“Una comunità in ascolto di Matteo”, un invito alla lettura

Wednesday 7 December 2016

Si è svolta venerdì 9 dicembre la presentazione ufficiale del volume uscito per l’edizione Voce Isontina dal titolo “Una comunità in ascolto di Matteo”. È il frutto del lavoro di una quarantina di insegnanti di religione cattolica dell’arcidiocesi di Gorizia che hanno accolto la sfida di realizzare un invito alla lettura del vangelo secondo Matteo.
Alla presentazione sono intervenuti Gabriella Burba che ha introdotto la serata ricordando l’importanza di favorire la lettura del Vangelo, nonostante la fatica che molte persone fanno ad accostarsi ad un libro. Il vescovo Carlo, memore del suo recente viaggio in Africa, ha auspicato che sempre più ci sia una lettura attenta e diffusa del Vangelo come fonte di ispirazione per le proprie scelte. Don Fabio La Gioia ha effettuato una presentazione del vangelo secondo Matteo nelle sue caratteristiche principali e ha aiutato ad inquadrare il testo di “Una comunità in ascolto di Matteo” definendolo un commento spirituale che invita alla lettura e all’approfondimento del primo vangelo. Barbara Tomat è intervenuta ringraziando coloro che hanno contribuito alla realizzazione del volume e ha ricordato quali sono state le tappe della pubblicazione. Sono intervenuti anche due insegnanti di religione che hanno collaborato alla stesura del libro. Bernando De Santis ha raccontato quali sono state le perplessità e gli entusiasmi alla proposta del vescovo Carlo di scrivere questo commento. Dionella Preo, in modo narrativo, ha fatto comprendere come la Scrittura possa essere usata nell’insegnamento della Religione Cattolica. Nel dibattito che è seguito ci si è domandati come favorire la diffusione di questo testo e si è cominciato a pensare a chi poter affidare un lavoro analogo sul vangelo secondo Marco.
Gli insegnanti di religione si sono fermati dopo la presentazione del libro per un momento di preghiera in cui si è sperimentato subito come si può usare questo commento per una forma di lectio divina.

Il vangelo secondo Matteo

Se è vero quello che scriveva Umberto Eco: «Ogni testo è una macchina pigra che chiede al lettore di fare parte del proprio lavoro»[1], ciò vale ancor più per un libro di un passato lontano, a cui abbiamo accesso attraverso una traduzione (la lingua originale del vangelo è il greco). E se è vero che la Bibbia è il libro più diffuso al mondo, non si può dire che vi sia una conoscenza altrettanto ampia e approfondita.

Questo si può affermare anche dei vangeli, sebbene siano i libri sacri più noti (il recente rapporto del Censis parla di una bassa percentuale di credenti che leggono il vangelo). Il cristiano ne ha bensì una conoscenza che potremmo definire di primo livello. Si conoscono così parole ed episodi del vangelo, ma per lo più non è chiaro quale sia il legame fra gli stessi e nell’insieme.

Il vangelo secondo Matteo (primo nell’ordine disposto dalle nostre Bibbie, aprendo così il canone neotestamentario) era noto e citato già nel II e III secolo, essendo il libro del NT più commentato dai padri, pastori e teologi dei secoli successivi. È il vangelo che traccia un quadro completo della vicenda terrena di Gesù, dalle origini all’esaltazione gloriosa. Offre una sintesi ordinata e progressiva delle sue parole, raggruppate in grandi unità letterarie e scandite dall’attività taumaturgica e dalle controversie con i capi Giudei (con uno stile ieratico). Più degli altri si presta a essere riproposto nella Chiesa, risvegliando e animando la vita dei cristiani. È stato definito anche il «vangelo ecclesiale», essendo peraltro l’unico in cui compare la parola «chiesa» (16,18; 18,17).

In esso per cinque volte vi è il passaggio dai cosiddetti «discorsi» di Gesù alle sezioni narrative. In questa alternanza si polarizza la tradizione evangelica sull’attività di Gesù. Tali parti sono precedute da un prologo (capp. 1-2) e seguite da un epilogo (capp. 26-28). Il prologo, sul vangelo delle origini, getta un ponte con i capitoli 26-28 (passione, morte e resurrezione). La vita di Gesù, infatti, è letta fin dall’inizio nel segno del rifiuto dei vicini (Erode e l’ambiente di Gerusalemme) e dell’accoglienza dei lontani (i Magi). E in questa lettura è compresa l’apertura del messaggio della salvezza a tutte le nazioni (28,19), ossia i popoli lontani e stranieri.

Molte sono le perle che questo vangelo ci trasmette. Qui vorrei menzionarne una: il cosiddetto «discorso della montagna» (capp. 5-7) definito da qualcuno come il «vertice più alto, più puro che lo spirito possa raggiungere» (Lev Kopelev[2]). All’interno dello stesso vi è la preghiera del Padre nostro (6,9-13), la cui redazione è entrata nella prassi della Chiesa, a differenza di quella di Luca 11,2-4, più breve. Fin dai primi secoli ci si è interrogati su quanto il discorso della montagna sia da prendere alla lettera, circa per esempio il porgere l’altra guancia, l’amore dei nemici, il perdono, ecc.? Gli uomini saranno mai in grado di realizzare tali esigenze? Di fronte al male, perennemente sperimentato nella storia, agli orrori compiuti da uomini su altri uomini, quelli delle guerre e dello sterminio di popolazioni inermi, prevale una risposta negativa. La domanda, tuttavia, resta tale: come poter attuare nella realtà del nostro mondo le esigenze di Gesù? Per i due poli in tensione — il nuovo ordine, o «regno di Dio», e il mondo così com’è — che composizione si può tracciare? Il pendolo ha oscillato avanti e indietro fra queste risposte: realizzazione piena delle esigenze di Gesù o attuazione relativa nella realtà di questo mondo.

Il discorso della montagna è e sarà sempre un programma per ogni cristiano, personalmente e secondo uno sguardo e una responsabilità comunitari. Certo è che esso non si realizzerà mai compiutamente nel tempo storico, ma solo nella «terra nuova» (Ap 21,1) per opera di Dio. La sfida e il compito, tuttavia, permangono.

La lettura del vangelo secondo Matteo possa essere nelle nostre comunità una sfida e un compito, ossia, stando al testo sacro: «chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia» (7,24).

Don Fabio La Gioia

[1] U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano 1995, 201611, 3.

[2] Nel 1981 quando ricevette il premio per la pace, istituito dall’editoria tedesca.