Mons. Redaelli: dieci anni a Gorizia

Friday 14 October 2022

Il 14 ottobre di dieci anni fa (2012 – 2022) l’arcivescovo mons. Carlo Roberto Maria Redaelli prendeva possesso canonico dell’arcidiocesi di Gorizia.

Riproponiamo l’omelia da lui pronunciato il giorno dell’ingresso in diocesi.

Il Vangelo utilizza molte volte a proposito di Gesù i verbi legati agli occhi: vedere, osservare, guardare, notare, fissare lo sguardo… Proviamo a contemplare la persona di Gesù sotto questa prospettiva, quasi seguendone il movimento degli occhi.

Tra tutte ci sono due pagine del Vangelo in cui lo sguardo di Gesù acquista un rilievo fortissimo.

La prima ci porta nel cuore della passione, al momento del rinnegamento di Pietro. Diversamente che negli altri Vangeli, dove l’elemento fondamentale che permette all’apostolo di prendere coscienza del suo rinnegamento è il canto del gallo, nel Vangelo secondo Luca ciò che è decisivo è lo sguardo di Gesù: «E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse amaramente» (Lc 22. 60-62).

Come sarà stato quello sguardo di Gesù? Certamente un intenso sguardo di misericordia, di tenerezza, d’amore. Non uno sguardo di giudizio e di condanna.

L’amore non giustifica a buon mercato, è un fuoco che brucia ed è capace di far cogliere a chi è amato e non corrisponde e persino rinnega, che l’amore è più forte di ogni mancanza, di ogni tradimento e anzi ama ancora di più proprio quando non è corrisposto.

Così Gesù ha guardato Pietro, questo apostolo così sicuro di sé, ma anche così fragile. Il suo sguardo d’amore gli ha ridato fiducia e gli ha fatto capire che non doveva confidare in se stesso ma nel Signore.

Gli occhi pieni d’amore di Gesù, di quell’uomo sottoposto alle accuse e alle ingiurie e che da lì a poco sarebbe stato inchiodato sulla croce, hanno ricordato a Simone quanto il Signore gli aveva detto nell’ultima cena quando non gli aveva solo preannunciato il rinnegamento, ma gli aveva confidato di aver pregato per lui, non perché non cadesse, ma affinché dentro la caduta non perdesse la fede e fosse così in grado di confermare i fratelli con la forza di chi si sente amato e perdonato e non con quella della presunzione.

La seconda pagina che ci presenta lo sguardo intensissimo di Gesù è quella del Vangelo di oggi: «Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse». Lasciamo un momento quello che Gesù ha detto al suo interlocutore e contempliamo questo sguardo.

Per avere anche solo un’intuizione di come poteva essere dobbiamo pensare alla nostra esperienza umana. Ed ecco che viene in mente lo sguardo pieno di dolcezza di una madre verso il suo piccolo, quello di fierezza di un padre rivolto al figlio che cresce, lo sguardo penetrante di un innamorato che beve con gli occhi il volto dell’amata, quello di comprensione e di fiducia verso i giovani di chi ha sperimentato la vita e ha ricevuto il dono della serenità. Ecco lo sguardo di Gesù era un po’ tutto questo e si rivolgeva in questo caso non verso uno che lo aveva appena rinnegato, ma verso una persona in sincera ricerca del regno di Dio, un uomo irreprensibile che da sempre aveva osservato i comandamenti di Dio.

Eppure quello sguardo d’amore sembra fallire: «a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato». Non è l’amarezza del pianto di Pietro, destinata a tramutarsi nella dolcezza di chi si sente nonostante tutto amato e perdonato, ma la tristezza di chi si stava sottraendo all’Amore.

Qual è stato l’errore dell’interlocutore di Gesù? Quello di aver separato le parole che il Signore gli stava rivolgendo dallo sguardo d’amore con cui lo stava fissando.

Considerare la proposta di Gesù fuori dal suo sguardo, significa vederla come un ulteriore, pesante comandamento, un qualcosa da fare in termini di dovere che suscita la domanda: ma che cosa vuoi ancora da me, Signore? Non ti bastano i comandamenti che già sono così difficili da osservare?

Gesù, però, non propone un ulteriore dovere, pretendendo l’impossibile come anche gli stessi apostoli, sconcertati e stupiti, sono portati a credere. Gesù offre a quell’uomo il suo amore. Amore che chiede amore, domanda condivisione, vuole comunione di vita.

“Vieni e seguimi” perché ti amo e perché ho bisogno di essere amato da te e così troverai la vita eterna, la felicità. Perché tu sei stato fatto ad immagine e somiglianza di me che sono l’Amore. Lascia le tue ricchezze, ma per stare con me che sono ricco solo d’Amore e per questo mi sono fatto servo di tutti.

Lascia le tue ricchezze che bloccano il tuo cuore, non lo rendono libero di amare. Guardami con uno sguardo d’amore, non abbassare i tuoi occhi, non ripiegarti su te stesso, non soffocare l’Amore che è in te.

Sì, l’errore di quell’uomo è stato proprio quello di aver separato le parole di Gesù dai suoi occhi che lo guardavano con l’intensità dell’amore, fraintendendo così come comandamento gravoso una proposta d’amore. In questo momento siamo tutti sotto lo sguardo di Gesù. Ci è facile riconoscerci in Pietro perché non possiamo dire di aver osservato sempre tutti i comandamenti nella nostra vita. Ma ciò che conta è tenere gli occhi fissi sul Signore. Allora qualsiasi cosa ci chiederà non sarà che l’esplicitazione del suo desiderio di amarci e del suo bisogno di essere amato a sua volta da noi, sapendo che per l’Amore niente è impossibile.

L’Eucaristia che stiamo celebrando è la condivisione del suo Amore, del suo stesso essere, del suo Corpo e del suo Sangue. In essa preghiamo perché ci sia data la grazia di non allontanarci mai dal suo sguardo, così sapremo a nostra volta guardare con amore non solo Lui, ma anche i nostri fratelli.

Quello sguardo d’amore, che ci viene anche oggi donato, ci permetterà di scoprire ogni giorno con stupore e con gioia le fattezze della Sposa dell’Agnello, la Chiesa, questa Chiesa, che, dentro le contraddizioni e le sofferenze di questo mondo, continua ad essere amata intensamente da Lui e si sta preparando con speranza alla gioia delle nozze del Regno.

† Vescovo Carlo