I rapporti delle parrocchie,o di qualunque altro ente ecclesiastico,con il Ministero dei Beni Culturali attraverso le Soprintendenze territoriali sono regolati dal Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 meglio conosciuto come “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.
Prima di affrontare qualunque opera a carico di un edifico sotto vincolo è bene sgombrare il campo da un equivoco che non di rado viene generato da chi vorrebbe effettuare forniture o lavori senza prendersi il “disturbo” di rispettare la legge.
Non esistono opere non soggette ad autorizzazione: l’articolo 21 comma 4 del Codice recita testualmente e senza possibilità di equivoco che”l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente”.
Unica eccezione le cosiddette “situazioni di urgenza” (art.27). In casi di assoluta urgenza con rischio di danni al bene sotto tutela,sono consentiti interventi provvisori di cui deve essere immediatamente informata la soprintendenza.
È bene ricordare che l’esecuzione di opere non autorizzate costituisce illecito e comporta sanzioni penali e amministrative (arresto da sei mesi a un anno e ammenda da € 775 a € 38.734,50).
Beni Culturali,secondo l’art. 10, sono “le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante” che siano opera di autore non vivente o la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni.
Vale a dire che una chiesa costruita prima del 1962 è da considerarsi sotto vincolo.
Ovviamente non tutte le chiese presentano interesse artistico,storico etc,per cui,prima di avventurarsi nell’esecuzione di qualunque opera è bene presentare alla soprintendenza competente per territorio la richiesta di nulla osta o,in alternativa,la dichiarazione di mancanza di interesse culturale.
La richiesta deve essere corredata da progetto delle opere firmato da tecnico abilitato in almeno due copie e inviata alla soprintendenza a mezzo di raccomandata A/R.
Ai sensi dell’art.9 (Beni Culturali di interesse religioso) il Ministero provvede “d’accordo con l’Autorità Ecclesiastica”.Pur dovendo dare per scontato che tali accordi siano stati perfezionati a monte,è bene che il progetto venga vistato,per approvazione,dall’Ufficio Beni Culturali e Arte Sacra della diocesi o comunque dall’Ordinario Diocesano.
Qualora sufficiente il progetto può essere sostituito da una descrizione tecnica dell’intervento.
A partire dalla data di protocollo la legge assegna al soprintendente 120 giorni per esprimere il parere.
In caso di richiesta di chiarimenti da parte della soprintendenza il termine di 120 giorni è sospeso fino al ricevimento dell’integrazione.
Allo scadere dei 120 giorni il richiedente ha facoltà di inviare alla soprintendenza “diffida a rispondere”.
Trascorsi 30 giorni dalla diffida l’intervento progettato si intende autorizzato.
Attenzione. Importante. La soprintendenza non può rigettare l’istanza di autorizzazione senza inviare al richiedente il “preavviso di rigetto” (L.241/90 – art. 10-bis).
Detto documento deve precedere l’atto di diniego e deve contenere le motivazioni dell’eventuale diniego.
Il richiedente ha 10 giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni con eventuale corredo di allegati tecnici.
Nel caso le controdeduzioni non vengano accolte,l’atto di diniego finale non potrà contenere motivazioni diverse da quelle addotte in sede di preavviso.Tale comportamento sarebbe del tutto illegittimo.
Ricordiamo inoltre che contro l’atto di rigetto è ammesso ricorso.
Tutto quanto esposto,pur avendo applicabilità estesa a qualunque procedura di opere e lavori,è riferita soprattutto alle opere impiantistiche che sono di nostra competenza.
Per restauri, consolidamenti e opere affini sarà bene rivolgersi ad uno studio di architettura.
Tratto da Informazione tecnica per la Chiesa – I rapporti con le Soprintendenze