La CEI ha sempre ritenuto centrale il tema dell’educazione, manifestando quindi particolare interesse per il mondo della scuola, attraverso l’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università e le sue articolazioni diocesane.
Nel 2013 Il “laboratorio nazionale La Chiesa per la scuola” si è posto l’obiettivo di coinvolgere la comunità ecclesiale e tutta la società in una riflessione sull’importanza della scuola come ambiente educativo, nel quadro degli orientamenti pastorali per il decennio in corso “Educare alla vita buona del Vangelo”.
In quest’ultimo documento si legge: “Occorre investire, con l’apporto delle diverse componenti del mondo scolastico, ecclesiale e civile, in una scuola che promuova, anzitutto, una cultura umanistica e sapienziale, abilitando gli studenti ad affrontare le sfide del nostro tempo… Il carattere pubblico non ne pregiudica l’apertura alla trascendenza e non impone una neutralità rispetto a quei valori morali che sono alla base di ogni autentica formazione della persona e della realizzazione del bene comune.”
Nell’aprile del 2016 a Salerno, si svolgerà il Convegno nazionale degli Uffici diocesani scuola, IRC, università, presentato come “una risposta alla richiesta del Convegno di Firenze di dare impulso a una Chiesa sempre più ‘in uscita’ e vicina alla vita quotidiana delle persone e un’occasione preziosa e qualificata di verifica, di approfondimento e di rilancio di un settore della pastorale che i Vescovi intendono rafforzare in questo decennio dedicato all’educazione.”
Anche la Diocesi di Gorizia ha istituito nel 2015, in collaborazione con l’Ufficio Scuola, dedicato fondamentalmente agli insegnanti di religione, un Servizio per la Pastorale Scolastica, al fine di “individuare, curare e promuovere iniziative che vedano la scuola come luogo pastorale importante per la crescita delle giovani generazioni, attraverso momenti formativi per insegnanti, studenti e famiglie.”
Non si tratta ovviamente di fare catechesi nella scuola (neppure l’insegnamento della religione cattolica è catechesi), ma di collaborare a una formazione integrale degli studenti considerati anzitutto come persone che stanno costruendo la propria identità e cercando risposte ai grandi interrogativi sul senso della vita.
Intellettuali del nostro tempo, fra cui lo psicoanalista Massimo Recalcati, difendono il valore della scuola come luogo di apprendimento della Legge della parola, “che è la sola Legge che introduce nell´umano l´esperienza dell´impossibile, cioè l´esperienza del limite… in un´epoca dove il solo obbligo che sembra esistere è quello per il godimento fine a se stesso.” “La Scuola è una istituzione che incarna un punto di resistenza etico alla cultura perversa del ‘perché no?’ che sottrae ogni senso alla rinuncia e al differimento del soddisfacimento pulsionale.”
E Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore, in una lettera su Avvenire, così interpella gli insegnanti: “Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri. Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno. Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni.”
Il primo obiettivo del Servizio di Pastorale Scolastica sarà la costituzione di alleanze educative con tutti i soggetti della scuola, dirigenti, insegnanti, studenti e famiglie, ma anche con le comunità (parrocchie, istituzioni, associazioni, gruppi) di riferimento delle singole scuole, per promuovere una formazione umana integrale, come già previsto dalla normativa scolastica per i vari ordini e gradi.
LA SCUOLA: QUALI FINALITÀ NELLA NORMATIVA?
L’istituzione scolastica, nel nostro Paese, è spesso oggetto di accuse contrastanti: troppo esigente o troppo permissiva, del tutto avulsa dal mondo del lavoro o troppo piegata a esigenze di tipo produttivistico ed efficientistico, declinata eccessivamente sull’istruzione (contenuti) o poco attenta alla trasmissione dei saperi, conservatrice e incapace di adeguarsi ai nuovi linguaggi tecnologici o, al contrario, troppo propensa all’utilizzo delle nuove tecnologie. Inoltre, in ambito cattolico, non è infrequente l’opinione che la scuola statale proponga un’educazione molto lontana, per valori di riferimento, dall’antropologia e dall’etica cristiane.
Ovviamente, viste le notevoli differenziazioni fra scuola e scuola e fra i diversi insegnanti, ognuna di queste valutazioni può trovare conferma in qualche esempio concreto.
Ma, aldilà della quasi infinita e variegata casistica, vale la pena di proporre un’analisi, sia pure molto sintetica, della normativa scolastica, per verificare se davvero le finalità siano rivolte più all’istruzione (e magari all’addestramento) che alla formazione dell’uomo e del cittadino, e se la visione antropologica sottesa sia così alternativa a quella cristiana.
Per il I ciclo di istruzione le Indicazioni Nazionali affermano: “Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato. In quanto comunità educante, la scuola genera una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, e è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e propria. La scuola affianca al compito ‘dell’insegnare ad apprendere’ quello ‘dell’insegnare a essere’.”
Il Decreto sul nuovo obbligo scolastico recita: “L’elevamento dell’obbligo di istruzione a dieci anni intende favorire il pieno sviluppo della persona nella costruzione del sé, di corrette e significative relazioni con gli altri e di una positiva interazione con la realtà naturale e sociale.”
Per Il primo biennio dei Licei, specie in quelli privi di discipline classiche, si suggerisce la lettura della Bibbia.
Nei trienni si prevede di affrontare il rapporto della filosofia con le tradizioni religiose, l’incontro tra la filosofia greca e le religioni bibliche, la filosofia d’ispirazione cristiana e la nuova teologia.
Le Linee Guida per i Tecnici dichiarano: “Uno dei compiti principali della scuola, in questo momento storico, consiste nell’educazione alla responsabilità nell’uso delle scoperte scientifiche e della tecnologia, potenziando la consapevolezza della necessità di uno sviluppo equilibrato e sostenibile, che garantisca i ‘beni comuni’ e sia a vantaggio di tutti gli abitanti di un pianeta sempre più interdipendente. Se la Scuola si pone questo obiettivo può aiutare gli allievi dell’Istruzione Tecnica non solo a prepararsi all’inserimento nel mondo del lavoro o al proseguimento degli studi, ma anche e soprattutto a dare un senso personale alla propria vita, per riuscire a vivere e ad assumere meglio la complessità del mondo.”
Nelle analoghe Linee Guida per i Professionali si legge: “La professionalità propone una valorizzazione della cultura del lavoro, intesa nella sua accezione più ampia: l’insieme di operazioni, procedure, simboli, linguaggi e valori, ma anche identità e senso di appartenenza ad una comunità professionale, che riflettono una visione etica della realtà, un modo di agire per scopi positivi in relazione ad esigenze non solo personali ma comuni.”
Rimane l’interrogativo su come questi principi si declinino concretamente nelle nostre scuole, tema molto importante che affronteremo prossimamente attraverso lo sguardo degli insegnanti di religione.
LA SITUAZIONE NELLE SCUOLE DELLA DIOCESI
SECONDO GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
Per individuare sia gli atteggiamenti prevalenti nelle scuole della nostra Diocesi verso l’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica), sia il rapporto che intercorre fra l’offerta educativo-didattica e l’antropologia cristiana, è stato proposto agli insegnanti di religione cattolica (IdR), interpellati come testimoni privilegiati e osservatori partecipanti, un questionario con domande sia chiuse che aperte. Le risposte pervenute sono 27, corrispondenti a un terzo circa degli IdR diocesani: sono rappresentati tutti i gradi di scuola, eccetto quelle dell’infanzia (con prevalenza degli Istituti superiori), tutti i Decanati (con prevalenza di quello di Gorizia). Le insegnanti donne del campione sono 19, i maschi 8, in relazione all’assoluta prevalenza del genere femminile nel totale degli IdR.
Un terzo degli insegnanti intervistati svolge nella scuola di servizio diversi ruoli, oltre al proprio insegnamento disciplinare, dimostrando così un notevole coinvolgimento nella gestione di più generali attività didattiche e organizzative: vicario; coordinatore di Istituto, di Dipartimento, di Consiglio di classe; Funzione Strumentale in vari ambiti; coordinatore di progetti; membro o presidente di organi collegiali e di Commissioni.
La percezione dichiarata dai rispondenti sugli atteggiamenti prevalenti nelle loro scuole nei confronti dell’IRC è molto positiva: per 21 IdR i colleghi di altre materie dimostrano interesse e collaborazione, mentre secondo 6 l’atteggiamento è molto differenziato fra i diversi colleghi. Nessuno segnala atteggiamenti di ostilità o indifferenza. Anche per quanto riguarda gli studenti, la valutazione è assolutamente incoraggiante: 22 insegnanti dichiarano la presenza di interesse per i contenuti proposti e/o la disponibilità al rapporto personale con il docente, 6 segnalano atteggiamenti molto differenziati fra i diversi studenti.
Le famiglie sono in grande maggioranza interessate agli aspetti educativi dell’IRC (20 risposte), in alcuni casi anche ai suoi contenuti specifici; solo 3 insegnanti dichiarano che l’interesse è limitato a poche famiglie e 1 segnala il disinteresse rivelato dalla quasi totale assenza delle famiglie ai colloqui (si tratta di un Istituto Professionale).
Secondo la netta maggioranza (19) degli insegnanti di religione che hanno risposto al questionario, gli orientamenti della normativa scolastica sono coerenti con la concezione educativa della Chiesa Cattolica e con l’antropologia cristiana. Per 7 soggetti sono coerenti “in parte” mentre uno solo esprime una risposta negativa. Le motivazioni prevalenti di questo giudizio ampiamente positivo sulla normativa scolastica richiamano i principi della centralità della persona, della personalizzazione degli interventi educativi, dell’accoglienza, del rispetto, dell’inclusione.
I pochi che hanno espresso giudizi critici o negativi evidenziano invece i problemi posti dalle diverse concezioni di cosa sia il “bene” (riferimento alla teoria del gender), la confusione sul ruolo dell’IRC, la prevalenza nella normativa di aspetti tecnici e organizzativi piuttosto che della centralità della persona.
Per quanto riguarda la concreta azione educativa della propria scuola, un numero ancor più elevato di insegnanti (23) afferma che, nella maggioranza dei colleghi di altre discipline, essa è coerente con la concezione educativa della Chiesa Cattolica e con l’antropologia cristiana.
VALUTAZIONE DELLE PROPRIE SCUOLE DA PARTE DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
Uno degli assi portanti della riforma degli ordinamenti scolastici è sicuramente l’interdisciplinarietà: “L’enfasi sulla necessità di costruire, attraverso il dialogo tra le diverse discipline, un profilo coerente e unitario dei processi culturali.” (Indicazioni Nazionali Licei)
A questo proposito una domanda del questionario chiedeva agli insegnanti di religione se l’approccio interdisciplinare costituisca una risorsa potenziale anche per l’Insegnamento della loro disciplina. La quasi totalità ha risposto affermativamente (12 “molto” e 13 “abbastanza”). Molto positiva appare anche la disponibilità dei colleghi di altre materie a coinvolgere l’IRC in percorsi di questo tipo: in 20 casi sono la maggioranza, in 7 solo pochi, ma non si registrano risposte per “nessuno”.
Di fatto, nell’ultimo anno, ben 23 IdR hanno collaborato a unità di apprendimento interdisciplinari, 22 a visite guidate, 18 a vari progetti, 17 a incontri con realtà socio-religiose del territorio. Numeri minori registrano altre attività quali: visioni di spettacoli, dibattiti, volontariato all’interno della scuola, sportelli di ascolto per studenti e famiglie.
La partecipazione degli insegnanti di religione all’azione educativa della scuola va quindi ben oltre le poche ore di tale insegnamento, declinandosi in azioni di approfondimento culturale, di rapporto con il territorio, di formazione complessiva degli studenti e di accompagnamento al loro percorso di crescita.
Molto positivo appare anche il giudizio espresso dagli IdR sugli orientamenti educativi prevalenti nella propria scuola: rispetto, accoglienza, dialogo, attenzione alla situazione personale e familiare dello studente, collaborazione, promozione di autonomia e responsabilità, inclusione dei soggetti “deboli”, apertura nei confronti delle famiglie, interdisciplinarietà. Un rispondente propone un’osservazione interessante sulle differenze fra le scuole della Diocesi inserite nel territorio goriziano, dove è ancora presente una tradizione cristiana che trova ampia espressione e consenso anche a scuola, e quelle del territorio triestino, maggiormente secolarizzato e orientato a una netta separazione dei due ambiti, laico e religioso.
Soltanto in due casi emergono opinioni negative sul proprio contesto scolastico, con la segnalazione di rapporti educativi centrati sul controllo e sulla paura o di tendenze a un permissivismo colpevole, causato da mancata assunzione di responsabilità educativa da parte del corpo docente.
Le valutazioni prevalentemente positive trovano conferma nell’analisi dei punti di forza e di debolezza della propria scuola: 22 hanno individuato i primi e solo 17 i secondi, con alcuni che affermano di avere difficoltà a trovare punti di debolezza.
I termini più ricorrenti per quanto riguarda gli aspetti di forza sono: collaborazione, condivisione, convivenza; famiglia; persona; diversità; interdisciplinarietà; dialogo, confronto; valorizzazione; disponibilità; accoglienza; integrazione, inclusione.
Fra gli aspetti critici vengono segnalati: l’eccesso di proposte che arrivano alla scuola; situazioni familiari e sociali difficili; i problemi dell’attuale contesto giovanile e la demotivazione allo studio; difficoltà di collaborazione con colleghi, famiglie e territorio; numerosità della classi; mancanza di serie “alternative” all’IRC; lontananza da una prospettiva trascendente.
LE PROPOSTE DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
Il questionario inviato agli insegnanti di religione si proponeva non tanto l’obiettivo di realizzare un’indagine che rispondesse a criteri scientifici di rappresentatività, quanto di avviare una riflessione condivisa per progettare alcuni interventi nell’ambito del neo-istituito Servizio di Pastorale Scolastica della Diocesi.
A tale scopo è stato loro chiesto di individuare possibili percorsi di pastorale scolastica rispettivamente per gli insegnanti, per gli studenti e per le famiglie.
Ne è uscito un ventaglio di variegate e interessanti proposte. In particolare, per tutti gli insegnanti, si ritengono utili i seguenti temi e iniziative: formazione sulla situazione giovanile attuale e sul ruolo del docente nell’educazione della persona; dialogo con la scuola da parte delle comunità cristiane; tavole rotonde e dibattiti su documenti ecclesiali (“Laudato sii”; lettera pastorale dell’Arcivescovo sulla grande guerra, da proporre anche agli studenti); sante Messe nei periodi forti dell’anno liturgico; alleanza educativa tra genitori e insegnanti; approfondimento di tematiche legate alla bioetica; strategie d’intervento per stimolare autoriflessione, consapevolezza di sé, responsabilità negli alunni; corsi riguardanti gli alunni BES (Bisogni Educativi Speciali), la multiculturalità, l’ecologia; aggiornamenti su altre religioni; scambi di esperienze tra scuola e associazioni del territorio che lavorano nel campo dell’educazione.
Le proposte per gli studenti riguardano: incontri con ambienti e testimoni di esperienze cristiane nella ferialità; interventi sul valore dei rapporti affettivi e della vita, sui modi per affrontare le situazioni di difficoltà, su tematiche etiche e religiose, sull’integrazione, sulla comunicazione e l’utilizzo dei media; percorsi di conoscenza del patrimonio religioso-culturale locale attraverso la collaborazione diretta con il territorio; interazione con le altre culture religiose e riscontro dei punti in comune.
Per le famiglie si propongono sostanzialmente incontri di approfondimento sulle problematiche adolescenziali, sul modo di esercitare il ruolo genitoriale (ascolto e dialogo con i figli), sull’alleanza educativa con la scuola; scambi di esperienze tra famiglie, scuola e agenzie educative del territorio.
Le richieste di corsi di formazione per gli stessi insegnanti di religione vertono invece, con assoluta prevalenza, su aspetti educativo-didattici, mentre tematiche religiose sono segnalate da 6 soggetti (Laudato sii, Bibbia, messaggio e testimonianza cristiana, sinodo della famiglia, dialogo interreligioso, conoscenza delle realtà ecclesiali diocesane).
Il quadro generale che emerge da questa piccola indagine, più qualitativa che quantitativa, non solo offre notevoli spunti per la futura progettazione, ma soprattutto propone una visione della scuola molto diversa dall’immagine a tinte fosche spesso presentata nel dibattito pubblico: come scritto a conclusione di uno dei questionari, si tratta di “una meravigliosa sfida quotidiana”. La sfida dell’educazione, da affrontare insieme, insegnanti, studenti, famiglie, comunità cristiane, in direzione di un integrale umanesimo.
Gabriella Burba