La croce o è caduta o è risurrezione

Saturday 3 February 2024

Venerdì 2 febbraio 2024  l’arcivescovo Carlo ha presieduto nella chiesa di S.Anna a Gorizia la concelebrazione eucaristica nella festa della Presentazione del Signore. Nel corso del rito è stata presentata la comunità di Suore di Maria Ausiliatrice che presterà servizio nell’Up del Centro cittadino.  

Al centro della festa di oggi c’è un bambino, poco più che neonato, che ovviamente non parla e non agisce, eppure tutto gira attorno a Lui. Perché è una festa che racconta di Lui e che svela chi è Lui. Lo fa attraverso i brani della Parola di Dio che abbiamo ascoltato che ci portano, il Vangelo, al tempio di Gerusalemme, dove il bambino viene condotto per essere presentato al Signore, e poi, la lettera agli Ebrei, al Calvario, alla croce.

Il Vangelo narra ciò che si dice di Gesù a pochi giorni dalla sua nascita: sono le parole pronunciate da Simeone, che l’evangelista Luca riferisce in forma diretta, e quelle della profetessa Anna, che sono riportate in forma indiretta raccontando quanto lei dice. Il brano della lettera agli Ebrei, invece, ci trasmette quanto si affermava di Gesù nella comunità cristiana dopo la sua risurrezione. In ogni caso al centro c’è Gesù.

Lui, bambino, che i genitori fedeli portano al tempio come fedeli osservanti della Legge (ben quattro volte si nomina la Legge nel brano di Vangelo). Simeone parla di Lui in una preghiera rivolta a Dio e poi nelle parole dette alla madre. In realtà le parole di Simeone non vengono dalle sue intuizioni e dalle sue conoscenze, ma dallo Spirito Santo, che lo rende profeta: l’evangelista Luca ricorda per ben tre volte la profonda relazione tra lo Spirito Santo e Simeone.

Quanto detto da Simeone a proposito di quel Bambino è qualcosa di misterioso: anche Maria e Giuseppe restano stupiti e non capiscono. Maria, in particolare, viene a sapere da Simeone che sarà coinvolta in modo molto profondo nel destino doloroso di suo Figlio.

Simeone identifica anzitutto Gesù con la salvezza e qualcosa di analogo fa la profetessa Anna, che parla di Gesù a coloro che aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Salvezza e redenzione sono sinonimi. Sembrano concetti astratti, ma applicati al Bambino, si comprende che sono molto concreti: più che di salvezza e di redenzione bisogna parlare di Salvatore e di Redentore. Il Salvatore e il Redentore è proprio quel piccolo che non sa dire una parola e che è tra le braccia di Simeone. Ma poi Simeone sottolinea il duplice ambito della salvezza portata da Gesù, una salvezza che è per il popolo di Israele e perciò ne costituisce la gloria (perché Dio non rinnega le promesse fatte ad Abramo, a Mosè e ai profeti), e una salvezza che è luce per tutti i popoli, anche quelli pagani.

Simeone non si ferma a questo. La sua comprensione di chi sia Gesù, donatagli dallo Spirito Santo, diventa profezia sul modo con cui quel Bambino, divenuto adulto, sarà Salvatore e Redentore.

Lo sarà non in modo sereno e pacifico, ma diventando segno di contraddizione. È evidente il riferimento alla croce, che manifesta nel modo più chiaro possibile il male che c’è nel mondo (l’umanità arriva persino a uccidere il Figlio di Dio), ma insiemerivela la forza dell’amore di Dio che si dona. La croce chiede di decidersi: per questo o è caduta o è risurrezione per chi si pone di fronte a essa. Ecco la contraddizione: male e amore, peccato e salvezza, caduta e risurrezione.

Quanto anticipato profeticamente da Simeone, viene riconsiderato dalla prima comunità cristiana alla luce appunto dell’esperienza della croce e della risurrezione. Ne dà testimonianza la lettera agli Ebrei. Il passo di questo scritto del Nuovo Testamento, che abbiamo ascoltato come prima lettura, ha in sé una forza evocativa, che rende per certi aspetti inutile un commento. Chiede contemplazione più che comprensione.

Anzitutto si afferma che il Figlio di Dio, Gesù, ha in comune con noi “la carne e il sangue”: «Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe». Quel Bambino, portato a Gerusalemme allo scadere dei prescritti quaranta giorni, non è quindi un finto bambino, non è un fantasma, un’apparizione, ma è un bambino in carne e ossa (se permettete – e spero di non scandalizzarvi – aggiungo che è un bambino che dorme, piange, si attacca al seno della mamma e … fa la cacca come tutti i bambini del mondo). Il Figlio di Dio è diventato davvero “in tutto simile a noi” per prendersi cura di noi, non degli angeli. Un prendersi cura che diventa caricare su di sé le nostre sofferenze e le nostre prove: «proprio per essere stato messo alla prova e aver sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova», afferma sempre la lettera a gli Ebrei.

Gesù, però, non è stato solo solidale con noi e con le nostre sofferenze e la nostra morte, ma ha ridotto «all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita». Ci ha quindi salvati, ci ha dato vita, ci ha liberati dalla morte e dalla paura della morte che ci teneva schiavi. Notate che questa paura della morte non è semplicemente il timore della morte fisica, ma è la paura di finire in niente, la paura che la nostra vita non abbia senso. Il diavolo si serve di questa paura per farci cercare disperatamente altrove qualcosa, che non sia Dio, che colmi il vuoto che abbiamo dentro di noi. Ma solo in Dio possiamo trovare la pienezza della vita e dell’amore.

Gesù, il Figlio di Dio divenuto uomo, partecipe della nostra carne e del nostro sangue, con la sua morte e risurrezione ci rende noi uomini, figli di Dio, finalmente liberi, pieni di gioia e di luce.Questo è il messaggio della festa di oggi, che ci porta dal tempio di Gerusalemme alla croce per annunciarci che Gesù è il Salvatore, il Redentore, la luce del mondo.

Oggi è la festa della vita consacrata e oggi in particolare vogliamo dare il saluto alle suore Sorelle di Maria Ausiliatrice,venute dall’India, che cominciano la loro presenza in mezzo a noi.Grazie per la vostra presenza e davvero benvenute. Che cosa c’entra la vita consacrata con la festa di oggi? Ma che cosa devono testimoniare e annunciare oggi gli uomini e le donne che accolgono una particolare chiamata a seguire Cristo casto, povero, ubbidiente secondo un particolare carisma donato dallo Spirito alla Chiesa, se non il fatto che il Figlio di Dio si è fatto vero uomo e con la sua Pasqua è la nostra salvezza e redenzione? La vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo. Lo è quanto più le parole e soprattutto la vita e l’agire degli uomini e delle donne che seguono questa vocazione corrispondono al Vangelo.

Mentre quindi ringraziamo chi ha consacrato la sua vita per il Signore (in modo particolare chi tra di loro ricorda dei significativi anniversari), invochiamo lo Spirito Santo perché conceda loro la grazia della fedeltà e soprattutto della gioia del Vangelo. Una gioia da testimoniare e da condividere con tutti. C’è ne è una grande bisogno nel mondo di oggi.  

+ vescovo Carlo