La sera del Venerdì Santo, 2 aprile 2021, il vescovo Carlo ha presieduto in S.Ignazio la Via Crucis della città di Gorizia pronunciando la seguente riflessione.
Forse è un caso, anzi sarà sicuramente un caso. Ma i sette personaggi che questa sera sono stati protagonisti della nostra via crucis si possono dividere esattamente in due gruppi. Sette diviso due fa tre e mezzo. Non sembra una divisione possibile quando si tratta di persone. Mezza persona in un gruppo e mezza in un altro. Eppure è proprio così. Il primo gruppo è quello dei personaggi connotati negativamente e che sono stati presentati nelle prime tre stazioni: Giuda, il Sommo Sacerdote e Pilato. Il secondo presenta invece figure positive: il Ladrone, Maria, il Centurione. Quinta, sesta e settima stazione
Resta il Cireneo, che è a metà, nella quarta stazione. Lì è stato presentato come un personaggio di valore. Ma è proprio così? Rileggiamo il breve passo di Vangelo che lo riguarda: «Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo». “Costrinsero”: Simone di Cirene non è stato certo un volontario della Caritas o della Protezione civile e tanto meno un buon samaritano che si è commosso vedendo quel condannato che si trascinava a fatica sulla strada impolverata, schiacciato dal peso della croce. Semplicemente era un uomo che quella sera venendo dalla campagna aveva sbagliato strada. O forse no. Può darsi che per caso quel pomeriggio la carovana di soldati e condannati che andavano al calvario, con il codazzo vociante di curiosi, avesse deciso di passare proprio dalla strada che normalmente Simone percorreva quasi ogni giorno per andare da casa ai campi e viceversa. O può essere, invece, che sia stato lui a deviare dal solito itinerario incuriosito per quella folla rumoreggiante. In ogni caso, purtroppo per lui, per il fatto di essere lì in quel momento e di essere un uomo forte e robusto, i soldati, senza chiedergli il permesso, lo hanno preso e con modi non troppo garbati lo hanno caricato della croce di Gesù.
Non penso sia stato molto entusiasta, anzi. E quando alla sera sarà arrivato tardi a casa, avrà raccontato spaventato quello che gli era successo ai suoi ragazzi e alla moglie preoccupata (o forse arrabbiata “perché, quanto mai ti ho sposato, tu che ti infili sempre nei pasticci…”). L’evangelista annota il nome di quei ragazzi: Alessandro e Rufo. Sicuramente, diventati grandi, due personaggi noti della comunità cristiana: forse dei capi. Persone che probabilmente si sentivano molto onorati di essere figli di un uomo che aveva portato la croce di Gesù. E probabilmente anche Simone dopo la risurrezione, passati la rabbia e lo spavento, si sarà vantato di aver aiutato Gesù (e chissà la moglie come si sarà sentita importante: altro che le pie donne…).
E se noi assomigliassimo proprio a Simone di Cirene? Chiamati a prendere la croce, la nostra e spesso anche quella degli altri, senza troppa voglia, ma poi capaci per grazia di scoprire che è quella di Gesù? Anzi di più: scoprendo che il vero Cireneo, che porta la nostra croce, è proprio Lui. Lui che non ci incontra per caso, ma ci viene a cercare sulle strade della nostra vita, soprattutto su quelle più tortuose e piene di pericoli. Anche oggi, anche in questo momento difficile e doloroso per tutta l’umanità. E potremo vantarci, pieni di gioia, non di aver portato la croce di Gesù, ma che Lui ha preso su di sé la nostra.
+ vescovo Carlo