I santi, amati da Dio
Omelia nella festa di Tutti i Santi
01-11-2023

Mercoledì 1 novembre 2023, nella festa di Tutti i Santi, il vescovo Carlo ha presieduto la messa in S.Ignazio pronunciando la seguente omelia. 

In occasione della celebrazione della cresima, chiedo ai cresimandi di scrivermi. Lo fanno con molta sincerità parlando di se stessi, dei propri desideri, delle proprie paure, dei propri sogni. Talvolta toccano questioni di fede, che mi interrogano molto.

Proprio pensando alla festa di oggi, quella di tutti i santi, mi è tornato in mente quanto scritto tempo fa da una ragazza: “a volte mi arrabbio molto con Dio, perché vedo che i miei compagni che non credono in Dio hanno una vita più felice e piena della mia. Un’osservazione molto pesante. È come dire che la felicità non sembra venire dalla fede in Dio, che le beatitudini proposte anche dal Vangelo di oggi non danno la felicità. O, se volete, che l’invito a diventare santi e sante – che è esattamente la proposta di oggi – non è una via di felicità, di pienezza di umanità.

Si potrebbe facilmente rispondere a questa adolescente, dicendo che anche chi non studia e non si impegna a scuola e cerca di divertirsi il più possibile sembra più felice, ma prima o poi si vedono i risultati, non certo di riuscita, di questa scelta di disimpegno. Anzi li si vedono subito, almeno a livello scolastico.

Una risposta così sarebbe però un po’ moralistica e non toccherebbe il tema della fede. Perché la questione è la fede: quanto ci propone Gesù nel Vangelo delle beatitudini è o non è una via di felicità? Seguire Lui porta a una pienezza di vita, alla realizzazione di quelle aspirazioni di amore, di gioia, di felicità che abbiamo dentro di noi o, al contrario, al fallimento di noi stessi?

Suggerirei di non rispondere troppo velocemente e con troppa sicurezza, perché la vera risposta – penso siate d’accordo con mematura con l’esperienza della vita e dura una vita. Un’esperienza che non è mai lineare, ma è sempre un alternarsi di chiarezza e di oscurità, di certezza e di dubbio, di consolazioni e di desolazioni. Perché è un’esperienza viva, non teorica. Ed è quella che hanno vissuto i santi e le sante che oggi celebriamo.

Già altre volte mi è capitato di manifestare il mio fastidio nel vedere come ancora oggi – per fortuna meno che nel passato -, i santi e le sante vengono presentati come uomini e donne impeccabili – e alcuni di loro possono avere avuto la grazia di una vita preservata dai peccati più gravi, ma altri e altre no; come persone senza difetti e limitazioni umane – e alcuni santi e sante hanno avuto il dono di una personalità ricca ed equilibrata, ma altri e altre no – e, ancora di più, li pensiamo con una fede sempre certa, assoluta e incrollabile senza mai alcun dubbio. No, non è così. Anche i santi e le sante che hanno sperimentato una forte esperienza di conversione, non per questo non hanno provato per tutta la vita la fatica del cammino di fede.

D’altra parte questo è comprensibile e non solo per la nostra limitatezza umana e per il nostro peccato. Dio è Dio, non è un’idea, non è una cosa, non è un uomo. È sempre al di là della nostra comprensione: talvolta è luce che illumina, ma anche abbaglia, talaltra è nube oscura che magari lascia però filtrare un piccolo raggio di luce. Nella seconda lettura di oggi Giovanni dice che già ora siamo figli di Dio – e se siamo figli qualche conoscenza di chi ci è padre dobbiamo pure averla -, ma subito aggiunge: «ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è». Lo vedremo, quindi, perché Lui si manifesterà, e quella visione ci renderà simili a Lui. Ma ora non è il tempo della visione: è il tempo della fede e della speranza. Sì, anche e forse soprattutto della speranza. Giovanni aggiunge: «Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro». Perché la speranza è forza che converte.

La speranza e la fede sono intrecciate tra di loro più di quello che pensiamo. Noi abbiamo speranza in Dio e speriamo che in Lui la nostra vita possa avere un senso e un esito di felicità, perché abbiamo fede in Lui, nella sua Parola, nella rivelazione di Lui che ci è stata data dal Figlio, verbo di Dio fatto carne. Si tratta quindi di una speranza affidabile. Ma d’altra parte abbiamo fede in Lui, non perché lo vediamo ma perché abbiamo speranza in Lui e nel dono della vita eterna che attendiamo da Lui. Si tratta quindi di una fede che trova accoglienza in noi nel desiderio e nella speranza di un senso e di una realizzazione. La fede pertanto sostiene la speranza e la speranza accoglie la fede. La vita dei santi e delle sante, ma anche quella di ogni cristiano, non è che una mescolanza di fede e di speranza. Talvolta si rafforzano insieme, come nei momenti in cui la fede è luminosa e la speranza è incrollabile. Altre volte l’una sopperisce all’altra, come nei tempi in cui la fede è dubbiosa, ma non si è persa la speranza o, al contrario, la speranza sembra svanire e solo la fede le impedisce di spegnersi.

Vi sarete accorti che c’è una lacuna nel mio dire. Fede, speranza, … manca la terza virtù fondamentale per il cristiano: la carità, l’amore. Solo con l’amore ci possono essere fede e speranza: l’amore è il contenuto della fede e della speranza. Noi abbiamo fede nell’amore di Dio, che il Padre ci ha dato nella vita del Figlio offerta sulla croce e nel dono dello Spirito. Noi abbiamo speranza che l’amore – e non l’odio, la guerra, la violenza – abbia l’ultima parola nella vita del mondo e nella nostra.

Fede, speranza e amore. Dobbiamo poi aggiungere che solo con l’amore ci può essere una vita cristiana, perché senza l’amore la fede e la speranza restano realtà astratte. L’amore è la fede e la speranza in opera. Per questo il senso più profondo e vero della vita dei santi e delle sante, di tutti e di tutte, in ogni tempo e in ogni luogo e con le loro personalità diversissime, non può essere che l’amore. Ma l’amore deve costituire anche il senso della vita di ogni cristiano, anche della nostra.

Vorrei in conclusione tornare alla obiezione della giovane cresimanda circa la fede e la felicità. Mi verrebbe da dirle: vedi se i santi e le sante sono state persone felici e perché lo sono stati e se sì, fai come loro e sarai felice. Ma immagino che li sentirebbe troppo lontani dalla sua esperienza. E allora mi piacerebbe poterle dire: verifica se i cristiani più grandi di te – quindi anche noi – si sentono amati da Dio, se amano e se sono felici. E fa come loro.

Che cosa ne dite? È una buona risposta o è forse troppo rischiosa, visto la nostra, – parlo per mela mia troppa incoerenza con il Vangelo? Non scoraggiamoci e invochiamo oggi l’intercessione dei santi e delle sante affinché ci aiutino a vivere la gioia del Vangelo, con fede, speranza e amore, testimoniandola in particolare ai giovani di oggi. Ne abbiamo un grande bisogno, noi e loro.

+ vescovo Carlo