivise: ed è questo il senso del cammino sinodale che la nostra diocesi e la Chiesa intera sta vivendo.

San Giovanni Bosco diceva poi di riferirsi alle circostanze, cioè alle concrete situazioni in cui ognuno di noi come singolo e come comunità vive. La nostra società non è uguale a quella in cui viveva don Bosco un secolo e mezzo fa e sarebbe ridicolo copiare quello che lui faceva e fare le stesse scelte di allora. Se don Bosco vivesse oggi, sono certo che non rinuncerebbe alla sua passione per i ragazzi e al suo impegno educativo, ma con molta intelligenza troverebbe i modi adatti per l’oggi, utilizzando per esempio al meglio i social e tutto quanto la tecnologia di oggi e di domani mette a nostra disposizione.

Chiediamo allora all’intercessione di don Bosco di andare avanti nella nostra vita personale e comunitaria, “come il Signore ci ispira e le circostanze esigono”. Saremo così sulla strada giusta.

+ vescovo Carlo