“Nel Battesimo moriamo con Lui, per risorgere con Lui a una vita nuova”

Sunday 31 March 2024

La sera di sabato 30 marzo 2024, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la Veglia Pasquale in Cattedrale.

Qualche giorno fa mi sono giunti gli auguri da un amico sacerdote di un’altra diocesi, che mi sono sembrati in un primo momento molto belli e significativi. Mi scriveva così: «La Pasqua è un’esperienza vissuta dai discepoli. La loro testimonianza sta nel riconoscere che Gesù è immortale. La tomba vuota, l’angelo, il viaggio ad Emmaus sono espressioni di questa loro esperienza interiore. Non è solo “Allora si aprirono i loro occhi”. Gesù, infatti, si manifestò loro, si rivelò loro».

Ma poi riflettendoci, ho pensato che la cosa non mi convinceva. Anzitutto si afferma che “Gesù è immortale”. Gesù sarebbe immortale? E allora ieri, venerdì santo, che cosa abbiamo ricordato? Non abbiamo forse celebrato la morte di Gesù? No, Gesù è mortale, è morto davvero su quella croce. Il Figlio di Dio, come ricorda san Paolo in una sua lettera, non ha tenuto la sua divinità come un tesoro geloso da conservare per se stesso, ma si è come svuotato divenendo uomo e andando incontro come ogni uomo alla morte, ma in particolare a quella morte di croce. A pensarci bene è qualcosa di inconcepibile, eppure è proprio così. Lo ha ricordato anche il passo della lettera ai Romani che poco fa è stato proclamato. Certo, dice Paolo, dopo la risurrezione Gesù non muore più, la sua risurrezione non è un semplice tornare a vivere, come è stato per Lazzaro che Gesù ha risuscitato, ma poi è morto un’altra volta, la sua risurrezione è entrare in una vita nuova che dura per sempre: «Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui».

Quindi Gesù è davvero morto, come è davvero risorto. La sua resurrezione non è semplicemente un’esperienza interiore dei discepoli, una convinzione che è maturata progressivamente in loro partendo dal fatto che non poteva tutto finire sul Calvario. No, Gesù è davvero risorto e lo hanno incontrato, visto, toccato. La sua manifestazione non è stata solo nel cuore delle persone, ma nella loro concreta realtà fisica. In questo senso il Vangelo di oggi e anche quello di domani va completato con i brani del Nuovo Testamento che ci parlano dell’incontro con il Risorto, come una persona viva, che si può toccare, che parla, che mangia.

Naturalmente la dimensione della risurrezione va al di là della nostra realtà attuale: il Risorto non è più vincolato dalle dinamiche fisiche di questo mondo. Però il Risorto è il Crocifisso, è il Figlio che si è fatto uomo e resta uomo per sempre con le sue mani, i suoi piedi e il suo costato feriti per sempre. Sono molto significative e vere le rappresentazioni della Trinità, dove il Figlio è presentato come il Cristo in croce.

Noi non incontriamo fisicamente il Risorto, neppure stanotte. Entriamo in relazione con Lui, è vero, nella sua Parola, nei sacramenti, in particolare nell’Eucaristia. Non lo incontriamo però come lo hanno incontrato gli apostoli e gli altri discepoli (san Paolo parla in una sua lettera di un incontro del Risorto con più di cinquecento cristiani…). Ci dobbiamo fidare della loro testimonianza, che è giunta a noi attraverso l’annuncio della fede e il suo essere vissuta da una generazione all’altra fino a oggi. Ascoltando questa testimonianza, ci è stata data la grazia, attraverso lo Spirito Santo che agisce nei nostri cuori, di sentirla vera e per questo l’abbiamo accolta nella fede. Per chi è stato battezzato da piccolo, questa accoglienza è stata anticipata dalla fede della Chiesa, in concreto dei nostri genitori e padrini. Ma poi è toccato a ciascuno di noi farla propria. I neocatecumeni, presenti stasera in questa veglia in vesti bianche, hanno voluto fare un particolare cammino per appropriarsi sempre più della loro fede e li ringraziamo per la loro testimonianza.

Altri vengono battezzati da adulti. Lo fanno per loro scelta, ma alla base di questa loro decisione c’è un annuncio che hanno accolto e che è maturato in loro con l’accompagnamento della Chiesa e con delle tappe progressive fino ad arrivare ai sacramenti. Così è stato per Kevin, che tra poco verrà battezzato, confermato nello Spirito e nutrito del Corpo e del Sangue di Cristo. Gli facciamo i migliori auguri, lo ringraziamo per il suo impegno e vogliamo accoglierlo con gioia nella comunità cristiana.

In ogni caso, battezzati molti anni fa o stanotte, vale per tutti quanto dice Paolo nella seconda lettura che già ho citato: «Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova».  Ciò significa che noi nel Battesimo moriamo con Lui, per risorgere con Lui a una vita nuova. Una vita nuova da risorti, ancora in cammino, ma già entrati nella vita nuova. La morte, la nostra morte, pur con i suoi aspetti oscuri e misteriosi, non sarà altro che un passaggio alla manifestazione piena di ciò che già siamo: risorti con Cristo, figli nel Figlio, tempio dello Spirito. Per questo motivo Paolo in altre passi delle sue lettere, come quello della lettera ai Colossesi della Messa di domani, non ha paura di affermare che «siamo risorti con Cristo» (Col 3,1-4) usando il verbo al presente.

Viviamo allora una vita nuova, così come il Signore ci fa comprendere attraverso il suo Spirito, giorno dopo giorno. Una vita che deve avere tante caratteristiche. Ne cito solo una che vedo sul volto di Kevin, di chi lo accompagna, dei neocatecumeni e di tanti di noi: la gioia. E allora ecco il mio augurio: la gioia del Risorto sia con voi.

+ vescovo Carlo