La grazia per comprendere la Passione

Sunday 14 April 2019

Domenica 14 Aprile 2019, l’arcivescovo Carlo ha presieduto il rito della benedizione degli ulivi in piazza Sant’Antonio e successivamente la celebrazione eucaristica nella domenica delle palme nella chiesa di Sant’Ignazio. Pubblichiamo di seguito la sua omelia.

 

Devo cominciare questo momento di riflessione sulla Passione confessando una situazione di imbarazzo. Sì, due giorni fa mi sono trovato proprio in difficoltà. Ero a Cervignano per il  giro che sto facendo in questi giorni tra le diverse ditte per conoscere la realtà del mondo del lavoro del nostro territorio, con le sue inevitabili luci e ombre, e portare una parola di vicinanza della Chiesa e la benedizione di Pasqua (un’esperienza molto significativa, molto arricchente anche per me, che proseguirà nei prossimi giorni). Nell’intervallo di tempo tra una visita e un’altra,il parroco mi ha proposto di passare dal teatro della città dove i bambini della scuola dell’infanzia parrocchiale stavano provando lo spettacolino che avrebbero presentato alla sera ai genitori e ai nonni. E’ stato una gioia vedere tutti questi bambini sul palco, svegli e attentissimi.

Un primo momento di imbarazzo, però, è stato quando il parroco ha detto loro: “Adesso mons. Carlo vi spiegherà chi è il vescovo”. Per fortuna, avendo intuito con uno sguardo la mia difficoltà, lo stesso parroco ha cercato di spiegare chi è il vescovo, presentandolo come un sacerdote che rispetto agli altri sacerdoti è come la maestra capo rispetto alle altre maestre.

Ma la vera difficoltà è sorta quando mi è stato detto di parlare della Pasqua ai bambini Avendo imparato qualche trucco dall’esperienza, ho cercato di guadagnare tempo per pensare che cosa dire, interrogando i bambini su che cosa sia per loro la Pasqua. Giustamente mi hanno detto che è un giorno in cui si mangiano le uova di cioccolato, in cui si fa festa e si sta insieme e che è un giorno bello perché vengono a casa anche i nonni. Nel frattempo pensavo: come faccio a spiegare che a Pasqua Gesù è risorto? questi bambini sanno chi è Gesù? sanno che cosa è la sofferenza? conoscono che cosa sia la morte? possono capire che cosa è la risurrezione? E’ andata a finire che ho detto loro semplicemente: “bravi bambini, vi auguro una buona festa e siate amici di Gesù. E auguri per il vostro spettacolo…”. E dentro di me ho pensato: fortunatamente nei prossimi giorni ho a che fare con degli adulti ai quali è più facile parlare della passione e della Pasqua…

Ma è proprio così? Riflettendoci ieri, mi sono accorto che non è per niente agevole parlare della passione, morte e risurrezione di Gesù, neppure agli adulti. E il motivo è semplice: si tratta di una vicenda dove si intrecciano le realtà più decisive e forti della vita. Dentro la passione di Gesù ci sono la vita e la morte, la giustizia e l’ingiustizia, l’amicizia e il tradimento, la vigliaccheria e il coraggio, la cattiveria e l’amore, la colpevolezza e l’innocenza, la compassione e la derisione, la disperazione e la speranza, la luce e le tenebre, gli insulti e i pianti, il peccato e la salvezza C’è dentro proprio tutto. E che cosa ne sappiamo noi della vita e della morte, della giustizia e dell’ingiustizia, dell’amicizia e del tradimento e così via? Tutte realtà che segnano profondamente la nostra vita e che nonostante i fiumi di parole che sono state spese nei secoli, gli innumerevoli libri scritti che hanno riempito le biblioteche, le riflessioni approfondite di filosofi, teologi, psicologi, scienziati, ecc. restano comunque un mistero.

La passione quindi deve restare non spiegata? Ieri ho cercato una soluzione riprendendo in mano un libro del card. Martini dedicato proprio ai racconti della passione. Una prima frase che ho letto, dove l’autore presenta un’immagine molto significativa,ha solo peggiorato la mia difficoltà. Scrive, infatti, il card. Martini che quando si fa un itinerario di presentazione della vita di Gesù, come avviene in un corso di esercizi spirituali o anche lungo l’anno liturgico, e si arriva alla passione, ci si trova come «un aeroplano che, dopo aver rullato lungo la pista, si accorge alla fine, di non aver i motori abbastanza forti e la corsa abbastanza ampia per salire. Così ci sentiamo di fronte alle meditazioni sulla Passione» (C.M. Martini, I racconti della passione. Dio sulla croce, ed. San Paolo, p. 14). Non molto incoraggiante…

Ma quel grande maestro della Sacra Scrittura aggiunge una frase: «Noi non siamo capaci di capire la Passione di Gesù, essa non ci parla se non attraverso una grazia di Dio» (ibid. p. 123). Una grazia, un dono di Dio è dunque il solo modo per entrare nel mistero della Passione. Non le mie parole, non le vostre; non i miei sentimenti, non i vostri; non le mie riflessioni, non le vostre e neppure quelle del card. Martini o di tantissimi studiosi, biblisti, teologi, ecc. Solo la grazia di Dio.

Ma esiste questa grazia? Dove la troviamo? Certo che esiste e la troviamo dentro di noi, se però l’accogliamo come dono. Chi ce la dona? Ce la dona lo Spirito Santo, attraverso la stessa Parola di Dio che ascoltiamo nell’Eucaristia. L’Eucaristia, la Messa non è uno spettacolo, una rappresentazione di un gesto fatto da Gesù duemila anni fa, ma è un sacramento. Ci mette cioè realmente in comunione con il dono di sé che Gesù ha fatto sulla croce. Ci inserisce realmente nel mistero della Passione di Gesù.

Si può leggere la Passione anche a casa propria, si può vederla rappresentata in un film o in un teatro o anche per le strade come avviene per la via crucis. E sono tutte modalità che hanno un loro senso e persino una loro grazia. Oggi però non siamo in un teatro e, certo, siamo stati per strada con i rami di ulivo, ma ora siamo in una chiesa e abbiamo ascoltato la Passione dentro una celebrazione eucaristica che ci pone in comunione con Gesù, con il crocifisso risorto.

Questa celebrazione ci dona la grazia non tanto di capire la Passione a livello di testa, ma di percepirne il mistero a livello di cuore per viverla nella nostra realtà quotidiana. Per comprendere che nella croce di Gesù c’è il senso della nostra vita e di tutto ciò che la caratterizza nel bene e nel male. Perché la croce alla fine non è che una duplice rivelazione: di quanto è forte il male nel mondo, ma insieme di quanto è più forte l’amore di Dio. Un amore che paradossalmente si fa schiacciare da quel male, ma proprio per questo lo trasforma nel massimo bene. Una persona l’ha capito allora, proprio sul calvario: quello che chiamiamo il buon ladrone, lui pure schiacciato dal male suo e degli altri, che ha intuito che chi era crocifisso accanto a lui, era il suo Salvatore: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».

Con quel Salvatore, con il mistero della sua passione, anche noi possiamo ora entrare in comunione, avendo accolto la sua Parola e celebrando la sua Eucaristia. Che il Signore ci doni questa grazia.    

 + vescovo Carlo