Vivere la nostra responsabilità nel “qui” e nell’ ”ora” (2019)

Saturday 16 March 2019

Sabato 16 marzo 2019 il vescovo Carlo ha presieduto in cattedrale la solenne concelebrazione liturgica nella festa dei Santi Ilario e Taziano, patroni selle città di Gorizia. Pubblichiamo di seguito la sua omelia.

 

La festa dei patroni di questa città, Ilario e Taziano, martiri, ci porta a riflettere sui diversi tempi della Chiesa e sulla necessità in ciascuno di essi di vivere in pienezza il Vangelo, sapendo che ogni periodo della storia ha problemi e opportunità, luci e ombre, fatiche e gioie.

Il tempo di questi santi è stato quello delle persecuzioni. Anni difficili per la Chiesa, di incomprensioni, di accuse, di messa al bando, di esilio, di prigionia e spesso di morte per molti cristiani. E a volte anche di difficoltà e di contrasti all’interno della  stessa comunità cristiana. Anni, però, anche di una fede più convinta, di un’accoglienza sincera dell’invito che abbiamo riascoltato qualche istante fa: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua».

I momenti della storia dove la Chiesa non è perseguitata sembrano essere più facili. Possiamo immaginare i sentimenti di sollievo e di gioia del vescovo Teodoro, successore di Ilario, e della comunità cristiana di allora, quando veniva edificata e consacrata la splendida basilica di Aquileia e finalmente si poteva vivere il Vangelo in libertà e pace. Ma quando finiscono le persecuzioni, soprattutto se la fede cristiana diventa maggioritaria e si vive a livello sociale in un periodo di prosperità, il rischio è quello di perdere la freschezza e la novità rivoluzionaria del Vangelo, per vivere una fede di massa, adagiata sulla mentalità corrente, abitudinaria e spesso funzionale all’identità sociale e agli scopi dei potenti di turno.

In quale tempo viviamo oggi? Non certo in un tempo di persecuzioni, ma neppure in un tempo di prosperità dal punto di vista ecclesiale e sociale. Sicuramente in un periodo di crisi, di passaggio, di cambiamento. Qui e oggi, però, dobbiamo vivere il Vangelo, non ieri o domani: noi siamo responsabili del qui e dell’oggi. Che cosa ci può aiutare? Vorrei riproporre quanto indicato nella lettera pastorale riferendolo alla comunità cristiana di Gorizia e, in parte, a quella cittadina: le due scelte fondamentali e i quattro obiettivi.

La prima scelta è il primato da dare alla Parola di Dio. Solo la Parola di Dio ascoltata, accolta nel cuore e nella mente con l’aiuto dello Spirito Santo, meditata personalmente e nei gruppi della Parola, che stanno nascendo numerosi, può aiutarci a discernere il tempo in cui viviamo, può darci consolazione, incoraggiamento, forza per vivere la volontà di Dio e per testimoniare la gioia del Vangelo.

L’altra scelta, ormai avviata anche qui in città, è quella delle unità pastorali. Una scelta non di ripiego, di arretramento difensivo della comunità cristiana, di semplice ristrutturazione della sua presenza nel territorio, ma di rilancio di una realtàecclesiale più fedele al Vangelo e più incisiva, con attenzione ai quattro obiettivi.

Il primo è la comunione, che spinge a crescere in un’unità che non è uniformità, ma cammino comune nella stima, nel rispetto, nella collaborazione con l’altro in un orizzonte che sa aprirsi alla diocesi e all’intera Chiesa, che è per definizione cattolica, universale.

Poi la missione, che non può più limitarsi a essere una sia pur doverosa attenzione e un fattivo sostegno alle Chiese più giovani delle diverse parti del mondo, ma deve diventare una convinta testimonianza del proprio essere cristiani. L’invito che spesso faccio a questo proposito è quello non di esibire la propria fede, ma di “non nascondere di essere cristiano” nel proprio ambiente, in famiglia, a scuola, nell’università, sul lavoro, nelle realtà sociali e culturali. Non nascondere che per noi l’essere cristiani è qualcosa di fondamentale che illumina la nostra vita, le dona un senso, la riempie di gioia. Una realtà che vorremmo che anche altri sperimentassero.

Un terzo obiettivo è la ministerialità, cioè l’impegno, ciascuno secondo i propri doni e le proprie possibilità, a svolgere un ruolo attivo nella comunità cristiana per vivere ciò che spetta aciascuno in quanto battezzato. Il venir meno di un numero cospicuo di sacerdoti, che è qualcosa che deve preoccuparci, può essere però per certi aspetti provvidenziale nello spingere i fedeli laici a impegnarsi maggiormente e i sacerdoti a comprendere quale sia effettivamente il proprio ruolo nella Chiesa di servizio alla comunione, in riferimento alla Parola e ai sacramenti. In un certo senso dovremmo capovolgere l’impostazione finora seguita: non più quindi i laici che si attivano dove non arriva il prete, ma il prete che interviene dove non arrivano i laici.

Infine l’ultimo obiettivo, quello dell’incidenza nella società. La comunità cristiana non ha alcuna pretesa di guidare la realtà sociale, non vuole essere né un partito, né una lobby, ma sa che dal Vangelo provengono valori decisivi per la vita di una società e di una città, che possono essere condivisi anche da chi ha una diversa visione della vita in un spirito di autentica e sincera collaborazione per il bene comune.

Sono convinto che i primi tre obiettivi indicati, riletti in chiave per così dire laica, possono essere di aiuto anche al cammino della nostra città. Provo ad accennarvi brevemente, lasciando poi alla comunità cristiana cittadina di approfondirli, auspicabilmente in dialogo con altre realtà goriziane e con le istituzioni.

Tradurrei l’obiettivo della comunione con la parola unità. Nonostante le sue complicate vicende storiche, che ne hanno profondamente segnato il tessuto sociale, la nostra città ha fatto passi molto significativi verso la coesione. Ma il cammino di un’unità accogliente va sempre continuamente ripreso. A questo proposito ritengo opportuno suggerire una triplice attenzione a specifiche categorie, che vanno accolte, tutelate e valorizzatedentro il contesto unitario e solidale della nostra comunità cittadina.

Gorizia è una città che sa offrire delle buone scuole e occasioni di attività sportive ai giovani e ha anche una presenza universitaria significativa. E i nostri giovani sono intelligenti, capaci, attenti anche alle realtà della solidarietà come ho potuto sperimentare recentemente in riferimento al concorso promosso nelle scuole dalla Caritas diocesana. Ma quale futuro hanno i giovani a Gorizia in riferimento alla possibilità di lavoro e di formarsi una famiglia con un’abitazione dignitosa?

La seconda categoria cui voglio riferirmi è proprio quella delle giovani famiglie. Se mancano, è gioco forza che ci saranno sempre meno ragazzi e giovani a popolare la nostra città. La natalità è in crisi in tutta Europa e anche nel resto d’Italia: il problema supera le opportunità di una piccola città, ma forse qualcosa in più si può fare in termini di politiche sociali, culturali, abitative, familiari.

Infine una terza categoria, che è poi quella prevalente in città: gli anziani. Ci sarebbero molte questioni da evidenziare. Mi limitoal tema della sanità, ovviamente nel rispetto e nell’apprezzamento per le persone che lavorano in questo ambito con grande dedizione. Non penso naturalmente che sia possibile e giusto pretendere per Gorizia specializzazioni e strutture che solo i grossi centri possono offrire, ma mi domando: è così difficile garantire atutti i nostri malati la possibilità di una sistemazione ospedaliera decente e minimamente rispettosa della privacy in una stanza a due letti e non a quattro? E l’assistenza domiciliare non dovrebbe essere decisamente potenziata? Mi auguro poi che presto anche nella nostra città di Gorizia si realizzi un hospice, con tutte le caratteristiche che una struttura d questo tipo deve avere per garantire a molte persone gravemente ammalate, spesso sole, un accompagnamento dignitoso e rispettoso alla morte.

Passo al tema della missione: quale può essere quella di Gorizia? Mi pare evidente: valorizzare e mettere a frutto quel patrimonio di storia, di arte, di culture, di lingue, di bellezze naturali, di prodotti della terra, di cibo, di operosità, di senso civico, di tranquillità, ecc. che la caratterizzano e la rendono speciale. Il tutto da attuare con realismo e senso del limite, ma anche con convinzione, con inventiva, con determinazione e comunque con la saggezza di non disperderlo, se oggi non si è in grado di fare molto, in modo da conservarlo per tempi migliori.

Infine l’obiettivo della ministerialità potrebbe essere inteso a livello sociale con la richiesta a ogni abitante di Gorizia di mettere a servizio della città le proprie capacità, attuando così l’impegno richiesto dall’art. 4 della costituzione italiana a ogni cittadino di concorrere “al progresso materiale o spirituale della società”.

Mi fermo qui. Ho voluto dare alcune semplici annotazioni che mi auguro possano servire alla comunità cristiana e civile di Gorizia. I nostri Patroni, che hanno vissuto con coerenza nel loro tempo i valori del Vangelo fino al punto di dare la vita, ci assistano con la loro intercessione perché tutti, cristiani e no, possiamo attuare la nostra responsabilità dove ci viene dato di vivere, nel qui di questa bella città e nell’ora di questi primi decenni del terzo millennio.              

+ vescovo Carlo