Gorizia, una città bella dove si vive la gioia del Vangelo (2014)

Sunday 16 March 2014

L’omelia pronunciata dal Vescovo Carlo in cattedrale a Gorizia il 16 marzo 2014 in occasione della festa dei Santi Ilario e Taziano.

Anche quest’anno il Signore di dona la grazia di celebrare la festa dei Santi Patroni di questa città: Ilario e Taziano. Patroni non perché persone illustri, uomini di studi, di scienza, di cultura, di impegno sociale, ecc. degni di ricevere il premio che anche oggi verrà assegnato. No: non hanno ricevuto alcun premio, se non la morte a causa di Cristo. Non hanno avuto alcun merito particolare se non quello di aver preso sul serio il Vangelo: “se qualcuno vuol venire dietro di me… Se qualcuno vuole salvare la propria vita…”. Ilario e Taziano hanno dato la vita per il Vangelo. Si può dare la vita solo per qualcosa ritenuto fondamentale e necessario, per un valore più importante di tutti gli altri.

Ma che cosa è questo Vangelo? E’ solo un valore religioso, che dice qualcosa soltanto a chi crede e che giustamente è attaccato alla sua fede fino al punto da dare la vita per essa? Sono quindi patroni che propongono alla nostra città solo valori religiosi? In un certo senso sì, ma che cosa significa l’espressione “valori religiosi”, che cosa vuol dire “Vangelo”?

Possiamo rispondervi facendoci una domanda: se potessimo chiedere oggi a Ilario e Taziano come vorrebbero la città di Gorizia, che cosa risponderebbero? Una città dove tutti vanno in chiesa, dove tutti pregano, dove tutti pensano alla vita eterna, dove tutti sono moralmente ineccepibili in famiglia, sul lavoro, nella società…

Una città dove tutte le sere i giovani si trovano in chiesa a fare adorazione, dove i vecchi recitano tre rosari al giorno, dove ci si confessa una volta alla settimana, dove ogni domenica c’è una processione per le vie del centro, ecc. In poche parole una “città-convento”.

E’ questa la città di Gorizia che i nostri patroni vorrebbero? O è quella che pensiamo che desidererebbero partendo dalla convinzione che la proposta del Vangelo è qualcosa per preti e suore, qualcosa di un po’ grigio, di un po’ triste, di una vita un po’ sempre quaresimale…?

Del resto anche i santi e le sante – ne siamo convinti… – sono personaggi per definizione fuori dal mondo, un po’ strani, al limite funzionali solo al circo mediatico come la “santa” de La Grande Bellezza.

Ma il Vangelo è questo? No, il Vangelo non è una cosa triste, che propone una vita grigia e un po’ ammuffita. E il Vangelo non ha anzitutto e solo l’intento di farci andare in paradiso, vuole invece farci vivere bene qui, una vita bella, piena, gioiosa. Non sarà per caso che papa Francesco abbia intitolato il suo primo documento ufficiale “la gioia del Vangelo”.

Qual è allora la Gorizia che i nostri patroni pensano per noi, loro che hanno dato la vita per qualcosa di bello in cui credevano profondamente? Non una città convento, immersa nel silenzio contemplativo; non una città grigia, scoraggiata e penitenziale, ma una città viva, felice, gioiosa, vivace. Perché il Vangelo è gioia, è felicità, è amore, è dono.

Una città dove, perché no?, i giovani preghino certo qualche minuto ogni sera, ma proprio dalla gioia della preghiera trovino poi la possibilità di vivere momenti belli di gioia, di compagnia, di divertimento; un divertimento sano e non di dissipazione – quasi uno stordirsi per dimenticare il grigiore quotidiano -, un divertimento che coinvolga tutti e non escluda nessuno, un divertimento che dia un’aria giovane e gioiosa alla nostra città. Una ventata di giovinezza e di novità, portata da giovani che “non si facciano rubare la speranza” (papa Francesco), ma siano intraprendenti nel costruire il proprio futuro, nell’immaginare nuovi lavori e nel dare il proprio contributo all’amministrazione della cosa pubblica.

Una città dove gli anziani dicano, certo, il rosario, ma da quella preghiera trovino la forza per non sentirsi esclusi, per non chiudersi nella lamentela o nella malinconia, per dare una mano secondo le loro possibilità.

Una città dove gli adulti vadano a messa alla domenica, ma per comprendere il senso prezioso della vita quotidiana e imparare a trovare la forza per impegnarsi nel resto della settimana nel lavoro, nello studio, nelle relazioni sociali con dedizione, fantasia, capacità di intrapresa, disponibilità a creare qualcosa di bello e di geniale per loro e per gli altri.

Una città dove le giovani famiglie ritrovino la gioia di aprirsi con coraggio alla vita e si sentano sostenute in questo prezioso compito non solo dalla fede nel Dio della vita, ma dalla favorevole mentalità diffusa e dalle strutture della società.

Una città dove, trovandosi molti a messa uniti dall’ascolto della stessa Parola e nutriti della stessa Eucaristia, si impari ad accogliersi tutti nella diversità e nelle preziosità di ciascuno, vincendo vecchi e nuovi pregiudizi, lasciando perdere rivendicazioni e gelosie e beghe da cortile, capaci di collaborare tra credenti nelle diverse fedi e anche tra credenti e non credenti in nome della stessa umanità che tutti ci accomuna.

Una città dove si legga e si mediti di più il Vangelo, ma per imparare a farsi prossimo degli altri, a mettersi a servizio dei più bisognosi, a stare al passo di chi non c’è la fa. Ma anche a produrre cultura valorizzando la presenza delle sedi universitarie e di molti istituti culturali.

Questa, penso, sia la Gorizia che hanno in mente per noi i nostri patroni. Ci diano una mano per realizzarla. La diano a noi credenti, anche generosi e impegnati, ma spesso scoraggiati e delusi. La diano alle parrocchie della città, perché vivano ancora di più una vera comunione anche con diverse accentuazioni. La diano anche a chi, battezzato, non viene più in chiesa, ma crede che valga la pena vivere per qualcosa di bello e, forse, desidera riscoprire in modo nuovo il Vangelo. La diano anche ai credenti di altre religioni, che sono convinti che ci sia Qualcuno per cui valga la pena vivere. La diano a uomini e donne in ricerca, perché non si stanchino di cercare e di sperare.

Quella speranza che deve essere di tutti e che può rendere la nostra città, una città in cui tutti si sentono accolti e valorizzati, in una parola: una città bella dove si vive la gioia del Vangelo.

† Vescovo Carlo