Ultimo appuntamento per l’Assemblea diocesana 2022 lunedì 27 giugno, a Monfalcone – S. Nicolò per concludere insieme l’appuntamento di quest’anno, in ascolto di quanto maturato nei decanati e della visione proposta dal vescovo.
I membri dei consigli pastorali, ma anche tutti gli operatori pastorali si sono ritrovati mercoledì 15 giugno alle 20.15 presso la parrocchia di S. Nicolò a Monfalcone: ad aiutare la riflessione don Andre Peruffo, della diocesi di Vicenza, che ha riletto quanto emerso a livello diocesano nella fase di ascolto del sinodo riflettendo soprattutto sul tema dei linguaggi. Nella settimana dal 20 al 25 giugno si sono svolti a livello decanale per continuare l’ascolto in un clima di conversazione spirituale.
Di seguito le slides dell’intervento di don Peruffo.
A questo link https://www.diocesigorizia.it/wp-content/uploads/2022/05/sintesi-fase-narrativa.pdf.pdf è possibile scaricare e consultare la sintesi dei lavori dei decanati nella fase dell’ascolto.
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“E si misero in cammino…”: così si intitolava la lettera pastorale che il vescovo Carlo ci ha scritto all’inizio dell’anno. In quella lettera si parlava della fatica a ripartire, del senso di smarrimento che ancora ci prendeva dopo lo stop forzato degli ultimi anni. In quel contesto di fatica si sono presentate alcune sorprese dello Spirito, di cui papa Francesco è stato un interprete adeguato. La sorpresa più grande è stata la richiesta che tutta la Chiesa rifletta sulla sinodalità, e che la Chiesa Italiana riprenda l’Evangelii Gaudium e prenda decisamente la strada di una conversione missionaria.
Vista così all’inizio sembrava una richiesta per gli addetti ai lavori, ma poi si è compreso che il tema della sinodalità ha a che fare prima di tutto con lo stile di essere comunità. Tutti abbiamo sperimentato che la pandemia ha accelerato il processo di smantellamento delle forme di comunità basate sul senso di appartenenza tradizionale e sui momenti aggregativi: ci domandiamo che cosa significa essere comunità perché ci interessa assomigliare al mistero di Dio di cui siamo testimoni e missionari. Se Dio è in sé comunione, anche noi per poter essere missionari e testimoni di Dio siamo invitati a vivere la comunione, sviluppando forme di partecipazione matura e coinvolta di molti.
All’inizio abbiamo fatto fatica ad accogliere la sfida di ascoltarci e di riflettere su ciò che ci permette di essere comunità capace di coinvolgere e rendere partecipi, ma soprattutto comunità che mantenga viva la spinta missionaria. Abbiamo vissuto anche noi i rischi che papa Francesco aveva indicato fin dall’inizio del cammino: il formalismo di chi si accontenta di fare un bel documento, ma che non cambia lo stile dell’essere Chiesa; anche noi siamo scaduti nell’intellettualismo e nell’astrazione, usando a volte linguaggi autoreferenziali; abbiamo respirato anche un po’ di immobilismo, di chi spera di proporre soluzioni vecchie per problemi nuovi.
Tuttavia, chi è stato disponibile a porsi in ascolto e a prendere la parola, in un clima di preghiera e di conversazione spirituale, ha intuito che la Chiesa può essere veramente qualcosa che sa di casa, dove c’è lo spazio per prendere la parola e per dialogare apertamente, dove il pensiero e l’esperienza di ciascuno sta a cuore. Magari non in tutti gli incontri… magari non in tutte le parrocchie… ma per qualcuno il cammino fatto quest’anno ha permesso di vivere la vicinanza, la compassione, la tenerezza che sono lo stile di Dio.
Come in tutte le altre Chiese in Italia ci interroghiamo come crescere nella corresponsabilità e nella formazione dei vari ministeri che servono alla vita della comunità e che possono dare un contributo alla nostra società; ci lasciamo stimolare dall’ascolto dei “mondi” dei poveri, dei giovani, delle donne, delle culture… sappiamo che come Chiesa non abbiamo solo da insegnare agli altri come vivere, ma abbiamo anche molto da imparare; sentiamo l’esigenza di snellire le strutture perché le nostre comunità sappiano più di casa che di organizzazione…
Come all’inizio dell’anno sorgevano in noi diverse obiezioni al cammino sinodale, ora possono nascere dei nuovi pensieri che rischiano di farci ricadere nell’immobilismo e in una mentalità della delega: “Ma non ci siamo già visti abbastanza? Non abbiamo già fatto il documento finale per il Sinodo? Perché dobbiamo vederci ancora a giugno quando stanno cominciando le attività estive e alcuni stanno partendo per le vacanze? Siamo tutti un po’ stanchi”…
Certo sono pensieri legittimi e che segnalano dei rischi realistici. Tuttavia rimettersi in cammino, avere il coraggio di incontrarsi, essere disponibili all’ascolto anche adesso potrebbe essere fonte di un imprevedibile che lascia spazio all’azione dello Spirito.
don Nicola Ban
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e i sacramenti