La vita è direttamente connessa con la pace

Sunday 24 December 2023

La sera del 24 dicembre 2023, l’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale la messa nella notte di Natale pronunciando la seguente omelia.

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». Con la citazione di questo canto degli angeli a Betlemme incominciavo lo scorso anno l’omelia nella notte di Natale.

Mi sarebbe piaciuto cambiare l’inizio della mia riflessione, ma la situazione rispetto allo scorso anno non è migliorata, anzi è peggiorata: alla guerra in Ucraina, si è aggiunta ora la tragica guerra di Hamas e Israele. E queste sono solo le guerre più conosciute, perché più vicine a noi o che comunque toccano maggiormente la nostra vita. Verrebbe da dire con amarezza, mentre il canto sembra spegnersi lontano: “speriamo che a Dio, con la sua gloria, vada meglio, perché quaggiù per quanto riguarda la pace, siamo messi male! …”. Vista la situazione si potrebbe allora concludere o che a Dio interessa solo la sua gloria e si è dimenticato di assicurarci la pace o che ha smesso di amarci, visto che la pace – affermano gli angeli – è per gli uomini che egli ama.

In realtà tra gloria di Dio e pace degli uomini non c’è contraddizione. Ce lo assicura un’affermazione molto significativa contenuta nell’opera di un grande vescovo dei primi decenni della fede cristiana, Ireneo di Lione (un vescovo nato a Smirne nell’attuale Turchia nel 130 e morto martire a Lione nel 202, appartenente alla terza generazione cristiana: era discepolo di Policarpo, a sua volta discepolo dell’apostolo Giovanni). Ireneo, in un suo scritto, dice che “la gloria di Dio è l’uomo vivente”. Non c’è quindi contrapposizione e neppure separazione tra la gloria di Dio e la vita degli uomini: anzi, Dio trova la sua gloria nel fatto che gli uomini vivono e a loro dona la vita.

La vita è direttamente connessa con la pace: su questo vorrei soffermarmi con voi per alcune considerazioni.

Il primo effetto della guerra, che è il contrario della pace, ma anche del terrorismo e della violenza di ogni genere, è la morte, cioè il contrario della vita. La morte non solo dei militari, che sono uomini e donne e hanno diritto di vivere anche loro, ma pure dei civili, anche di tantissimi bambini. Solo nella pace ci può essere vita. Ma, potremmo dire viceversa, solo se c’è rispetto per la vita c’è pace e si costruisce la pace.

Purtroppo la vita non è minacciata solo dalla guerra. Di ieri la notizia che le persone mortenel Mediterraneo quest’anno – anche qui tanti bambini – sono state 2271, il 60% in più rispetto allo scorso anno e probabilmente sono molte di più perché di certi naufragi non si hanno dati precisi (e qualche responsabilità per queste morti è evidente: per esempio, di chi fomenta guerre e non garantisce opportunità per una vita degna e pacifica nei paesi di provenienza, dei trafficanti di esseri umani, delle autorità che rendono più complicati i salvataggi, di chi crea nell’opinione pubblica un clima di rifiuto verso chi scappa da guerre, fame e povertà).

Salvare le persone, accoglierle garantendo loro almeno il minimo per vivere è invece lavorare per la pace.

Ma la vita non è solo la sopravvivenza fisica: le persone per vivere hanno bisogno di cibo, di salute, di lavoro, di casa. Mi ha molto colpito leggere nel rapporto sulla povertà della Caritas che tra le migliaia di persone che si rivolgono per chiedere un aiuto ai centri di ascolto, quasi un quarto è costituito da uomini e donne che hanno un lavoro, ma con un salario che non basta per loro e le loro famiglie.

Fare in modo che le persone abbiano la possibilità di lavorare in modo dignitoso, di avere una casa, di avere una salute tutelata, è invece lavorare per la pace.

La vita, una vita degna, deve comprendere anche la sfera culturale e spirituale: se non c’è la possibilità di istruzione, di formazione, di fruizione della cultura; se non c’è la possibilità di praticare la propria religione come singoli e come associati, non c’è una vita degna.

Impegnarsi perché tutti possano accedere all’istruzione, alla cultura, affinché a tutti sia effettivamente garantita la possibilità di avere dei luoghi di culto, è invece lavorare per la pace.

Come potete notare, nel sottolineare il rapporto tra vita e pace ho insistito sulla responsabilità degli uomini e delle donne, anche su quella positiva. Ringraziando il Signore, ci sono infatti, molte persone che realizzano quell’ “invece lavorare per la pace” che ho voluto richiamare più volte. Persone che si oppongono alla guerra, che salvano i naufraghi in mare, che accolgono i migranti, che offrono possibilità di lavoro anche a tanti giovani italiani, che si prendono cura degli ammalati, che sostengono i disabili, che promuovono un dialogo tra le culture e le religioni, che amministrano il bene comune come servizio, eccetera. Se non ci fossero queste persone – e ne incontro molte sia qui da noi, sia in giro per l’Italia il mondo sarebbe finito da un pezzo.

Queste persone non sono altro, magari anche solo inconsapevolmente, che un riflesso di Dio che si è fatto uomo nel Natale, che ha deciso di vivere la sua gloria nella nostra umanità, diventando solidale con noi, con la nostra vita.

Lui però non è diventato soltanto uno di noi per condividere la nostra sorte, ma è il Salvatore, Colui che ci ha salva. Certo noi vorremmo una salvezza immediata, risolutiva, praticamente automatica, che tolga ogni guerra, ogni violenza, ogni ingiustizia, ogni povertà, ogni malattia, ogni problema. La salvezza, invece, che Dio ci offre in Gesù rispetta la nostra libertà e la nostra responsabilità. E però va alla radice di tutte le minacce alla pace e alla vita: il peccato. I guai del mondo nascono lì. E non importa se il peccato si incarna nel potere, nei soldi, nell’egoismo, nel disprezzo dell’altro, nella guerra o persino nel bullismo tra ragazzi. È comunque sempre peccato, cioè il rifiuto dell’amore.

La gloria di Dio è l’uomo vivente, la gloria di Dio – possiamo aggiungere – è l’amore.Quello con cui ci ama e che ci dona anche in questo Natale, liberandoci dal peccato, affinché a nostra volta possiamo amare, costruendo la pace, lavorando per la vita.

Vorrei che un rinnovato impegno per la vita, in tutti i suoi aspetti, come modo per contribuire fattivamente alla pace, fosse condiviso da tutti noi in questo Natale, anche in preparazione alla marcia nazionale per la pace che avremo la gioia e la responsabilità di ospitare nella nostra città insieme a Nova Gorica, tra pochi giorni, alla fine di questo anno.

Buon Natale, Vesel Božič, Bon Nadâl.  

+ vescovo Carlo